a cura di Raffaele Morgantini
da investigaction.net
Traduzione di Massimo Marcori per Marx21.it
“Penso che dobbiamo, assieme all’intera comunità internazionale, condannare una politica che non fa altro che accrescere la tensione, una politica che minaccia l’integrità territoriale degli stati, una politica di doppiezza quando coloro che parlano di certi valori sono i primi a calpestarli. Sono convinto che solo a tali condizioni avremo più responsabili politici che si battono davvero per la pace invece che parlare di pace solo per arricchirsi vendendo nuovi sistemi di armamento e militarizzando questa o quella regione”. (P. Simonenko)
Raffaele Morgantini: Potreste parlarci un po’ della situazione politica, economica e militare nell’est dell’Ucraina, nelle repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk?
Piotr Simonenko: Vorrei anzitutto sottolineare che il Donbass è una regione industriale economicamente molto importante. La regione di Donetsk assicurava da sola il 25% del PIL dell’Ucraina. Essa produceva fino a 100 milioni di tonnellate di carbone l’anno. E’ anche un enorme complesso metallurgico. Sulle tredici fabbriche metallurgiche che esistevano in Ucraina, la regione di Donetsk ne contava sette. Sul piano energetico, la più grande centrale termica d’Europa si trova nella regione di Donetsk.
Il grosso della flotta del Mare d’Azov, la più grande industria meccanica e chimica, tutto ciò ne fa un’enorme regione industriale. Essa costituiva anche un importante fattore di integrazione tanto per le imprese ucraine all’interno, che per la cooperazione esterna con altre imprese ed altri paesi. Questo consentiva di avere produzioni concorrenziali. Gli eventi del Donbass portano dunque un grave colpo al potenziale economico dell’Ucraina. Se questa regione fosse autonoma, questo potenziale basterebbe ad assicurare il finanziamento di tutti i programmi sociali per gli abitanti del Donbass. Inoltre, bisogna tener conto del fatto che le azioni militari condotte dal potere di Kiev sono iniziate quando Donetsk chiese, dopo il Maidan, che un referendum fosse organizzato in Ucraina, che il russo fosse dichiarato seconda lingua ufficiale del paese e che i problemi di decentramento del potere fossero risolti in Ucraina. Si trattava di giungere al fatto che tutte le risorse guadagnate dal Donbass servissero in primo luogo allo sviluppo della regione. In risposta a queste richieste, il nuovo governo di Kiev giunto al potere dopo il colpo di stato ha inviato nel Donbass più di mille carri armati ed oltre cinquantamila soldati e ufficiali in servizio nell’esercito per lottare contro tutti coloro che si erano pronunciati a favore di queste richieste.
La guerra ha in primo luogo distrutto il potenziale economico. Guardate i comunicati: colpi di obice cadono su una fabbrica di coke, distruggendo una fonte di approvvigionamento dell’industria metallurgica. Bombe cadono su una miniera: persone muoiono e la miniera smette di funzionare, cosa che comporta la chiusura delle centrali termiche e non vi è più il carbone per la produzione di coke destinato alla metallurgia. Obici colpiscono una fabbrica chimica situata in centro città, producendo una colossale esplosione e disperdendo i prodotti chimici che di colpo minacciano la vita della popolazione. C’è inoltre la questione del taglio dei rifornimenti di gas a questa regione che ha dovuto essere assicurato da parte della Russia per altri canali. Come pure il fatto che il potere ucraino ha cessato di finanziare i programmi sociali e di pagare le pensioni. Tutto ciò naturalmente colpisce molto duramente l’economia locale. Sul piano politico, è chiaro che Kiev non intende negoziare con le persone che hanno guidato il fronte delle proteste del Donbass, ma se si vuole fermare la guerra occorre sedersi al tavolo dei negoziati con i rappresentanti del Donbass. Ed è esattamente ciò che noi comunisti abbiamo proposto. A tale proposito, anche prima che scoppiasse la guerra, nel dicembre 2013, avevo messo in guardia sia Yanukovic, che all’epoca era il presidente dell’Ucraina, sia gli oppositori di allora, che sono oggi al potere. Avevo detto loro che occorreva prima sedersi al tavolo dei negoziati e affrontare