Verso il polo ecologista e alternativo

Il ciclo politico che si è chiuso con la sconfitta del centrosinistra alle elezioni regionali non riguarda solo il nostro paese ma è conseguenza di una nuova fase che anche nell’Europa si sta affermando. L’Europa è stata incapace di governare la globalizzazione, anzi l’ha subita rinunciando ad una propria originale ed autonoma sfida innovativa socialmente ed ecologicamente sostenibile. A questa crisi una parte della società e dell’economia risponde con il ritorno di vecchi e nuovi nazionalismi che si configurano come risposta non solo conservatrice ma addirittura reazionaria agli effetti distruttivi della globalizzazione stessa. Quanto è avvenuto in Austria con l’affermazione del leader nazionalpopolare Haider e il riaffacciarsi in Italia e in Europa di organizzazioni nazionaliste e a volte dichiaratamente fasciste rende evidente che dalle crisi di questo ciclo politico forte è la tentazione di uscire non con il tradizionale conservatorismo europeo ma con una nuova destra socialmente popolare ed economicamente selvaggia. Il riformismo di ispirazione socialdemocratica con le sue varianti liberaldemocratiche di questo decennio è in crisi e dopo aver gestito la fase del risanamento finanziario mostra il fallimento delle proprie politiche sociali, economiche e ambientali, nella velleità di rendere umano il liberismo e di regolamentare gli effetti dirompenti della globalizzazione. In questa crisi l’Italia è il punto più debole sia per la fragilità dell’economia sia perché il centrosinistra si è configurato come anomalia politica ed ora, pur nella sua disgregazione, come gabbia coercitiva incapace di liberare nuove strategie e alleanze. Nei prossimi anni il vecchio Continente, in assenza di una rinnovata capacità strategica degli schieramenti progressisti, può diventare il luogo in cui si manifesta una forma regressiva di resistenza alla globalizzazione con il prevalere di pericolosi nazionalismi e localismi, di egoismi sociali ed etnici, di una competizione con gli Stati Uniti tutta giocata sulla conquista di nuovi mercati, sullo sfruttamento di nuove risorse, compresa innanzitutto quella della biodiversità. In Europa c’è, quindi, l’urgenza di individuare un nuovo blocco sociale attore della trasformazione democratica dall’unità monetarista e finanziaria in un nuovo campo di diritti di cittadinanza, regole, partecipazione. In questa ricerca del nuovo blocco sociale vi deve essere la capacità tattica e strategica per le sinistre di attraversare il vento di Seattle, il suo metodo di azione, i suoi contenuti, prefigurando questo movimento come motore di un’azione di trasformazione. Vi è la necessità di costruire un polo ecologista e alternativo capace da una parte di attrarre quanti sono socialmente e civicamente impegnati nella sfida dello sviluppo sostenibile e dall’altra di rivoluzionare i paradigmi di comprensione della realtà e di intervento della sinistra. O la sinistra del terzo millennio diventa innanzitutto ecologista, assumendo la lezione di Seattle nella sua identità sociale e non solo spettacolare, o rischia di essere incapace di dare una risposta innovativa alla globalizzazione, rimanendo schiacciata nel proprio conservatorismo ideologico.

Il polo ecologista e alternativo è oggi la base strategica non solo per costruire una identità politica, sociale e culturale, ma anche come forma e luogo di relazione orizzontale tra partiti, movimenti, associazioni, sindacati, dove il territorio e il diritto alla cittadinanza diventano al tempo stesso i luoghi e gli strumenti del conflitto. Nelle diverse proposte, tutte di per sé interessanti e utili, che attraversano le sinistre in questa fase manca proprio l’assunzione dell’ecologia come critica moderna e radicale al liberismo, portatrice di un conflitto negativo ma anche di un’idea positiva per il futuro sostenibile. Il reddito di cittadinanza è il contenuto sociale e culturale che può aggregare le diverse parzialità di resistenza alla globalizzazione e al liberismo. Reddito di cittadinanza come strumento di un nuovo welfare solidale che coniuga quantità e qualità dei diritti configurandosi come vincolo sociale ed ambientale dello sviluppo e dell’uso delle risorse pubbliche. Reddito di cittadinanza come proposta insieme antagonista e riformista che ridisegna nel territorio e nel lavoro precario una nuova idea di sindacato, dove la tutela delle antiche e fondamentali garanzie si incontra con la ricerca di un nuovo statuto sociale per i non garantiti.

La gabbia del centrosinistra è di per sé già frantumata dal risultato delle elezioni regionali, dall’esito referendario, dalla crisi dei governi che si sono succeduti dal 1998 ad oggi: il problema oggi non è di romperla ma semmai di non rimanere soffocati dalle sue macerie e quindi di ricostruire le condizioni di un blocco sociale e di un’alleanza politica alternativa alla destra, capace anche di competere elettoralmente con la sfida delle elezioni del 2001.

In tutta Europa in questi anni, con fortune alterne, si è sviluppato un asse rosso-verde; in Italia questo non sarebbe sufficiente ma è altrettanto vero che uno dei motivi della crisi della sinistra sta proprio nell’incapacità di definire questo orizzonte politico-culturale innovatore. D’altra parte in tante riflessioni di questo periodo vi è il rischio di un richiudersi in risposte apparentemente rassicuranti ma tutte nel recinto dell’eredità del vecchio Pci. Da quella eredità invece vengono energie e riflessioni indispensabili da mettere in comunicazione con quell’inedito sociale e contemporaneamente politico che la lezione di Seattle e la riflessione ecologista ci richiede.

Gli attuali soggetti politici, non moderati, delle sinistre sono importanti ma non sufficienti a definire il polo ecologista alternativo come rete complessa di relazioni sociali. Nel momento in cui è più evidente l’autonomia tra la società e la politica, le istituzioni centrali perdono di rappresentatività e di senso di sé mentre il valore aggiunto di una nuova partecipazione solidale sta nel federalismo municipale. Vi è stato ai primi di giugno a Napoli un importante incontro organizzato da “Cantieri sociali” dove il rapporto tra politica e partecipazione sociale si è invertito. E Napoli è venuta dopo Genova, dove per la prima volta la critica alle biotecnologie e l’affermazione del valore della biodiversità sono diventate occasione di aggregazione e mobilitazione. Partiti (Verdi e Rifondazione comunista), associazioni (400, di cui molte ambientaliste, non governative, territoriali, centri sociali), volontariato laico e cattolico configuravano seppur temporaneamente una nuova soggettività sociale e politica. Non va enfatizzata ma certamente lì c’era un nuovo, fatto di alterità e radicalità, che emergeva con molti limiti ma anche speranze; da quelle bisogna ripartire per rispondere alla crisi di questo tempo.