Narrazioni tossiche e contro narrazioni

di Alba Vastano

da http://www.blog-lavoroesalute.org/

“Dobbiamo ritrovare in un’ampolla, nel vallone della luna, la ragione del mondo. Senza mai dimenticare che rassegnarsi, rinunciare a tenere il punto significa alimentare quel ‘There is no alternative’ su cui il capitalismo fonda il suo potere e il suo linguaggio’

Siamo sommersi da pregiudizi. Certi di vivere nel secondo millennio? O ci hanno catapultato nel basso Medioevo? In realtà da qualche lustro stiamo attraversando l’era della società liquida. Così l’ha descritta egregiamente Zygmunt Bauman, il sociologo, che ha definito liquida la nostra società tecnologica in balìa totale della globalizzazione e della perdita dei valori solidi e delle intermediazioni istituzionali. Ci salverebbe un ritorno al passato, non troppo remoto, non quello della notte dei tempi. Un ritorno a quel Novecento, sia pur devastato da eventi bellici mondiali, ma in cui si sono forgiate le più belle teste pensanti, eredi dei grandi intellettuali dell’Ottocento che hanno contribuito per un lungo periodo a liberare dalle catene della sudditanza al pensiero unico il popolo degli invisibili, degli emarginati, degli schiavi del lavoro.

La globalizzazione galoppando a ritmi serrati da almeno un ventennio ha trasformato le persone e le loro unicità dall’essere liberi pensatori in consumatori, fino a ridurli a merce dei tycoon delle grandi filiere del capitalismo online. Ad assestare il colpo finale è avvenuta la disintermediazione favorita dal nascere dei gruppi sociali della rete, i network, che hanno generato, a loro volta, la fine della comunicazione reale e dei luoghi fisici di intermediazione, per aprire le porte al vacuo, al virtuale gestito da algoritmi. Oggi sono gli algoritmi che regolano e dominano i nostri rapporti sociali, che prendono forme ingannevoli sulla rete e sono la causa della la spersonalizzazione e della scomparsa delle intermediazioni. Se un tempo non lontanissimo ci si confrontava, si discuteva, si esponevano dubbi e critiche e si organizzavano le lotte per i diritti nelle sedi preposte, oggi si blatera sui social con mantra stereotipati e pregiudizi. Si attua così il gioco perverso dei poteri del sistema dominante che hanno l’iniqua finalità di annientare e distruggere quel poco di umanità superstite che pensa autonomamente.

‘There is no alternative’ è il mantra più gettonato dai poteri del capitalismo mondiale. Un mantra ripetuto incessantemente dai monitor filogovernativi, in cui solo i divi della politica, dell’economia e della scienza trovano spazio. ‘Non c’è alternativa’. Ce lo hanno fatto credere, fino alla totale resa e all’omologazione al pensiero unico dominante. La pandemia e le paure che ne derivano hanno chiuso il cerchio. La conseguenza è il divide et impera voluto come arma di distrazione di massa. Ѐ il bottino che i potenti si stanno portando a casa.

Ѐ il caso ed è urgente riflettere su quanto sta avvenendo a nostro esclusivo danno e a vantaggio degli otto potenti della Terra che con la formula del Divide imperano sempre di più. Occorre mettere in atto urgentemente una contronarrazione, utile a ribaltare gli stereotipi più incisivi del pensiero omologante che si sono insinuati nella vita collettiva. Occorre arginare il debordare continuo e incessante di costrutti narrativi, con la funzione di agenti politici sempre più invasivi nella collettività, poiché non più contrastati dalla critica armata e fiera che un tempo veniva messa in campo dai partiti popolari della sinistra radicale. Oggi la critica armata, ma priva della vera buona politica e decostituzionalizzata, viene mossa da lorsignori e i loro diktat sono falsi e indimostrabili, quanto illeciti.

