riceviamo e pubblichiamo
di Alba Vastano
da http://www.blog-lavoroesalute.org
Ѐ una sorta di maleficio e può colpire indistintamente. Non ci salva l’avere strumenti culturali per non finire nel trabocchetto che ci ostiniamo a non voler vedere. E neanche si tratta di quanto si è informati in tempo reale su come funzionano le cose del mondo. La rete con i social e i media tv da cui, specie in questi tempi di pandemia, attingiamo h.24 news su come sta girando il Pianeta, sono i maggiori infiltrati nella nostra vita privata, ma la percezione comune è che non siano poi così ingerenti. Al contrario restare connessi ci dà la percezione di essere sempre super informati, attivi e presenti e che il nostro apparire sistematico sui social possa, per chissà quale astrusa motivazione, modificare in meglio le sorti dell’umanità. Per la serie ‘Mi vedono, dico la mia, quindi esisto, quindi influisco sul modificare gli eventi e anche sulla rotazione terrestre’ .
Ma c’è il maleficio e l’imprevisto, l’imponderabile ci rema contro. Ѐ colpa nostra. Non siamo pronti e guardinghi dal tutelarci da chi dell’arte della retorica e della persuasione, attraverso i potenti monitor delle tv e dai social ne fa uso distorto, fuorviante e ci ammalia seducendoci. Il problema è il bisogno, che diventa convinzione, di credere che fra i retori presenti nella rete qualcuno stia pensando al nostro benessere e che ci tolga le castagne dal fuoco. In realtà il retore di turno è il sofista che tenta di accalappiarci con l’arte della persuasione anche maldestra. Ad aver bisogno della nostra presenza per ottenere consensi. La finalità del retore mediatico è che finisca per persuadere e sedurre il maggior numero di ‘pesci’ connessi.
Perché nella rete finiamo per abdicare ad altrui volontà, perdendo la percezione della realtà. Così come accade alla rana (di Chomsky) che adeguandosi alla temperatura dell’acqua che via via cresce di calore, finisce per morire bollita. E noi, che difettiamo di pensiero critico, abbocchiamo all’amo dell’affabulatore politico di turno che riempie la sua rete di pesci (ed è il suo scopo) inconsapevoli del trabocchetto . Ѐ la voce delle sirene che ci incanta ed è difficile, ma non impossibile, resistere alla tentazione di esserne ammaliati e poi soggiogati.
La voce delle sirene
La leggenda del canto delle sirene di Ulisse la conosciamo bene tutti. Ѐ il racconto che nella nostra adolescenza, superata l’epoca delle favole dell’infanzia, ha, forse più di altri, risuonato nella testa e nella fantasia, tramite i primi studi delle opere epiche. Ulisse, il protagonista dell’Odissea, le incontra nel suo periglioso viaggio di ritorno a Itaca. Lui resiste al fascino di quel canto mellifluo di cui non si fida. Spalma di cera le orecchie dei suoi compagni di viaggio e si fa legare all’albero maestro, perché convinto che quel conturbante canto può distoglierlo dal viaggio e portare lui e i suoi compagni di viaggio alla morte.
Metaforicamente le Sirene e il loro canto possono essere paragonabili ai forti condizionamenti che si ricevono dal sistema dominante, espresso oggi tramite i media. L’opposizione efficace ad essi (quella di Ulisse) rappresenta la volontà personale di agire autonomamente. Ma oggi quanti resistono al tam tam continuo delle informazioni e alle ingiunzioni dei sistemi mediatici filogovernativi? Quanti di noi vi abdicano? Quanti, invece, si oppongono a quelle subdole note per seguire l’iter e il percorso che avevamo deciso di intraprendere con la nostra sola volontà?
Ma poi chi erano queste Sirene? Qual era l’argomento del canto? E come erano fatte? Omero non le descrive e non riporta le parole del canto. Il motivo è che a sedurre non è il corpo delle Sirene, né cosa volessero comunicare a Ulisse e il suo equipaggio. Le Sirene di Omero sono solo una cosa non meglio identificata, un suono. Una voce infida che mira ingannevolmente a rassicurare chi ha paura di viaggiare nel pericolo di tempeste improvvise. Ѐ una voce stregata ‘che domina e trascina l’anima di chi ascolta, senza che questi possa opporre resistenza’.
