di Fausto Sorini, responsabile esteri PdCI
In attesa di un esame più approfondito e analitico del voto per l’elezione del nuovo Parlamento europeo, direi che per il momento si possano trarre le seguenti considerazioni:
-degli 800 milioni di persone che compongono l’insieme del continente europeo, oltre 500 milioni vivono nei 28 paesi che formano l’Unione europea (che non è dunque tutta l’Europa). Tra questi gli aventi diritto al voto erano circa 400 milioni, di cui solo il 43% (170 milioni ca.) è andata alle urne: percentuale analoga al 43,1% delle elezioni europee del 2009, con punte oggi del 13% in Slovacchia e del 59% in Italia (fa eccezione il Belgio, col 90%, dove il voto è obbligatorio e il non voto sanzionato).
Considerando anche le schede bianche e nulle, e il fatto che circa un terzo dei voti “validi” si sono espressi, all’estrema destra o all’estrema sinistra, in modo radicalmente critico nei confronti di questa “Europa” monca, capitalistica, liberista e atlantica che è l’Ue, non è esagerato dire che almeno 3 cittadini adulti su 4 questo tipo di Unione la sentono estranea o nemica (e ne hanno tutte le ragioni);
-è preoccupante che, per una serie di ragioni che investono anche lo stato della sinistra in Europa (in alcuni casi anche i comunisti), la loro scarsa radicalità e alternatività sistemica, il loro politicismo, il loro distacco dai lavoratori e dai giovani in carne ed ossa, il malcontento popolare e il disagio sociale dei ceti più poveri e colpiti dalla crisi capitalistica venga raccolto da formazioni populiste e di estrema destra, in alcuni casi apertamente fasciste e neo-naziste. Il caso più grave è quello della Francia, dove la politica anti-sociale e militarista del PS e di Hollande, subalterna alle linee portanti euro-atlantiche, e una serie di difficoltà, debolezze e divisioni del fronte della sinistra e dei comunisti, che vengono da lontano (anche se non gravi come quelle italiane..), hanno lasciato uno spazio enorme ad una formazione fascistoide come il Fronte nazionale, che oggi si pone e si propone come perno di uno dei Paesi chiave del contesto europeo e mondiale ;
-nelle situazioni dove al contrario, come è ad esempio il caso del Portogallo, ma anche per molti versi la Grecia e Cipro, la parte fondamentale e più combattiva del disagio sociale viene raccolta e organizzata da partiti comunisti solidi e determinati, da una sinistra combattiva e popolare, da sindacati di classe forti e non subalterni alle compatibilità di sistema, si riduce e si contiene l’influenza del populismo reazionario, e la parte più combattiva del mondo del lavoro e dei giovani trova almeno uno sbocco positivo e progressivo al proprio disagio sociale;
-in questo quadro più generale spicca la sostanziale stabilità e il consolidamento dei due partiti dominanti in Germania (Popolari e Spd) e della leadership della signora Merkel, nel quadro della “grande coalizione” (che è poi lo schema di governo bipartizan dell’Unione europea che abbiamo visto in passato e che si riproporrà nei prossimi anni): espressione di un nuovo imperialismo tedesco, al tempo stesso solidale e competitivo con quello americano; dotato di indubbio e preoccupante consenso sociale, anche tra vasti settori popolari, e che si pone come perno di una Ue sempre più germano-centrica, dominante verso gli altri paesi e popoli dell’euro-zona, silenziosamente aggressiva, e complice – insieme agli Usa – della rinascita del neo-nazismo in un paese chiave dell’equilibrio europeo e dei rapporti Est-Ovest come l’Ucraina.
Per quanto riguarda l’Italia la lettura è più semplice, nella sua negatività:
-spicca il successo di Renzi, che vince alla grande la sua competizione con Grillo e con Berlusconi. La minoranza interna al PD ne esce massacrata. Le conseguenze di tutto ciò saranno molto negative per il Paese e per tutta la sinistra italiana. E questo apparirà ben presto chiaro, dopo l’iniziale ubriacatura;
-la lista Tsipras supera il quorum per un soffio (poche migliaia di voti), ma non riesce a incidere, in modo significativo, e per i suoi limiti elitari e politicisti intrinseci, né sull’elettorato popolare e di sinistra del PD, né su quello dei 5 Stelle. Sono le sue componenti interne moderate, come era prevedibile, ad uscirne egemoni sul piano degli eletti al parlamento europeo. E ciò serva di lezione a chi, anche in Rifondazione o altrove, pensava di lucrare e trarre vantaggi dalla discriminazione contro una parte dei comunisti.
Ci sia permesso di rilevare, con un pizzico di ironia (e di autoironia), come il voto di una parte dell’elettorato tradizionale dei comunisti italiani sia stato assolutamente determinante nel raggiungimento del quorum. Non è un giudizio, ma una constatazione. Ciò è stato possibile anche perchè il gruppo dirigente del nostro partito ha reagito con freddezza e razionalità politica e con lo sguardo rivolto al di là delle contingenze elettorali alla grave discriminazione di cui è stato fatto oggetto, e di fronte alla propria forzata esclusione dalla competizione elettorale in prima persona, si è sforzato responsabilmente di evitare sia propensioni astensioniste che subalterne.
Ben aldilà del risultato della lista Tsipras, non vi sono alternative per il futuro dei comunisti e della sinistra di classe italiana, che non sia la costruzione di un fronte unito di tutte le forze della sinistra sociale e politica di classe, un fronte che abbia il suo fondamento nel protagonismo del mondo del lavoro, e in cui i comunisti siano presenti con un loro partito autonomo, che è tutto da ricostruire. Un fronte unico di lotta sociale, sindacale e politica. Non solo elettorale. E che bandisca ogni forma di discriminazione anti-comunista, comunque declinata.
Un fronte unito capace di rapportarsi, nella lotta, con quella parte del popolo di sinistra (sia piddino che grillino) che ha cercato in quelle formazioni quello che esso considerava il “meno peggio” o la protesta sociale e politica. E che sappia offrire ai lavoratori e ai giovani del nostro Paese quella sponda politica che è anch’essa tutta da costruire. E di cui sarebbe miope e deviante considerare la lista Tsipras (e i suoi limiti originari) come una sorta di anticipazione.