Le contronarrazioni al narrare senza senso che oggi domina sui social, luogo preferenziale e iperfrequentato da una moltitudine esagerata di persone, sono un nuovo stato di emergenza affidato all’impegno costante di residue menti critiche intellettuali che il dominante impero economico delle lobby delle rete che viene foraggiato dalle merci umane costantemente connesse non è ancora riuscito ad annientare. Qual è il fine delle contro narrazioni? Mostrare alle persone, inconsapevolmente trasformate in merci e schiavi del capitale, la realtà nuda dei fatti, la ragioni profonde del loro stato di subalternità. Ragioni coperte, mascherate dai media venduti al potere dominante, dalla propaganda per generare consensi al leader politico di volta in volta di riferimento, dagli sponsor pubblicitari, dalle notizie false che generano allarmismi e alimentano le paure. Fino a rendere succube e subalterno chi si è deprivato, per paura dell’incognito, del diritto di pensare e di agire autonomamente. La contronarrazione dei superstiti del pensiero critico, del dubbio ragionato e ragionevole posto in essere con la dialettica, ha il compito di svelare la menzogna delle narrazioni tossiche e restituire a chi è obnubilato e schiavo del pensiero unico il prezioso e inestimabile valore dell’autonomia di pensiero, unica strada per il riscatto collettivo della libertà e la dignità, ora evidentemente entrambe compromesse.

Nel saggio ‘Contronarrazioni, per una critica delle narrazioni tossiche’ edito nel giugno 2021, i vari autori collaborano a smontare le formule vuote recitate incessantemente dai media, formule che vengono infine percepite come credo incontestabili e come verità assolute . ‘Dietro queste formule che dilagano come fossero il Verbo biblico si nascondono narrazioni tossiche che inquinano il dibattito politico e le relazioni umane, diffondono pregiudizi, luoghi comuni, falsità e acuiscono le divisioni sociali’.

La pandemia ha esacerbato lo scenario dell’insofferenza e le formule/mantra che invadono i social non hanno fatto altro che dare il colpo di grazia alla socialità e alla dialettica, creando i nuovi mostri della comunicazione, ognuno con la presunzione di avere la verità in tasca su fenomeni ancora sconosciuti dalla scienza, le cui auspicabili soluzioni sono soggette a continui cambiamenti per il mutare del virus e in base alle ricerche scientifiche in continuo divenire.

Tralasciando prudentemente le narrazioni tossiche che si sono scatenate intorno al dramma della pandemia accendiamo un faro sui pregiudizi più sdoganati nell’ultimo decennio dai canali mainstream più accreditati e dalla rete, specie tramite social network.

Pregiudizi del nuovo millennio(narrazioni tossiche). Come smontarli (Contronarrazioni)

‘Gli immigrati ci rubano il lavoro’. Ѐ il mantra più sdoganato dal popolo delle destre, ma è anche il più falso e paradossale. In Italia la disoccupazione è uno dei più gravi problemi che affliggono i cittadini ed è la contraddizione più eclatante in netto contrasto con l’art.1 della nostra Costituzione. Su cosa la vogliamo basare la nostra Repubblica se non sul lavoro? Ma il lavoro non c’è, ovvero non ce n’è per tutti. Ѐ colpa del migrante che per pochi spiccioli muore disidratato sotto il sole per l’immane fatica di ore e ore di raccolta di pomodori? Considerando anche che, grazie al lavoro bracciantile sotto la sferza del caporale/negriero (in genere è dei nostri. Ѐ un italiano), viene messa in salvo la nostra economia agricola. Quindi se è vero che il lavoro non c’è e anche vero che il lavoro che rubano i migranti è quel lavoro che quasi nessun Italiano è più disposto a fare. Così come l’assistenza agli anziani e ai disabili, riservato perlopiù a badanti straniere. Badanti provenienti dall’est europeo che hanno coperto un buon 80% del welfare sanitario nazionale e hanno contribuito alla risoluzione di molti disagi all’interno delle famiglie. L’aspetto oscuro di questo pregiudizio, ancora più iniquo, si evidenzia nel meccanismo dello sfruttamento del migrante/ schiavo, retribuito in nero. Meccanismo legato al profitto dell’accumulazione capitalistica delle grandi filiere agricole. Un profitto enorme, considerando i bassissimi salari per i braccianti e, di contrasto, i grandi profitti dei gruppi finanziari che manovrano sui mercati le merci agricole.

