I giovani comunisti spagnoli: “Conquistare il futuro costruendo il socialismo”

di Franco Tomassoni, responsabile esteri della segreteria nazionale FGCI

ujce2Dal 28 al 30 marzo si è svolto a san Fernando, un comune appena fuori Madrid governato da Izquierda Unida, il 12° congresso della UJCE, l’Unione delle Gioventù Comuniste di Spagna, con lo slogan: CONQUISTARE IL FUTURO COSTRUENDO IL SOCIALISMO. La FGCI ha partecipato ai lavori del congresso assieme a numerose organizzazioni internazionali provenienti da tutti i continenti, a testimoniare i saldi legami internazionali che la UJCE intrattiene in tutte le regioni del mondo, specialmente in America latina nel nord Africa,/medio-oriente.

Prima di tutto è importante sottolineare il calore con cui siamo stati accolti e l’interesse profondo che i giovani comunisti spagnoli hanno nei nostri confronti. C’è un grande interesse a capire quanto sta accadendo in Italia. Questo interesse è rivolto sia a capire cosa accade nella società e nella politica italiana, sia alla comprensione del dibattito che si sviluppa dentro i partiti comunisti italiani, cercando di capire quale è il reale assetto delle forze comuniste in campo, e quali sono le idee che circolano sul rilancio del movimento comunista nel nostro paese.

I compagni di UJCE, specie quelli che fanno parte della commissione internazionale, seguono con attenzione il sito del partito e marx21.it e hanno voluto discutere alcuni articoli pubblicati nella rubrica dedicata al dibattito sulle prospettive dei comunisti in Italia. 

Spiegare all’estero la situazione che stiamo vivendo non è una cosa facile. Inoltre per chi non ha una conoscenza approfondita della storia politica del nostro paese è difficile capire come sia stato possibile che dall’avere il più grande PC d’occidente oggi ci troviamo in un momento di crisi tanto profondo. Tuttavia non mancano gli strumenti per capire ai giovani comunisti spagnoli, che non appena 4 congressi fa si trovavano nelle mani un’organizzazione distrutta con poche centinaia di militanti, meno di 500, in tutto il paese, sotto attacco del partito che pilotava scissioni interne e senza nessuna rilevanza a livello nazionale. Nel giro di 4 congressi, e in un periodo di 14/15 anni, sono riusciti a costruire un’organizzazione forte, con quadri preparati e radicati, un congresso con 250 delegati in rappresentanza di molte migliaia di militanti. Aspetto ancora più importante, è la profonda influenza sulla nostra generazione che l’UJCE esercita. Radicata in tutto il territorio nazionale e prima forza di sinistra nell’università. La chiave di volta di questo processo è stato l’ottavo congresso, che ha sancito il distacco di UJCE dal PCE (nonostante questo rimanga il partito di riferimento e UJCE sia parte integrante di IU), con il conseguente allontanamento dal dibattito politico di tutti gli aspetti che riguardano lotte intestine e battaglie interne al PCE che fino a quel momento erano rigettate dentro UJCE con una modalità che in Italia abbiamo avuto modo di conoscere.

Un aspetto importante è che nei documenti congressuali, come negli interventi e nelle relazioni fatte al congresso, viene sottolineato con forza il fatto che UJCE forma quadri leninisti che poi, una volta entrati nelle file del partito ne diventano dirigenti, rappresentando un elemento migliorativo per il PCE. È sorprendente come la volontà, unita ad una idea precisa di organizzazione leninista sia stata in grado di cambiare una situazione così complicata.

Un altro aspetto su cui credo sia utile riflettere, e che credo sia veramente utile per il nostro contesto, è il funzionamento interno e le modalità organizzative. 

La struttura è la seguente: un segretario generale e una segreteria composta in totale da 4 persone: gen sec, segretario interno, segretario esterno, segretario ideologico. Il segretario interno si occupa dell’organizzazione, delle finanze e del rapporto tra base e centro. Il segretario esterno si occupa dei rapporti con il partito, con IU e con tutte le altre organizzazioni (movimenti, associazioni, ecc..). Il segretario ideologico si occupa della formazione, delle relazioni internazionali, delle pubblicazioni e della discussione interna. Il livello immediatamente sotto, la commissione politica, è quello deputato alla direzione politica. È qui che vengono affidate le responsabilità tematiche: esteri, lavoro, studenti, migranti, università, associazioni, ecc..

Poi sotto c’è il comitato centrale, che è l’organo di elaborazione politica, che coinvolge tutte le realtà. L UJCE è organizzata in collettivi costruiti dentro i luoghi di lavoro, dentro le scuole e dentro le università, a livello territoriale e tematico. Anche i delegati al congresso non vengono eletti in rapporti numerici, ma in base ad una rappresentanza, i cui criteri vendono decisi dal centro, in modo da avere quantomeno una rappresentante di ogni collettivo, sia esso di studio, di lavoro o territoriale (di quartiere o cittadino). Gli organismi di livello territoriale esistono solo per uno scopo di gestione, nel senso che, pur svolgendo un ruolo importante rappresentando il momento di sintesi tra i vari collettivi e pianificano le attività su quel livello, non sono il centro dell’attività politica, come accade da noi.

