Il saluto dei comunisti italiani al 22° Congresso del Partito Comunista del Canton Ticino

pcticino congresso 2Care Compagni, cari Compagni,

Vi porto il saluto del segretario nazionale del Partito dei Comunisti Italiani Cesare Procaccini, della segreteria nazionale, del comitato centrale del Partito.

Ciò che ci divide è una frontiera a qualche chilometro da qui e la nazionalità , ma ciò che ci unisce è molto più importante e forte : la lotta comune , in nome dell’internazionalismo proletario , all’imperialismo e al capitalismo, la lotta comune per costruire una società libera ,di eguali ,di giustizia sociale. Libera dalla schiavitù e dalle catene del capitalismo che legano e calpestano i lavoratori ,i giovani, gli studenti ,i precari , i disoccupati ,i pensionati . Noi conosciamo bene la situazione dei lavoratori del Canton Ticino ,perché ogni giorno migliaia di lavoratori italiani varcano il confine per lavorare nelle fabbriche e nei cantieri ticinesi, sottoposti anch’essi alle vessazioni dei padroni ,alle umiliazioni di genere ,senza godere dei più elementari diritti . Per questo invitiamo i compagni e le compagne Ticinesi a far fronte comune in difesa del lavoro e dei lavoratori . Voglio sottolineare la frase migliaia di lavoratori varcano il confine per lavorare e non ,come un manifesto scellerato e idiota affisso dalla destra razzista ,a rubare il formaggio rappresentando i lavoratori come grossi topi. Ci vuole rispetto per i lavoratori che siano svizzeri o italiani o da qualunque parte del mondo provengano.

Voglio concludere augurandovi un buon lavoro e un buon congresso e rivolgendomi ai tanti ragazzi che sono qui presenti li esorto a continuare il buon lavoro fin qui svolto e leggervi una frase : ” Quando discuti con un avversario , prova a metterti nei suoi panni . Lo comprenderai meglio e forse finirai con l’accorgerti che ha un po , o molto ,di ragione . Ho seguito per qualche tempo questo consiglio dei saggi . Ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso : è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo. Chi scrisse questa frase era Antonio Gramsci

Aurelio Tedesco, segretario della Federazione PdCI di Verbania