La contro narrazione a questo pregiudizio che si interfaccia con il mantra ormai vessillo dei sovranisti ‘Prima gli Italiani’ è utile a svelare che in realtà gli stessi sovranisti sposano la causa del capitale e chiedono la sovranità, non per il popolo, ma per le classi dominanti.

I pregiudizi sono infiniti. Assunti brevi (in genere tre parole) ripetuti all’infinito che entrano come un virus nelle convinzioni del popolo e creano il famoso e collaudato ‘Divide et impera’ che fa gioco solo alle classi dominanti.

‘Aiutiamoli a casa loro’

Laddove si tenta di giustificare una politica di respingimento dei flussi migratori dai paesi del sud del mondo. ‘Una politica oltranzista, priva di qualsiasi giustificazione. I dati dimostrano che i Paesi meta hanno solo da guadagnare dai migranti e hanno bisogno di un numero maggiore di quelli che attualmente tentano di raggiungerli (Ignazio Masulli).

‘La natura cura megalopoli’- ‘Portare la natura nelle città’- ‘Avviare la forestazione nelle metropoli’

Enunciati che risultano organici alla retorica megapolitana, per quanto sovversivi. La foresta urbana ad esempio, ‘ risponde al desiderio contemporaneo di wilderness, aspirazione prontamente sussunta dalle forze capitalistiche che la adattano a compensare gli inconvenienti dello sviluppo. Megalopoli ben poco ha a che fare con la natura (se non in senso estrattivo) è uno strumento di dominio territoriale coloniale, capitalistico, gerarchico e patriarcale’ (Ilaria Agostini).

I libri di carta sono anticaglie

La tecnologia ci ha reso cittadini del mondo. Chi ama conoscere e informarsi in tempo reale può farlo con le fonti google e chi ama leggere saggi o romanzi di un qualsiasi autore può farlo tramite un ebook. Il libro di carta però è altra cosa. Ѐ fisico e non ci abbandona mai, resta con noi per sempre. Un libro di carta attiva tutti i sensi. Il libro di carta è una fonte ineguagliabile di ispirazione e crea intimità. Una lettura in ebook è asettica, fredda virtuale, priva di sensi. Umberto Eco, a tal proposito, ricordava come tutti supporti tecnologici inventati per sostituire il cartaceo hanno dimostrato nel tempo una grande deperibilità. Floppy disk, video cassette, cd rom che contengono informazioni private e testi scritti della vita delle persone giacciono in planetarie discariche di rifiuti da smaltire. I libri di carta restano nelle nostre librerie per sempre e rappresentano anche per i posteri la memoria della vita e della cultura dei tempi passati.

‘Con la cultura non si mangia’

La cultura, dal latino ‘colere’ –coltivare, è il luogo per eccellenza delle relazioni. Una risorsa inestimabile di energia che concorre all’incessante dinamica trasformatrice del mondo. Genera identità, uguaglianza nella diversità, autonomia e libertà. Sperimentando la relazione virtuosa fra bellezza e conoscenza, si edificano spazi identitari che permettono alle persone di riconoscersi come simili anche e soprattutto in un momento come questo di criticità umanitaria e ambientale senza precedenti.

E forse allora in un periodo così critico per i valori, per le relazioni sociali, per la paura di vivere o di morire, che ci sta abbrutendo dal punto di vista umano e sociale dovremo rivalutare il valore della cultura e della dialettica, unici strumenti per sentirci nel contempo diversi,unici, ma uguali. Una sfida che dovremmo tutti provare a cogliere.