tutti gli argomenti che preoccupavano i cittadini ucraini e trovare i mezzi pacifici per risolverli. Avevo loro proposto di scartare dal Maidan tutti i gruppi criminali che erano stati in un modo o nell’altro implicati nei meccanismi di risoluzione dei conflitti messi in atto dagli oligarchi che si affrontavano. Sul piano geopolitico, si può considerare che esiste una nuova Transnistria sul territorio dell’Ucraina. Quanto a sapere come evolverà la situazione, tutto dipenderà dall’applicazione degli accordi di Minsk, che porteranno o meno ad una soluzione. A mio avviso, tenuto conto della natura del regime al potere e dell’attuale composizione del parlamento, gli accordi di Minsk non saranno rispettati. Sul piano sociale, è evidente che il popolo dell’Est del paese soffra. E’ passato ad un altro sistema monetario, nella zona rublo, ed ha adottato le proprie leggi per tentare di risolvere i problemi della vita quotidiana dei cittadini. Sul piano militare, ci si è sforzati di far credere all’opinione pubblica internazionale che si trattava di un’aggressione della Russia contro l’Ucraina. Ognuno possiede il proprio punto di vista a tale proposito, ma semplicemente vorrei che si ascoltasse anche il mio e che si tentasse di rispondere alla seguente domanda: se si tratta di un’aggressione russa, come ritiene il potere ucraino, perché questo fin d’allora non ha dichiarato che l’Ucraina si trova in stato di guerra con la Russia? Perché non ha annunciato la mobilitazione generale, la rottura delle relazioni diplomatiche e, naturalmente, dichiarato guerra contro l’aggressore? Nulla di tutto ciò si è verificato. Nel momento stesso in cui l’Europa conduce una politica contro la Russia con il pretesto dell’aggressione, l’Ucraina riceve del gas dalla Russia; possiede un sistema energetico unico con la Russia; non soltanto non rompe le relazioni diplomatiche ma invia persone a lavorare in Russia, da cui riceve d’altronde combustibile nucleare per le sue centrali; Ma in cambio essa ha perso la parte principale del mercato che aveva in Russia. Vorrei ancora una volta insistere sul fatto che i problemi di cui parlate esistono e comportano perdite sul piano politico, economico e sociale, ma la soluzione di tutti questi problemi è possibile se il potere di Kiev applica seriamente gli accordi di Minsk.
Assistiamo ad una crescita della tensione militare lungo la frontiera tra la Russia e alcuni paesi della NATO come la Polonia e i paesi baltici e la stessa Ucraina. Come pensate che si possano ridurre tali tensioni?
A tale proposito, vorrei far tornare tutti alla storia. Quando l’Unione Sovietica fu distrutta in seguito al tradimento di Gorbaciov, era stato stabilito che il Patto di Varsavia si dissolvesse e che la NATO facesse altrettanto a termine ma nell’attesa non dovesse estendersi ad Est. Come vediamo, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e del sistema socialista, gli stati dell’Europa dell’Est hanno in pratica tutti aderito alla NATO. Tutti gli accordi conclusi sono dunque stati violati dagli stessi che li avevano firmati che hanno fatto di tutto in seguito per allargare la NATO verso Est. La scomparsa del Patto di Varsavia non ha cambiato l’aggressività della politica della NATO. Vorrei far notare che si era molto criticato l’intervento dell’Unione Sovietica in Afghanistan, ma da quanto tempo gli Stati Uniti e le forze NATO fanno la guerra in Afghanistan? Già da oltre dieci anni, più tempo di quanto ne avesse fatto l’URSS. Tutto questo per dire che non dobbiamo essere ingenui e che quando un responsabile politico dice che farà qualche cosa, deve farla. All’occorrenza, vedo che i responsabili politici della NATO, e specialmente gli statunitensi, che sono coloro che definiscono la dottrina della NATO, rifiutano oggi di assumersi le proprie responsabilità. E se il sistema di difesa anti-missile e le sue basi sono dislocati nell’est dell’Europa, in Polonia, in Romania o altrove, è evidente che tale situazione squilibrata non potrà durare. Tutti gli stati vogliono poter difendersi contro ogni rischio di aggressione e non è in favore della pace il fatto che le basi NATO si spingano ad Est. Non solo gli Stati Uniti non hanno dismesso