di Francesco Galofaro e Marco Pondrelli
Poche cose scaldano i cuori come la vittoria della sinistra latinoamericana. La soddisfazione è anche più grande quando il candidato in questione, Pedro Castillo, non ha niente a che spartire coi liberali nostrani, che hanno sposato il mercato in economia e gli Stati uniti in politica estera. In Perù hanno vinto i marxisti, hanno vinto i comunisti.
Come mostra la fig. 1, su un corpus di 200 tweet, ben 195 sono positivi. Come mai? Non ci sono più socialdemocratici, non ci sono più liberali in Italia? Forse è difficile simpatizzare per Keiko Fujimori, figlia del dittatore golpista Alberto Fujimori condannato, con prove, per la violazione dei diritti umani attraverso omicidi, rapimenti, sterilizzazioni forzate, violenze e torture. Così, sono pochi i tweet critici, come quello di Vladimir Luxuria, che accusa Castillo di essere omofobo e misogino, espressione di un comunismo antiquato che non si è aggiornato sui diritti civili (meglio la destra?). Vi è anche un incredibile tweet che definisce il vincitore, Castillo, un “potenziale dittatore”. Qualche altro tweet di destra accusa i giornali di non informare gli italiani delle immancabili accuse di frode mosse a Castillo dai suoi oppositori. Per il resto, tutti saltano sul carro del vincitore, anche la stampa moderata che sottolinea gli aspetti biografici più “narrativi” del presidente neoeletto: Castillo è un maestro elementare di origini popolari (fig. 3). Non mancano i tweet con pugni alzati, punti esclamativi, bottiglie stappate, e infatti il tasso di soggettività (fig. 2) è insolitamente alto anche per punteggi bassi di polarità. Un tweet dichiara che la vittoria di Castillo mette di buon umore, mentre la reazione dello zio Sam mette ansia. Secondo altri, è stata premiata la lotta popolare, ha vinto il rappresentante di campesinos e minatori contro la destra dei cantanti e dei calciatori: altre visioni del mondo hanno ancora un senso.
Figura 1
Figura 2
Figura 3