di Federico La Mattina e Samuel Seminara
Riceviamo e pubblichiamo come contributo alla discussione
Il ventunesimo secolo pone la sinistra radicale europea di fronte ad interrogativi sempre più pressanti che necessitano una risposta immediata e adeguata alla fase politica. C’è chi considera archiviata la questione comunista, chi nella foga di presentarsi come “nuovo” ha finito col cancellare il proprio passato. Si tratta di un’operazione di cosmesi politica che ha pienamente coinvolto i partiti socialisti europei e intacca anche pezzi di sinistra radicale in nome di un antinovecentismo che rischia di combaciare con la tanto propagandata retorica della “fine della storia”. Esperienze recenti certamente positive sono state la formazione di Syriza in Grecia, la principale forza che si oppone alle politiche di austerità nel paese ellenico, e il Front de Gauche francese. Si tende però a non considerare ( o addirittura a ignorare) le forze di sinistra radicale presenti nell’Est europeo quasi fossero un residuo novecentesco. Realtà politiche consistenti quali il Partito comunista della Federazione Russa, il Partito comunista di Moldavia ( primo partito), il Partito Comunista Ucraino, il Partito Comunista di Boemia e Moravia, la federazione “Centro dell’Armonia” in Lettonia, non vengono considerate da buona parte della sinistra occidentale.
In Russia il Partito Comunista rappresenta la seconda forza politica (alle ultime legislative ha ottenuto oltre il 19% dei consensi), nonché principale partito di opposizione; opposizione portata avanti rifiutando di cadere nell’ideologica subalternità ai paesi occidentali, ostentando un solido patriottismo. Perfino Anna Politkovskaja, certamente non inscrivibile tra i nostalgici dell’URSS, scriveva nel 2003: “ L’amara ironia della nostra storia è che in questo particolare frangente i politici più moderati e più ragionevoli del panorama parlamentare…sono i comunisti ( il Partito Comunista della Federazione Russa)…quegli stessi comunisti che dodici anni fa sono stati rovesciati insieme al monumento di Dzerzinskij di piazza Lubjanca ora rappresentano la speranza dei democratici di Russia. Faccio persino fatica a scriverlo. Ma così è.” (1)
In Ucraina vige la contrapposizione politica tra filo-russi e filo-occidentali. Nonostante la rivoluzione arancione e il forte anticomunismo propagandato dal partito della Tymoshenko, i comunisti hanno più che raddoppiato i loro voti alle legislative del 2012 ( 13.39% rispetto al 5.39%del 2007). Il programma dei comunisti ucraini, oltre a nazionalizzazioni nei settori strategici, redistribuzione del reddito, una politica estera vicina a Mosca, prevede il riconoscimento del russo come seconda lingua del paese (2), di fronte a un processo culturale che dal crollo dell’URSS in poi ha visto la minoranza russa oggetto di pesanti discriminazioni. Hélène Carrère d’Encausse, storica della Russia, nel suo ultimo saggio “La Russia tra due mondi” scrive a tal proposito: “ Cosicché in Ucraina degli oltre ventimila istituti scolastici, in cui, alla vigilia dell’indipendenza, si insegnava in russo o il russo ne restano solo 1345; in alcune zone dell’Ucraina centrale, il russo è completamente sparito dal sistema scolastico.”(3)
In Moldavia il Partito Comunista è addirittura la prima forza politica ed ha governato per otto anni. L’attuale governo “democratico”, in totale disprezzo dei principi che dichiara di sostenere, ha messo al bando la falce e martello e i simboli storici del comunismo, dimostrando di non avere alcun rispetto nei confronti della maggioranza relativa dei cittadini aventi diritto al voto. Una situazione similare a quella della Moldavia rischiava di verificarsi anche in Repubblica Ceca, dove addirittura si è tentato di mettere al bando il KSCM ( Partito Comunista di Boemia e Moravia) il quale alle elezioni regionali del 2012 ha ottenuto il 20.43% dei consensi, riuscendo addirittura ad eleggere Oldrich Bubenicek presidente della regione Usti in coalizione con i socialdemocratici.
In un’Europa avviluppata nella coltre dell’austerità e minacciata dalla pericolosa ascesa dell’estrema destra, i comunisti si trovano di fronte al duplice compito di contrastare le forze reazionarie e scioviniste e al contempo di presentare una valida e reale alternativa al liberismo. Certamente storie nazionali e percorsi diversi differenziano i vari partiti comunisti, uniti però da una comune origine e progettualità. L’internazionalismo, che dovrebbe essere cifra comune tra comunisti, spesso viene messo da parte da una sinistra che rischia di cadere nell’occidentalismo; in Italia qualcuno intravede il futuro della sinistra nello scioglimento all’interno dei movimenti e considera i partiti “elementi morti”. Il ruolo dei comunisti in Europa e nel resto del mondo evidenzia però il contrario.
NOTE
(1)Anna Politkovskaja, Diario Russo 2003-2005, Adelphi, Milano 2007, p. 20.
(2) http://www.kyivpost.com/content/politics/communists-call-for-halt-to-cooperation-with-imf-116420.html
(3) Hélène Carrère d’Encausse, La Russia tra due mondi, Salerno Editrice, Roma, 2011, p.97