Venezuela: la rivoluzione si difende!

Venezuela, 1988. Tutto “normale”. Come è “normale”, nel Paese che è il terzo maggior produttore di petrolio al mondo, che l’80% della popolazione viva nella miseria. Come è “normale”, in un quadro di totale e devastante corruzione, che la classe privilegiata si divida la ricchezza di tutto il Paese, consegnandone una parte consistente all’imperialismo. Com’è “ normale” la messa a punto di un contesto politico ed elettorale, da parte dei ceti dominanti, volto a far si che uno dei partiti tradizionalmente vincenti – non importa se di “destra” o di “sinistra” – conduca sempre la medesima politica filo padronale e filo imperialista.
Ma anche ciò che è anormale a volte accade. Ed è accaduto che un ex militare, leader di un tentativo insurrezionale nel 1992 – Hugo Chavez il suo nome – abbia iniziato a percorrere il Paese per il lungo e per il largo, si sia presentato alle elezioni con un programma antiliberista, antimperialista, di lotta contro la corruzione. Nei sondaggi lo davano come perdente. Come primo impatto la sua proposta politica non si definiva né di destra né di sinistra. Era “solo” contraria ai grandi e storici privilegi e candidava al potere un nuovo difensore degli interessi popolari. Questo difensore vince. Ma la cosa straordinaria è che dopo la vittoria mantiene le promesse elettorali e le concretizza. Indice un referendum per l’elezione di un’Assemblea Costituente; questa è eletta e al suo interno la maggioranza dei deputati va al Polo Patriottico (la cui forza dominante è il Movimento V Repubblica di Hugo Chavez, a cui partecipano però altre forze politiche progressiste, tra le quali il Partito comunista venezuelano). Dopo qualche mese di lavoro, l’Assemblea Costituente (che trasmette in diretta alla televisione i propri dibattiti, che si “apre” attraverso centinaia di discussioni e riunioni pubbliche) approva la nuova Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che verrà poi ratificata dal popolo, per via referendaria, con maggioranza schiacciante.
È la rivoluzione. Ora, le rivoluzioni non sono fasi “normali”. Esse mutano gli assetti e possono sconcertare. Su questa base materiale si sono mossi i ceti dominanti venezuelani – padroni dei media – per divulgare una caricatura del processo rivoluzionario e dei suoi protagonisti, dipingendo la stessa rivoluzione venezuelana come un’avventura populista di un Alberto Joao in divisa rossa, avente un tatuaggio di Che Guevara, parole ingannatrici per il popolo e un solo e vero desiderio: concentrare in sé tutto il potere.

La costituzione “Bolivariana”

Per tentare di cancellare tale caricatura, proponiamo una lettura della Costituzione “Bolivariana”.
Se è certo che le leggi sono il segno del potere, questa Costituzione, approvata alla fine del ’99, la dice lunga sulla natura del nuovo potere venezuelano. E il fatto che le sue linee essenziali coincidano e si sovrappongano all’azione politica del Presidente Hugo Chavez e del suo governo, ha spinto parti significative della borghesia, del latifondo, della Chiesa e dell’imperialismo ad unirsi in una alleanza controrivoluzionaria.
Relativamente alla caricatura di un Presidente che accentrerebbe nelle sue mani tutto il potere politico, va subito detto che la nuova Costituzione “Bolivariana” prevede invece per il Presidente della Repubblica poteri molto inferiori a quelli che gli assegnava la vecchia Costituzione. E ciò sulla base della separazione dei poteri : legislativo, esecutivo, giudiziario, di cittadinanza ed elettorale, immettendo il Presidente solo nella sfera dell’esecutivo. Ma il ruolo del Presidente è democratizzato anche per altre vie: da una rete vasta di “precauzioni” costituzionali che prevede ad esempio la revocabilità del mandato attraverso un referendum nazionale e l’impossibilità di superare i due mandati. Ma tutta questa preoccupazione per la concentrazione di poteri (che si basa su argomentazioni palesemente false) indica in verità il progetto delle forze reazionarie, volto a screditare Chavez, a montargli contro l’opinione pubblica per preparagli, infine, una soluzione alla Allende.
È una linea di classe, a favore degli interessi dei ceti dominanti, dettata dalla paura della nuova Costituzione.
Una Costituzione che, innanzitutto, proibisce espressamente l’installazione di basi straniere o qualsiasi altra installazione con obiettivi militari nel territorio nazionale (articolo 13). E ciò è naturalmente avvertito da Washington come una minaccia, un esempio pericoloso in tutta la regione, specie in una fase di crescente interventismo militare nord-americano.
Ma ancor più sconvolgente è l’obiettivo costituzionale volto alla concretizzazione di quel progetto di Simon Bolivar (“Nostra America”) che vuol passare attraverso la promozione di una cooperazione pacifica tra le nazioni dell’America Latina, attraverso un processo di integrazione latino-americana che si batta a salvaguardia del principio della non interferenza e dell’autodeterminazione dei popoli (preambolo all’articolo 153). Un progetto che nasce storicamente contro l’imperialismo nord- americano, conseguenza della visione di Bolivar di un’America Latina che si liberava dall’oppressione coloniale spagnola per cadere in un’altra oppressione coloniale, quella esercitata dal suo vicino del Nord. Le relazioni politiche della nuova Repubblica del Venezuela con Cuba – che hanno visto scatenarsi un attacco particolare da parte della stampa borghese -, già particolarmente significative in sé, acquisiscono un valore ancora maggiore come messaggio a tutti popoli dell’America Latina, un messaggio perfettamente sintetizzato da Chavez nel suo viaggio a Cuba nella formula: con Bolivar e Martì.

