Elezioni in Lettonia: grande vittoria della coalizione di comunisti e partiti di sinistra

di AC per http://solidarite-internationale-pcf.over-blog.net/ | traduzione a cura di www.marx21.it

 

Latvian Socialist_Party_logoLe elezioni legislative in Lettonia, che si sono svolte il 17 settembre, hanno consegnato un risultato storico. Per la prima volta dopo la restaurazione del capitalismo nel 1991, i comunisti del Partito Socialista della Lettonia (dal 1991 è proibito l’utilizzo del nome comunista da parte di una forza politica, ndt) ottengono la vittoria in uno scrutinio a carattere nazionale, alla testa della coalizione di sinistra “Centro dell’Armonia”.

 

Il “Centro dell’Armonia” ha ottenuto il 28, 36% dei voti (di cui il 41% a Riga) e 31 eletti su 100 che conta il Parlamento. Supera abbondantemente i partiti di destra liberali-nazionalisti della “Riforma” (20,82% e 20 seggi), dell’ ”Unità” (18,83% e 20 seggi) e dell’ “Alleanza nazionale” (13,8% e 14 seggi).

 

L’insieme dei consensi raccolti dalle tre formazioni di destra, sulla base dell’ultra-liberalismo economico e del nazionalismo etnico euro-compatibile, dovrebbe permettere la formazione di una coalizione governativa reazionaria.

 

 

Contrariamente ai discorsi dei media dominanti, il “Centro dell’Armonia” non è assolutamente il “partito russo” in Lettonia, Certo, la base sociale e politica era costituita inizialmente dalla minoranza russofona da molto tempo privata dei diritti civili e politici e ancora oggi largamente discriminata e attaccata dal nazionalismo razzista dei partiti della destra lettone.

 

Ma il successo del 17 settembre prova che i comunisti del Partito Socialista della Lettonia e i socialisti del “Partito dell’Armonia” – le due componenti essenziali dell’alleanza – hanno saputo ampiamente raggruppare e unire lavoratori Lettoni per etnia e russofoni attorno a un discorso di opposizione al razzismo di Stato e alle ricette neoliberali elaborate in concertazione tra le classi dirigenti lettoni, il FMI e l’UE.

 

Il “miracolo lettone” si è rivelato un miraggio effimero. Dopo il decennio 1990, segnato da una recessione continua – nel 2005 la produzione industriale non rappresentava che il 50% di quella del 1990 – i consumi delle famiglie e gli investimenti sono stati artificialmente gonfiati dal credito, provocando l’indebitamento su larga scala e anche una bolla immobiliare considerevole.

 

L’inflazione galoppante e l’indebitamento delle famiglie che rendono la condizione delle classi popolari e medie lettoni precaria, la politica fiscale favorevole alle imprese che rende vulnerabili i conti pubblici, e infine i consumi finanziati dalle importazioni in un paese dove l’apparato produttivo nazionale (ereditato dall’epoca sovietica) è stato smantellato, causano dunque un deficit commerciale abissale: tutte messe insieme queste sono le condizioni per un disastro sociale.

 

La crisi capitalista del 2008-2009 ha investito la Lettonia con tutta la sua forza con in due anni -30% di recessione, un debito pubblico moltiplicato per sette e infine un tasso di disoccupazione record del 22,2%.

 

Confrontandosi con il fallimento del capitalismo liberale lettone, la classe dirigente lettone ha scelto la fuga in avanti: l’accresciuto asservimento nei confronti dell’UE e del FMI e l’approfondimento della politica ultra-liberale con il piano di austerità messo in opera nel 2010 che prevede un abbassamento dei salari dei funzionari dal 20 al 50%, delle pensioni dal 10 al 70% e ancora un abbassamento dei salari nel settore privato dal 20 al 30%.

 

Costretto a confrontarsi con una fronda sociale senza precedenti, minato da scandali per corruzione, il governo è stato costretto a sciogliere l’Assemblea nel luglio scorso, per una consultazione popolare secondo la procedura costituzionale.

 

La vittoria storica del “Centro dell’Armonia”, e dei comunisti che la conducono, è l’espressione della rabbia di massa della classe operaia lettone, qualunque sia la sua etichetta etnica e il suo status giuridico.

 

Questa vittoria viene da lontano. Da molti anni, i comunisti e la sinistra continuano ad avanzare. Nel 2009, il “Centro dell’Armonia” aveva conquistato il comune di Riga. Nello stesso anno, l’ex sindaco comunista di Riga sovietica, segretario del Partito Socialista Lettone (LSP), è diventato deputato europeo (Alfred Rubiks ha aderito al Gue, ndt). Una rivincita storica per questo ex prigioniero politico dopo il 1991, colpevole di essere rimasto fedele all’Unione Sovietica.

 

Certamente, la destra liberale e nazionalista asservita all’UE e al FMI non lascerà il potere all’alleanza socialista-comunista, che, in campagna elettorale, ha in particolare messo in discussione l’Euro e ha rilanciato la spesa pubblica piuttosto che l’austerità.

 

Esattamente come in Russia o nella Repubblica Ceca, ecco un altro paese dell’Est dove i comunisti rappresentano più che mai l’opposizione al capitalismo liberale e al nazionalismo ottuso compatibile con quella “prigione dei popoli” che è l’Unione Europea.