Un programma avanzato per l’intera sinistra

Con il risultato delle regionali, le dimissioni del governo D’Alema e infine l’esito dell’appuntamento referendario siamo in una situazione gravissima, di cui occorre comprendere le cause e le radici per affrontare meglio le prossime scadenze. Si è affermato che è finito un ciclo. Sarebbe più giusto parlare della fine di un ciclo politico segnato da una strategia che scommetteva innanzitutto sulla via referendaria e sul maggioritario spinto, come motore e condizione determinante per la costruzione del bipolarismo in Italia. Oggi, con il risultato del referendum, quella strategia esce sconfitta.

Certo, sarebbe sbagliato ridurre la storia politica di questi anni solo a questo. Abbiamo avuto anche momenti di forte iniziativa politica che portarono alla vittoria del ’96; ma è indubbiamente vero che negli ultimi anni ad uno spregiudicato tatticismo si è accompagnata l’idea che la stretta istituzionale si potesse sostituire ai processi politici che devono dare anima e corpo al bipolarismo. Ad uscire sconfitta poi è l’idea di un “bipolarismo debole”, in cui non risultano evidenti le differenze dei programmi sul piano sociale e culturale, e da cui non emerge, in modo chiaro e distinto, una proposta di governo per il paese che sia, insieme, credibile e alternativa a quella del centrodestra. Questa è una delle cause, la principale, della sconfitta alle regionali. Un bipolarismo moderno ed europeo si incardina su forti organizzazioni politiche, su idee e rappresentanza sociale. Dove questo non avviene, come è stato in Italia, la politica si presenta debole e sfibrata, forte solo in senso lobbistico, mediatico e notabilare. In questo contesto prolifica il trasformismo. Al contrario, Forza Italia e il Polo hanno fatto politica, hanno costruito uno schieramento politico e sociale, hanno un messaggio simbolico che parla a una parte della società. Alla base della sconfitta vi è anche la storia del centro sinistra e la caduta del governo Prodi, causata fondamentalmente dalla divisione della sinistra sulla base della sciagurata idea delle “due sinistre”. Il cambio Prodi-D’Alema che oggi tutti riconoscono essere stato un errore, ha segnato una battuta d’arresto nel rapporto con l’opinione pubblica, e ha aperto una fase in cui la spregiudicatezza nelle alleanze politiche, fino all’apertura ai radicali ha ulteriormente indebolito il consenso verso il centrosinistra. D’altro canto la stessa Rifondazione è stata sempre più relegata in un ruolo modesto e inutile. Un’altra delle ragioni che viene indicata come causa della sconfitta è la scarsa capacità di innovazione del governo a causa delle resistenze conservatrici. Si è sostenuto che il discrimine non è più tra destra e sinistra ma tra innovazione e conservazione. La polemica contro i conservatori perciò si è spesso concentrata contro i padri che toglievano ai figli, contro i lavoratori che difendevano il posto di lavoro fisso, contro il sindacato. Ben altri sono i conservatori e i privilegi da combattere. Ora, sarebbe un errore non riconoscere il grande valore e i risultati dell’azione dei governi di centrosinistra. L’Italia non è più quella che ci é stata lasciata in eredità dai governi del passato.

È un paese che ha affrontato grandi problemi accumulatisi negli anni, è entrato in Europa, ha ridotto il disavanzo pubblico, ha operato grandi trasformazioni in diversi campi.

Il limite più grave dell’azione di governo è stata una scarsa ambizione riformatrice: la capacità di selezionare obiettivi, interessi, forze da rappresentare, e costruire una politica di governo che si incontrasse e vivesse su un nuovo protagonismo sociale. Ci si è illusi che fosse possibile guidare la trasformazione sociale solo attraverso la proposizione di leggi innovative: in realtà le leggi per essere efficaci hanno bisogno di consenso sociale e devono essere espressione di una condivisione diffusa degli obiettivi proposti. Il riformismo, al contrario, è il terreno del conflitto, delle scelte, è il discrimine tra centrodestra e centrosinistra. Se è chiaro che ogni riforma crea resistenze, difesa di privilegi e di interessi colpiti, dall’altro deve mettere in campo consensi, partecipazione, sostegno, capacità di ricollocare forze ed energie. Per questo occorrono messaggi forti, realizzazione di obiettivi, forze che si vogliono rappresentare.

Così non è stato, e abbiamo avuto una sofferenza innanzitutto in alcuni settori sociali tradizionalmente collocati a sinistra, che non si sono sentiti rappresentati, e soprattutto tra i ceti popolari e i settori giovanili. Di fronte a ciò occorre un nuovo percorso aggregativo che deve partire dalla ricontrattazione di un programma tra centro democratico e sinistra. Ma un programma chiaro in cui se non sono evidenti le ragioni della sinistra potremmo avere una sconfitta storica almeno per i prossimi due decenni. Va da sé che sarebbe importante che in questo schieramento ci fosse tutta la sinistra. Per fare ciò occorre battere le opposte ma convergenti idee dell’autosufficienza di un riformismo di governo, a quelle di una sinistra pura che rifiuta il rapporto con le altre componenti. Occorre cioè abbattere le pregiudiziali degli anni ’40 che sono alla base della situazione attuale. Come andare alle prossime scadenze quindi è questione di volontà politica, di capacità di rimessa in discussione di gabbie culturali e politiche.

Questo è il primo imprescindibile passo senza il quale non vi è nessuna possibilità di sviluppo positivo.