Il ruolo decisivo dello Stato

Ma altri ancora sono gli elementi che caratterizzano la nuova Costituzione in senso patriottico e antimperialista. Mistificando la verità, si asseriva, sulle pagine del giornale venezuelano Publico, che Hugo Chavez rinuncia ad un discorso critico sul neoliberismo.
Non è così. La Costituzione, definendo il sistema economico venezuelano come sistema misto, dove lo Stato, congiuntamente all’iniziativa privata, promuoverà lo sviluppo armonioso dell’economia nazionale (articolo 299), non applica affatto la carta neoliberista, attribuendo invece allo Stato un ruolo decisivo di pianificazione e di intervento. Definisce anche il latifondo come contrario all’interesse sociale (articolo 307) e appronta mezzi per una più giusta distribuzione della proprietà della terra, riservando inoltre allo Stato l’attività petrolifera (articoli 302 e 303), la proprietà delle acque e del sottosuolo. Dello stesso carattere antiliberista sono le scelte volte a sostenere le attività artigianali e turistiche e, ancor più, le scelte relative alla costruzione di un sistema di garanzie sociali universale (articolo 86), con particolare riguardo alle pensioni minime e al salario minimo (articolo 80). Lo stesso dicasi per un sistema sanitario universale e gratuito, un progetto avente in sé una clausola che proibisce la privatizzazione della Sanità pubblica (articolo 84) ; così è per la gratuità e l’universalità dell’educazione scolastica (articolo 100) e per l’accesso universale all’informazione, attraverso il mantenimento ed il rafforzamento dei servizi pubblici della radio e della televisione, popolarizzando le biblioteche e l’informatica. Ma non è tutto. In un mondo in cui si moltiplicano gli attacchi ai diritti dei lavoratori, la nuova Costituzione del Venezuela è in controtendenza.
Stabilisce la giornata di lavoro settimanale (diurna e notturna) e punta all’obiettivo di riduzione dell’orario di lavoro; stabilisce il diritto al riposo settimanale e alle ferie pagate; il diritto dei lavoratori ad organizzarsi sindacalmente e a scioperare; definisce le garanzie per i delegati e i dirigenti sindacali; chiarisce quali siano i mezzi per la difesa dei salari arretrati da percepire e i mezzi per difendere i diritti dei lavoratori nelle esperienze di bancarotta fraudolenta, così come costituisce le basi per privilegiare i contratti collettivi di lavoro ed altro.
Certo è che ciò che afferma questa Costituzione non è nuovo in assoluto, anzi è stato già detto in decine di altre costituzioni. Ciò che è importante è che questa Costituzione è stata voluta, nel 1999, dal popolo venezuelano, è una sua diretta espressione, l’espressione di un popolo, cioè, che è stato a lungo al centro dell’attacco imperialista.
Il potere che ha prodotto questa Costituzione potrà domani essere sconfitto, gli uomini che sostengono oggi questo potere potrebbero domani tradire, ma all’entrata nel nuovo secolo la Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela – imposta alla borghesia, ai latifondisti, all’imperialismo dal popolo venezuelano – sta a dimostrare che, sebbene il quadro mondiale sia ancora caratterizzato da un atteggiamento di resistenza del movimento operaio, tale resistenza può avanzare, forse a sprazzi, ma può avanzare.

Ancora una vittoria

La Rivoluzione venezuelana ha registrato, dopo le ultime elezioni, ancora una vittoria. Nelle urne è naufragato il candidato della controrivoluzione Arias Cardenas, che si presentava come la rivoluzione moderata, non “vermiglia”, e non è stato un caso che l’imperialismo abbia scelto un uomo che, prima dell’elaborazione della Costituzione, aveva avuto un percorso non dissimile da quello di Chavez. Ma da questa vittoria in poi si entra nella fase più difficile e pericolosa, per la quale non è sicuro che si sia preparati. L’applicazione del programma costituzionale vorrà dire acuire lo scontro di classe, con la borghesia pronta ad utilizzare tutti gli strumenti, legali ed illegali, al fine di riconquistare il potere politico e a rafforzare la sua alleanza con l’imperialismo nord-americano, con un rischio evidente di intervento straniero.
La solidarietà internazionale è oggi necessaria alla rivoluzione venezuelana, e un vasto appoggio potrebbe essere un aiuto importante per il consolidamento del processo rivoluzionario.