di Alessia Franco e Alessandro Sagliano
Il 23 giugno si è tenuto presso l’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese a Roma un seminario in occasione del centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese, al quale come Marx21 (associazione, sito, edizioni) abbiamo avuto l’onore e il piacere di essere invitati. All’iniziativa, fortemente voluta dal Dipartimento Internazionale del PCC e coordinata dalla Signora Ministra Zheng Xuan, hanno preso parte Sua Eccellenza l’ambasciatore cinese Li Junhua, che ha tenuto un importante e fondamentale discorso; la delegazione del Partito Comunista Italiano, guidata dal segretario Mauro Alboresi; quella del Partito della Rifondazione Comunista, guidata dal segretario Maurizio Acerbo; la delegazione dell’Associazione Marx 21 e dell’ambasciata cinese. Inoltre, dei giovani compagni hanno portato i saluti delle rispettive organizzazioni: Zhang Yanyu, responsabile della sezione politica dell’ambasciata cinese; Vincenzo Colaprice, responsabile esteri dei Giovani Comunisti; Salvatore Ferraro, responsabile scuola e formazione della Federazione Giovanile Comunista Italiana.
Gli organizzatori del seminario hanno voluto celebrare insieme, nel segno della cooperazione tra i rispettivi Paesi, l’importante centenario della nascita del PCC, pochi giorni prima della ricorrenza del 1° luglio, data della fondazione del partito a Shanghai nel 1921, in cui sono previste grandi celebrazioni in Cina.
Nella sua relazione, S. E. Li Junhua ha ringraziato i partiti comunisti presenti all’iniziativa per aver risposto all’appello cinese alla cooperazione tra i rispettivi popoli, per aver manifestato la propria amicizia nei confronti della Cina e per essersi opposti alla politicizzazione della pandemia in chiave sinofobica. Ha inoltre ricordato che l’attività e gli sforzi del PCC di oggi, che hanno permesso di conseguire enormi risultati nello sviluppo economico e sociale del Paese, rappresentano la continuazione di un lungo percorso, intrapreso dalla Cina al tempo della rivoluzione, e al cui successo hanno contribuito i diversi presidenti e dirigenti che si sono succeduti nel tempo. Solo ricordando la strada già percorsa e dandole il giusto valore si può continuare a lottare per il futuro, e per questa ragione la celebrazione del centenario della fondazione del PCC è di grande importanza. Guardando al presente e al futuro, chiunque può essere colpito dai grandi cambiamenti che si verificano su scala planetaria e può sentirsi preoccupato dalle grandi sfide e difficoltà che aspettano l’umanità; davanti a tutto questo. S. E. Li Junhua ha ribadito che il PCC intende mantenere alta la bandiera del marxismo e continuare a impegnarsi per il benessere del popolo cinese e per costruire insieme agli altri popoli le migliori prospettive per un futuro condiviso.
Tutti gli interventi dei relatori e anche il dibattito con il pubblico, svoltosi nell’ultima parte del seminario, hanno messo in luce un’esigenza sentita da più parti: quella di promuovere con ogni forza la collaborazione dell’Unione Europea, e dell’Italia in particolare, con la Cina, in vista della promozione della pace e della cooperazione tra i popoli. I comunisti italiani hanno evidenziato i grandi meriti storici e contemporanei del Partito Comunista Cinese: trarre fuori dall’arretratezza un Paese che il colonialismo e l’imperialismo occidentali avevano vessato e umiliato (il “secolo delle umiliazioni”, come viene abitualmente definito nella pubblicistica cinese); emancipare milioni di persone dalla condizione di povertà (traguardo finora unico nel mondo e nella storia); rilanciare a livello globale l’immagine e la vitalità del socialismo e, non ultimo, affrontare con grande determinazione e organizzazione la pandemia da Covid-19, inviando anche aiuti all’Italia e ad altri Paesi.
Nei loro interventi, i segretari dei due partiti italiani hanno sottolineato la necessità e la volontà di impegnarsi, come comunisti e come amici della Cina, a contrastare la campagna sinofobica che da tempo infesta i media occidentali, spesso alimentata da fake news volte a demonizzare la Cina (basti ricordare come anche la pandemia da Covid-19 venga frequentemente indicata dai media italiani come il “virus cinese”) e a promuovere, invece, la cooperazione costruttiva tra i rispettivi Paesi e popoli.
La sinofobia, al pari della russofobia, sono ingredienti essenziali della “nuova guerra fredda”, che l’imperialismo USA e il suo principale strumento politico-militare, la NATO, stanno scatenando per mantenere un mondo unipolare, a guida statunitense e filoatlantica, in cui non si possa mettere freno al neoliberismo e al saccheggio dei Paesi meno sviluppati.
In tale frangente, è di grande importanza riconoscere l’esperienza cinese nella sua originalità, come declinazione nazionale del socialismo secondo i caratteri propri del popolo e della storia cinesi, e nella sua vitalità a livello regionale e globale: in tal senso, le relazioni degli italiani hanno ricordato la figura di Mao Zedong, come padre della rivoluzione cinese, e di altri importanti dirigenti del PCC, specialmente Deng Xiaoping, nei loro contributi alla definizione di un “socialismo con caratteristiche cinesi” che potesse sviluppare le forze produttive del Paese e permettere al popolo di aspirare ad un crescente benessere. I dati diffusi in occasione del XIX Congresso del PCC, tenutosi a Pechino dal 18 al 24 ottobre del 2017, testimoniano i grandi progressi ottenuti dalla Cina in ambito economico e sociale.
Adesso la sfida, per i comunisti cinesi, europei e di ogni parte del mondo, è promuovere la cooperazione tra i popoli, nella tradizione internazionalista e comunista, in vista di un futuro condiviso per l’umanità.