Imposizioni dell’UE e dell’euro. Rottura con il blocco imperialista o adattamento?

pcp valoresdeabrildi Albano Nunes*

da www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

Non deve esserci alcuna confusione tra proposte che, come quelle del PCP, si collocano in una dinamica di rottura con il blocco imperialista che si considera irriformabile e con un sistema capitalista che esige il suo superamento rivoluzionario, e posizioni che nella loro essenza mirano solo a “moralizzare” e a “correggere gli eccessi” del capitalismo e affermano la loro professione di fede “europeista”, come nel caso, tanto mediatizzato, di Syriza in Grecia. Tra rottura e adattamento c’è la distanza che separa la conseguente posizione di sinistra, rivoluzionaria da qualsiasi variante riformista del keynesismo”.

La Rivoluzione portoghese, incompiuta certamente, è stata una rivoluzione democratica, profondamente popolare, antimonopolista, anti-latifondista e antimperialista che il Partito Comunista Portoghese (PCP) ha definito, e la pratica ha confermato, come una “Rivoluzione Democratica e Nazionale”.

Il PCP ha sempre affermato che la difesa e il consolidamento della libertà stessa e la risoluzione dei più urgenti problemi del Paese, dalla fine delle guerre coloniali al miglioramento delle condizioni di vita del popolo, non richiede solo un cambiamento di regime politico – della “dittatura terrorista dei monopoli (associati all’imperialismo) e dei latifondisti” con un regime rispettoso delle più ampie libertà e diritti democratici -, ma esige anche trasformazioni economico-sociali profonde che creerebbero in Portogallo una società che, seppur non ancora socialista, sarebbe profondamente differente da quelle esistenti nei paesi capitalisti dell’Europa.

Le campagne anticomuniste che questa così chiara e ferma posizione aveva suscitato, furono così violente ed ebbero una grande risonanza internazionale. Anche nel movimento comunista ci fu chi criticò pubblicamente il nostro Partito (“eurocomunismo”). Ma il Partito non vacillò. E i fatti hanno confermato che questa posizione del PCP corrispondeva a un’esigenza fondamentale della situazione concreta del nostro Paese. Basta vedere che, nella sua versione originale, la Costituzione della Repubblica Portoghese configura un ordinamento istituzionale e una struttura economica e sociale che si differenzia profondamente dal “modello” del capitalismo monopolistico di Stato prevalente nell’Europa Occidentale che la Rivoluzione Portoghese aveva già distrutto.

Non era, tuttavia, questo che volevano altre forze politiche. Il PS (Partito Socialista) di Mario Soares, dopo avere considerato il rapporto di forze favorevole, scatenò la controffensiva del recupero capitalista, della ricostituzione del potere dei monopoli e dell’imperialismo che dura ormai da 38 anni. Per “salvare la democrazia” da quello che affermava essere un “golpe comunista”, non esitò ad allearsi con la reazione interna e con gli imperialismi, nordamericano ed europeo, con l’obiettivo di creare ostacoli esterni supplementari al processo rivoluzionario. L’ingresso del Portogallo nella CEE, in seguito Unione Europea, si inserisce nella strategia controrivoluzionaria che PS, PSD e CDS hanno messo in pratica contro il sentire e la volontà del popolo portoghese e quanto disposto dalla Costituzione.

Coraggio e determinazione

La rottura con 38 anni di politica di destra che il PCP preconizza come condizione dell’alternativa patriottica e di sinistra esige anche la rottura con le politiche di sottomissione del Portogallo all’imperialismo e, in particolare, la rottura con 28 anni di partecipazione al processo di integrazione capitalista europeo. Per essere libero, il popolo portoghese deve necessariamente rigettare la sottomissione alle imposizioni dell’euro e della UE recuperando al Paese la sua sovranità economica, di bilancio e monetaria.

Come la Rivoluzione di Aprile è stata una rivoluzione “nazionale”, una rivoluzione patriottica, anche l’alternativa alla disastrosa situazione attuale deve necessariamente esserlo. Il Portogallo con un futuro è incompatibile con l’adattamento, inoltre nella condizione di Paese dipendente e subalterno, al “modello” capitalista prevalente in Europa. Il Portogallo non può conformarsi a imposizioni esterne, vengano esse dall’UE, dal FMI o da qualsiasi altro centro imperialista, deve rifiutarle, cercare alleati in questa lotta, e collocarsi in modo indipendente nel quadro della divisione internazionale del lavoro.

La rottura che si impone non sarà certamente un atto immediato ma un processo complesso che passa attraverso battaglie intermedie e obiettivi concreti e immediati. Ma non deve esserci alcuna confusione tra proposte che, come quelle del PCP, si collocano in una dinamica di rottura con il blocco imperialista che si considera irriformabile e con un sistema capitalista che esige il suo superamento rivoluzionario, e posizioni che nella loro essenza mirano solo a “moralizzare” e a “correggere gli eccessi” del capitalismo e affermano la loro professione di fede “europeista”, come nel caso, tanto mediatizzato, di Syriza in Grecia. Tra rottura e adattamento c’è la distanza che separa la conseguente posizione di sinistra, rivoluzionaria da qualsiasi variante riformista del keynesismo.

Il Portogallo non ha alternativa se non quella di affrontare la necessaria rottura con l’imperialismo con coraggio e determinazione. Con l’appoggio e la mobilitazione dei lavoratori e del popolo nulla è impossibile. Con incertezze, rischi e sacrifici, senza dubbio. Ma non esiste rottura delle catene dell’oppressione né balzo in avanti nel processo di liberazione che non abbia i suoi dolori di parto.

Albano Nunes è membro della Segreteria del Partito Comunista Portoghese (PCP)