di Carlo Lania | il Manifesto
Per venti anni è stata presente in edicola per sei giorni a settimana ma adesso Liberazione rischia di essere la prima vittima dei tagli all’editoria decisi dal governo Berlusconi e confermati dall’attuale esecutivo guidato da Monti. La situazione dei conti è infatti tale che è stata decisa la sospensione delle pubblicazioni a partire dal prossimo 31 dicembre, come annunciato nei giorni scorsi dalla Mrc, la società che edita il giornale di Rifondazione comunista e di cui il partito guidato da Paolo Ferrero è azionista unico.
Da quando è stata resa nota l’imminente chiusura, redattori e poligrafici del giornale sono in assemblea permanente, anche in vista del tavolo che si aprirà domani quando Fieg, Fnsi e azienda si incontreranno con il cdr alla ricerca di una soluzione. «Liberazione ha una storia dignitosissima, siamo sempre stati un giornale di partito ma aperto agli altri, e in questi anni abbiamo raccontato molti pezzi di società e i vari movimenti politici», dice Carla Cotti, del comitato di redazione. «Una cosa deve essere chiara: a tutti chiediamo un impegno all’equità. Ogni passo deve essere concordato con la redazione e attraverso criteri trasparenti. Salvare la testata significa fare investimenti sul sito, ma anche e soprattutto salvare il giornale di carta così com’è oggi».
In redazione quella di chiudere senza combattere è un’idea che non sfiora nessuno. Anche perché nel tentativo di far fronte alla crisi i dipendenti del giornale hanno già pagato un prezzo salato. Solo due anni fa l’organico poteva contare su 30 giornalisti e 20 poligrafici. L’accordo firmato con l’azienda a luglio di quest’anno prevede la cassa integrazione in uscita per 13 redattori e il passaggio a contratto di solidarietà per altri 17 che, divisi in due turni, alternano 15 giorni di lavoro ad altri 15 passati a casa. 14 sono invece i poligrafici in cassa integrazione e destinati a non rientrare al lavoro. Inoltre per ridurre ulteriormente le spese la foliazione è stata ridotta da 16 a 8 pagine ed è stato diminuito il numero di uscite in edicola, passate da sei a cinque a settimana. Le vendite si attestano invece sulle 5 mila copie giornaliere. I tagli all’editoria (-15% per l’esercizio 2010 e -70%) per l’esercizio 2011) hanno fatto precipitare ulteriormente la situazione.
Fino a oggi la crisi è stata gestita ovviamente dalla Mrc, ma è chiaro che il ruolo che il partito avrà nell’intera vicenda e nel futuro di quanti ancora vi lavorano è determinante. «Eravamo riusciti a raggiungere il pareggio grazie ai contributi all’editoria, con i tagli non siamo più in condizione di far uscire il giornale» spiega Ferrero per il quale – viste le testate coinvolte dai tagli – «la sinistra rischia di non avere più un giornale». Sul futuro di Liberazione, il segretario ammette che il partito è alla ricerca di una soluzione: «Stiamo pensando a cosa fare in alternativa, altre forme di pubblicazione come un settimanale o il web, ma per ora non c’è niente di definito. Per quanto riguarda i tempi stiamo verificando in questi giorni, all’inzio di gennaio vedremo cosa si può fare». Meno certezze Ferrero le dimostra sul futuro di quanti lavorano al giornale. «E’ chiaro che se non c’è un ripristino dei contributi Liberazione chiuderà e noi non siamo in grado di garantire la tenuta dell’assetto occupazionale».
Oggi redattori e poligrafici saranno davanti alla Fnsi a Roma in occasione delle celebrazioni per i 100 anni dal primo contratto giornalistico. Ci saranno anche il ministro Fornero e il sottosegretario all’Editoria Malinconico ai quali chiederanno un incontro.