Le crisi della sinistra latinoamericana

Foro de sao paulodi Emir Sader*
da alainet.org

Traduzione di Marx21.it

Si può dire che ci sono due sinistre in America Latina e che entrambe sono entrate in crisi, ciascuna a suo modo. Una è quella che è arrivata al governo, ha avviato processi di democratizzazione della società e di fuoruscita dal modello neoliberale e che oggi si confronta con difficoltà – di ordine diverso, sia esterno che interno – per dare continuità a questi processi. L’altra è quella che, sebbene esistendo in paesi con governi liberali duraturi, non riesce in alcuna maniera a rappresentare un forza capace di vincere elezioni, andare al governo e avviarsi a superare il neoliberalismo.

La sinistra post-neoliberale ha ottenuto successi straordinari, ancora più se si tiene conto che i progressi nella lotta contro la povertà e le disuguaglianze è avvenuta nel segno di un’economia internazionale che, al contrario, aumenta la povertà e la disuguaglianza. Nel continente più diseguale del mondo, colpito dal processo di recessione profonda e prolungata del capitalismo internazionale, i governi di Venezuela, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia ed Ecuador hanno diminuito la disuguaglianza e la povertà, hanno consolidato processi politici democratici, hanno costruito processi di integrazione regionale indipendenti dagli Stati Uniti e hanno accentuato l’interscambio Sud-Sud.

Mentre le altre correnti della sinistra, per diverse ragioni, non sono riuscite a costruire alternative agli insuccessi dei governi neoliberali, di cui i casi del Messico e del Perù sono i più evidenti, mostrando l’incapacità, fino ad ora, di trarre lezioni dagli altri paesi, per adattarle alle loro condizioni specifiche.

In che cosa consiste la crisi attuale delle sinistre che sono arrivate al governo in America Latina? Ci sono sintomi comuni e tratti specifici ad ogni paese. Tra questi c’è l’incapacità di contrastare il potere dei monopoli privati dei mezzi di comunicazione, sebbene nei paesi in cui si è avanzato sul piano legislativo e con misure concrete per spezzare quella che è la spina dorsale della destra latinoamericana. In ciascuno di questi paesi, in ciascuna delle crisi affrontate da questi governi, il ruolo protagonista lo hanno svolto i mezzi di comunicazione privati, agendo brutalmente e in modo travolgente contro i governi, che contavano su successi e su un ampio appoggio popolare.

I media hanno occultato i grandi progressi sociali in ognuno dei nostri paesi, li hanno censurati, hanno nascosto i nuovi modelli di vita che i processi di democratizzazione sociale hanno promosso tra le masse popolari. Dall’altro lato, danno rilievo a problemi isolati, dandogli una proiezione che non corrisponde alla realtà, diffondendo anche falsità, con il proposito di delegittimare le conquiste ottenute e l’immagine dei leader, sia negandole, sia tentando di far risaltare aspetti secondari negativi dei programmi sociali.

I media hanno promosso sistematicamente campagne di terrorismo e pessimismo economico, cercando di ridurre la fiducia delle persone nel loro stesso paese. Parte specifica di tali operazioni è rappresentata dalle sistematiche denunce di corruzione, sia a partire da casi reali a cui è attribuita una dimensione sproporzionata, sia inventando denunce sulle quali non rispondono quando sono interrogati, che hanno già prodotto i loro effetti. I reiterati sospetti in merito all’operare dei governi producono sentimenti di critica e di rifiuto, specialmente nei settori medi della popolazione, a cui possono aggiungersi altri settori colpiti da questa montatura antidemocratica nei confronti dell’opinione pubblica. Senza tale fattore, si può dire che le difficoltà manterrebbero la loro dimensione reale, non sarebbero trasformate in crisi politiche, provocate dall’influenza unilaterale che i media esercitano su settori dell’opinione pubblica, anche di origine popolare.

Non è che rappresenti un tema di facile soluzione, ma non considerarlo come un tema fondamentale da affrontare significa sottovalutare il campo in cui la sinistra è maggiormente in difficoltà: la lotta delle idee. La sinistra è riuscita ad arrivare al governo in ragione della sconfitta del modello economico, ma ha ricevuto, tra le altre eredità, l’egemonia dei valori neoliberali disseminati nella società. “Quando finalmente la sinistra è arrivata al governo, aveva perso la battaglia delle idee”, secondo Perry Anderson. Tendenze vicine a visioni pre-gramsciane nella sinistra hanno accentuato forme di azione tecnocratiche, nella convinzione che fare buone politiche per la gente fosse sufficiente a produrre automaticamente coscienza corrispondente al sostegno al governo. Si è sottovalutato il potere di iniziativa dei mezzi di informazione sulle coscienze delle persone e gli effetti politici di logoramento dei governi che tale iniziativa provoca.

