I comunisti ciprioti non escludono l’uscita dall’Unione Economica e Monetaria

di MG

newsdalmondo bannerIl parlamento di Cipro ha approvato (29 voti contro 27) il memorandum di intesa con la troika, che presuppone dure misure di austerità e un programma di privatizzazioni selvagge in cambio di un finanziamento di 10.000 milioni di euro.

Il memorandum, che promette un intervento delle istituzioni finanziarie europee pari al 60% del PIL del paese, impone come condizione che il governo riesca a trovare altri 13.000 milioni di euro attraverso drastici tagli delle spese sociali, l’aumento delle imposte e la vendita (o meglio, svendita) del patrimonio pubblico.

Questo autentico saccheggio annunciato dell’economia nazionale è stato respinto solo dai parlamentari comunisti di AKEL, la principale forza di opposizione, il cui Comitato Centrale ha diffuso un documento, in cui si afferma che l’unica scelta possibile per Cipro è quella di “trovare una soluzione fuori dall’accordo sui finanziamenti del memorandum”.


Akel non esclude che tale scelta “probabilmente sarebbe equivalente alla decisione di Cipro di uscire dall’Unione Economica e Monetaria”.

“E’ una soluzione dolorosa, i cui effetti esigono il massimo appoggio politico del popolo e implicano sacrifici”.

“Ma nonostante sia una soluzione dolorosa– continua il documento dei comunisti ciprioti – in tali circostanze, rappresenterebbe tuttavia un’alternativa seria – una volta che il paese si liberi dagli impegni politici -, che potrebbe aprire prospettive e possibilità di sviluppo e crescita nel futuro, avendo per base un nuovo modello economico di sviluppo”.

AKEL ritiene anche che tale decisione, nel caso venga assunta, debba essere accompagnata da negoziati tra Cipro e l’Unione Europea “per ottenere un’uscita ordinata e sulla base dei principi del diritto internazionale”.

Consapevoli dei pericoli e delle difficoltà di tali decisioni, i comunisti ciprioti si rivolgono al governo e alle forze sociali e politiche “perché venga in tal senso aperto un costruttivo dialogo politico e sociale, chiamando il popolo a pronunciarsi con un referendum”.