La cultura politica che traspare dai comportamenti dei delegati al congresso rimanda ad una chiara idea del partito e della vita dell’organizzazione. Una grande sobrietà da parte dei singoli, opposta ad una forte esaltazione del senso dell’organizzazione. La relazione introduttiva del segretario non è stato un esercizio retorico, ma la lettura di un documento in cui viene analizzata con minuzia l’attività politica svolta nei tre anni passati dal congresso precedente, con considerazioni politiche molto sobrie e una forte e profonda autocritica. Una discussione molto concreta che non si è mai persa in ragionamenti astrusi, ma mirata, agile e precisa sulle questioni dirimenti.

Infine è importante mostrare le caratteristiche rigorose della militanza. Durante 4 giorni i delegati hanno dormito in una palestra con il saccopelo, tutti, ad eccezione di coloro che erano di turno all’albergo delle delegazioni internazionali. Durante 4 giorni numerosi compagni hanno dormito e vissuto in un grande tendone allestito in un parco vicino al congresso, preparando da mangiare per tutti i delegati, tenendo pulito lo spazio, tenendo aperto il bar e fornendo supporto tecnico per qualsiasi evenienza. Alla conclusione del congresso c’è stata una manifestazione con tutti i delegati, con un profilo molto combattivo che sicuramente ha rafforzato lo spirito collettivo. Il tutto è terminato con una festa. Era la prima volta che l’UJCE faceva un corteo di questo tipo, dopo un congresso, segno di un’organizzazione che sta crescendo e di un gruppo dirigente che conosce i limiti e le potenzialità dell’organizzazione che dirige, e che non fa passi più lunghi di quelli che può permettersi, facendo maturare uniformemente un corpo collettivo.

Da questi semplici aspetti è possibile trarre una serie di conclusioni che possono aiutarci a allargare la nostra prospettiva. Un’organizzazione che si trova con poche centinaia di militanti, e che nel giro di alcuni anni, lavorando costantemente su un progetto politico chiaro e preciso riesce a diventare un’organizzazione con numerosi quadri, radicata nelle lotte e con grande capacità di influenza, sicuramente ha qualche cosa da insegnarci e sicuramente testimonia la possibilità che per uscire da una situazione di crisi certamente serve una concomitanza di fattori, ma allo stesso tempo bisogna partire da una seria autocritica e al contempo cercare di mettere da parte ogni tentazione di resa, cosciente o meno.

L’idea che il nostro spazio strategico sia compresso dentro un quadro politico che non dipende da noi, e che per logica conseguenza non ci resta che adattarci al meglio al contesto dato, in buona sostanza significa non fare i conti con le strutture materiali che il contesto plasmano, in qualche modo significa adattarsi all’esistente, come se l’attuale situazione non possa mutare, senza porsi soverchi interrogativi, e quindi anche evitando sforzi analitici sulle prospettive. In questo modo la prassi diventa esclusivamente adattamento, e non strumento per incidere sulla realtà e produce un operare “sclertotico” perché privo di una progettualità. 

Ovviamente oggi le forze comuniste in Italia sono in una condizione di marginalità, tuttavia va messo in campo un progetto credibile, un pensiero forte e vanno discussi progetti a lungo termine, senza farsi imbrigliare in tatticismi, che devono essere piegati ad un orizzonte strategico e certamente non possono rappresentare elementi di divisione.

Se di fronte alla crisi del movimento comunista spagnolo e allo stato sfibrato dell’UJCE alla fine degli anni 90 il suo gruppo dirigente avesse risposto con arrendevolezza, senza rilanciare la sfida in avanti, tenendo ben presenti i limiti e lavorando per superarli, forse oggi questo congresso non si sarebbe fatto. La cultura della militanza, il profilo combattivo e di lotta contro i drammi che pervadono i giovani spagnoli, risultato delle misure adottate sia dal governo di Zapatero che da quello di Rajoy, il senso dell’organizzazione, la capacità del gruppo dirigente di controllare tutti gli aspetti di una comunità politica, dalla formazione politica, ideologica e morale dei compagni, fino alla capacità di conferire ai militanti il senso profondo della stessa idea di comunità politica, sono il risultato di un’autocritica profonda a cui è corrisposto un cambiamento che ha portato la UJCE a rendersi autonoma dal PCE. La volontà politica e l’impostazione leninista del gruppo dirigente ha diffuso entusiasmo tra i militanti, fondendo così la voglia di lottare, la profonda consapevolezza della necessità della trasformazione sociale e della lotta per la costruzione del socialismo. E l’allegria della militanza.