nessuna delle loro basi che accerchiavano allora l’Unione Sovietica, ma le hanno rinforzate. Tali basi che erano dirette contro l’URSS sono sopravvissute nel nuovo panorama economico e politico e sono ora dirette contro la Russia. C’è sempre stato in Europa un asse dal Baltico al Mar Nero contro la Russia. Prendete ad esempio questo nuovo asse con la partecipazione del presidente ucraino: ha una struttura essenzialmente antirussa. Esso costituisce un temibile strumento per dividere i popoli slavi ed è sfortunatamente ciò che sta verificandosi. Tutto questo beninteso non contribuisce per nulla a ridurre la tensione, ma al contrario ad accrescerla. D’altronde, i nuovi armamenti che sono stati approntati preoccupano molte persone, poiché si tratta sostanzialmente di armi di distruzione di massa. Certo, la minaccia del terrorismo e delle organizzazioni terroriste esiste, ma dobbiamo chiederci chi è responsabile della loro apparizione e chi li ha utilizzati e come. Chi ha generato Al Qaeda, chi ha formato ideologicamente coloro che costituiscono oggi la struttura dello stato islamico? Penso che dobbiamo, assieme all’intera comunità internazionale, condannare una politica che non fa che accrescere la tensione, una politica che minaccia l’integrità territoriale degli stati, una politica di doppiezza, quando coloro che parlano di certi valori li calpestano essi stessi sotto i piedi. Sono convinto che sia solo a queste condizioni che avremo nel mondo più responsabili politici che si battono davvero per la pace invece che parlare di pace solo per arricchirsi vendendo nuovi sistemi d’armamento e militarizzando questa o quella regione.
Che cosa succede nei tribunali in Ucraina? Lottano contro i nazisti? E cosa rimane delle vecchie rivendicazioni dei lavoratori?
Devo prima rendere omaggio ai sindacati francesi che lottano contro la nuova legge sul lavoro. Allo stesso modo, il potere di Kiev tentava da molti anni di introdurre un nuovo codice del lavoro. Quando il partito comunista aveva un gruppo parlamentare, abbiamo fatto di tutto per evitare l’adozione di questo codice. Oggi esso è stato approvato in Ucraina. E’ la ragione per la quale sostengo la lotta dei sindacati e dei lavoratori francesi per la difesa dei loro diritti. Vorrei precisare a tale proposito che le riforme in Ucraina sono state introdotte prima di tutto allo scopo di mettere le mani sui beni. In pratica nel 90% dei casi si trattava di proprietà privatizzate. Non è seguito alcun aumento dell’efficienza economica. Numerose imprese hanno cessato di esistere. Le strutture sindacali sono state distrutte in modo deliberato affinché gli operai non potessero difendere i loro diritti e i proprietari potessero accumulare super profitti. Questa distruzione dei sindacati mira in effetti a farli scomparire dall’Ucraina in quanto strutture di difesa dei diritti economici e sociali dei lavoratori. Inoltre ci sono molti disoccupati in Ucraina, cosa che comporta un vantaggio per il capitale e per i padroni, poiché più i salari sono bassi, più è facile per loro speculare sulla riduzione dei salari e delle prestazioni sociali. Oggi in Ucraina, i sindacati sono annientati. I pochi che ancora esistono si trovano sotto il controllo del grande capitale e dei padroni e, di sicuro, non si battono per i diritti dei lavoratori.
Ritengo dunque mio dovere resistere. Ed è ciò che faccio nell’ambito del Federazione Sindacale Mondiale e del suo Segretariato. Abbiamo discusso di tali questioni ed essi mi hanno invitato a partecipare in ottobre al loro più importante forum, che si svolgerà in Africa. Vi parteciperò volentieri per apportarvi il mio punto di vista sulle cause della scomparsa dei sindacati in Ucraina e sulle ragioni per le quali i diritti dei lavoratori non sono attualmente più difesi. Conduciamo una lotta politica in favore dell’unificazione della classe operaia e la difesa dei suoi diritti, in particolare del diritto al lavoro e del diritto ad un salario dignitoso.
LA PRIMA PARTE DELL’INTERVISTA A PIOTR SIMONENKO
https://www.marx21.it/index.php/comunisti-oggi/in-europa/27171-intervista-con-piotr-simonenko-il-processo-di-fascistizzazione-e-di-decomunistizzazione-dellucraina-prima-parte