Baltimora

baltimore police riotsdi Mauro Gemma

Baltimora brucia dopo le ennesime violenze razziste della polizia USA e un altro assassinio di un cittadino nero. 5.000 militari della Guardia Nazionale mobilitati. Utilizzato tutto l’arsenale repressivo. Botte, arresti, feriti che non si contano più, mentre l’incendio si propaga a tutto il paese. In decine di città si svolgono manifestazioni imponenti, con la partecipazione di movimenti antirazzisti e radicali e parole d’ordine di denuncia delle politiche, non solo razziali, ma anche sociali (che con quelle razziali si intrecciano strettamente) del governo statunitense. Anche in questo caso la polizia distribuisce botte a non finire, in particolare a New York. Eppure della portata gigantesca della protesta americana, da noi giungono solo gli echi.

La consegna tra gli operatori dell’apparato mediatico, in particolare quelli più vicini al governo a guida PD, è minimizzare il significato della protesta e allineare la nostra opinione pubblica alla versione ufficiale fornita dalle autorità USA: quella secondo cui “occorre mettere fine alla violenza”.

E allora, più che le immagini e i contenuti della manifestazione, ecco che le nostre televisioni preferiscono diffondere fino alla noia le immagini della madre che prende a schiaffoni il figlio che partecipa alla protesta oppure quelle del “veterano del Vietnam” che “coraggiosamente” cerca di fermare i manifestanti, inneggiando ai “valori sani” della società yankee. Un’operazione propagandistica francamente penosa. Condotta da coloro che, senza alcun rispetto della deontologia professionale, nei mesi scorsi, non hanno esitato a schierarsi dalla parte dei criminali fascisti che hanno seminato la morte nelle piazze di Kiev e di Caracas, oppure a descrivere il popolo di Hong Kong, che si opponeva alla gazzarra dei teppisti foraggiati da Washington, alla stregua di sgherri della “triade” cinese.