Un altro fattore condizionante, all’inizio a favore ma in seguito contro, è stato il relativamente alto prezzo delle commodities, per alcuni anni, di cui i governi hanno approfittato, non promuovendo contemporaneamente un cambiamento dei modelli economici, di modo da non dipendere tanto da tali esportazioni. Per tale cambiamento sarebbe stato necessario formulare e mettere in pratica un modello alternativo basato sull’integrazione regionale. Si è perso un periodo di grande omogeneità nel Mercosur, senza che si siano registrati progressi in tale direzione. Quando i prezzi hanno subito un calo, le nostre economie ne hanno sofferto gli effetti, senza riuscire a difendersi, per non avere promosso il passaggio a un modello diverso.

Occorreva anche comprendere che il periodo storico attuale è segnato da un profondo regresso su scala mondiale, che le alternative di sinistra si trovano in una posizione difensiva, e che in questo momento si tratta di fuoruscire dall’egemonia del modello neoliberale, costruire alternative, appoggiandosi alle forze dell’integrazione regionale, ai Brics e ai settori che all’interno dei nostri paesi concordano con il modello di sviluppo economico con distribuzione del reddito, e con la priorità delle politiche sociali.

In alcuni paesi non si è prestata la dovuta attenzione all’equilibrio dei conti pubblici, il che ha generato livelli di inflazione che hanno neutralizzato, in parte, gli effetti delle politiche sociali, perché gli effetti dell’inflazione ricadono sui salariati. Gli aggiustamenti non devono essere trasformati in obiettivi, ma in strumenti per garantire l’equilibrio dei conti pubblici e ciò rappresenta un elemento importante del successo delle politiche economiche e sociali.

Sebbene i mezzi di informazione abbiano ingigantito i casi di corruzione, occorre riconoscere che non c’è stato controllo sufficiente da parte dei governi sull’uso delle risorse pubbliche. Il tema della vigilanza assoluta nella sfera pubblica deve essere considerato sacro da parte dei governi di sinistra, che devono essere loro a scoprire eventuali irregolarità e a punirle, prima che lo facciano i mezzi di informazione. L’etica nella politica deve rappresentare un patrimonio permanente della sinistra, la trasparenza nel maneggio delle risorse pubbliche deve essere la regola aurea per i governi di sinistra. E il non avere operato sempre così rende possibile che i governi paghino un caro prezzo, che può essere un fattore determinante nel mettere a rischio la loro continuità, con danni gravissimi per i diritti della grande maggioranza della popolazione e per il destino stesso dei nostri paesi.

Infine, per evidenziare alcuni dei problemi di questi governi, il ruolo dei partiti nella loro condizione di partiti di governo non è stato mai ben risolto in praticamente nessuno dei paesi coinvolti. Siccome i governi hanno una propria dinamica, comprese le alleanze sociali e politiche di centro-sinistra, in diversi casi, i partiti che dovrebbero rappresentare il progetto storico della sinistra non lo hanno fatto, perdendo rilevanza rispetto al ruolo preponderante dei governi. Si indeboliscono così la riflessione strategica, ben oltre le congiunture politiche, la formazione dei quadri, la propaganda delle idee della sinistra e la stessa lotta ideologica.

Nulla di tutto questo autorizza a parlare di “fine del ciclo”. Le alternative a tali governi stanno sempre a destra e con progetti di restaurazione conservatrice, nettamente di carattere neoliberale. I governi post-neoliberali e le forze che li hanno promossi sono gli elementi più avanzati di cui dispone attualmente la sinistra latinoamericana e funzionano anche come riferimento per altre regioni del mondo, come Spagna, Portogallo e Grecia, tra gli altri.

Ciò che si sta vivendo è la fine del primo periodo della costruzione di modelli alternativi al neoliberalismo. Ormai non si potrà più contare sul dinamismo del centro del capitalismo, né con prezzi alti delle commodities. La chiave del passaggio a un secondo periodo deve essere: l’approfondimento e l’estensione del mercato interno di consumo popolare; il progetto di integrazione regionale; l’intensificazione dell’interscambio con i Brics e la loro Banca di Sviluppo.

Oltre che superare i problemi evidenziati sopra, prima di tutto occorre creare processi democratici di formazione dell’opinione pubblica, condurre la battaglia delle idee, questione centrale nella costruzione di una nuova egemonia nelle nostre società e nell’insieme della regione.

E’ necessario costruire un progetto strategico per la regione, non solo di superamento del neoliberalismo e del potere del denaro sugli esseri umani, ma di costruzione di società giuste, solidali, sovrane, libere, emancipate da tutte le forme di sfruttamento, dominazione, oppressione e alienazione.

*Emir Sader, sociologo e scienziato della politica brasiliano, è coordinatore del Laboratorio delle Politiche Pubbliche dell’Università Statale di Rio de Janeiro (UERJ)