Quella voce così persistente e armoniosa è il peggior richiamo che possa capitare a chi, debole di volontà personale e pensiero critico, pensa che accondiscendervi sia il mettersi al riparo, sia il raggiungimento di una vita libera. In realtà è il maggior pericolo per finire definitivamente risucchiati nella rete del potere. Per finire come la famosa rana di Chomski.
La falsa retorica, i Sofisti e la parrhesìa
La retorica nasce nell’antica Grecia come l’ars oratoria, creatrice di persuasione. Ѐ una tecnica che ha lo scopo di vincere sull’interlocutore avversario con la forbita e affilata arma delle parole ben costruite. Da quel tipo di comunicazione spesso se ne resta ammaliati, così come dal canto subdolo delle sirene di Omero. La retorica fu il cavallo di battaglia di un folto gruppo di filosofi che ricordiamo come Sofisti. Viaggiando in lungo e in largo per la Grecia,questi iniziarono a dispensare ‘a peso d’oro’ le loro elucubrazioni sui massimi sistemi del mondo e sulle sorti dell’umanità.
Si accasarono ad Atene, la patria della democrazia. Nel pacchetto della democrazia, infatti, era rilevante il diritto di parrhesìa, ovvero la libertà di parola garantito ad ogni cittadino. Il dibattito pubblico era il cuore della parrhesìa, pertanto e di conseguenza i Sofisti erano, nella popolazione personaggi di spicco, fra i più ricercati. Nel tempo l’accezione del significato della parola retorica ha assunto un carattere dispregiativo. Quando diciamo usualmente ‘stai facendo della retorica’ vuol significare che stiamo contestando l’interlocutore, addebitandogli un parlare confuso, ampolloso e privo di senso. Un linguaggio manipolatorio al fine di ottenere consensi.
Eppure non ci rendiamo conto, nel contempo, che i peggiori retori, ovvero coloro che usano artificiosamente e pretestuosamente la retorica, sono poi gli stessi a cui ci fidelizziamo polticamente, spesso tramite il canto delle sirene sui social , diventandone subalterni. Attaccando al chiodo la nostra volontà personale e il pensiero critico. Un ossimoro e una dicotomia di cui siamo un po’ tutti vittime e da cui non riusciamo facilmente a liberarci. Fra i falsi retori di oggi c’è una pletora di personaggi, appartenenti a diverse categorie di mestieranti e ruoli sociali. Così c’è il venditore che esalta, come miracoloso, il suo prodotto al fine di venderlo. E c’è l’imbonitore televisivo acchiappa vendite e consensi di vario tipo. I bugiardi di professione e gli ipocriti ecc. I peggiori retori si distinguono fra coloro che hanno il potere della rappresentanza politica.
Ѐ solito a costoro adottare la parrhesìa solo come personale privilegio e come pretesto per ottenere consensi, denaro e poltrone. Smentendo e svilendo l’ars retorica, quella disciplina che ha un valore fondamentale nell’arte di comunicare e di esprimere le proprie opinioni che trova spazio, dignità e utilità nella dialettica. Così come avveniva nelle agorà ateniesi. Se così non fosse,ovvero se ammettessimo che la retorica è sempre noiosa e manipolatoria, dovremmo smentire le verità e le teorie contenute in uno dei più famosi trattati di Aristotele, la ‘Rehtorica’ appunto. Manuale che apre la strada a tutti i successivi manuali di retorica. Quello stesso manuale che è ancora al centro di studi filosofici ed è la base di formazione per chi intende fare politica. La retorica era e dovrebbe restare un nobile e prestigioso strumento nell’argomentare e nel vivere sociale. Considerando che una buona retorica è alla base di tutte le nostre attività pubbliche. La troviamo dominante ovunque, dalla pubblicità ai colloqui di lavoro, dalle relazioni pubbliche, ma anche a quelle private. Dai dibattiti televisivi, alle dirette che ci arrivano dalle aule parlamentari. La retorica prevede la democrazia, ovvero che le parti opposte possano equamente intervenire ed essere ascoltate. Tutte le parti opposte e in egual misura, ‘senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali’. Così come recita nostra ‘madre Costituzione’ all’articolo 3.
Altrimenti vincerà sempre l’adulatorio Canto delle Sirene e per noi è e sarà ancora kaputt.
Fonte: ‘La voce delle Sirene’ di Laura Pepe – ed. Laterza