Sulla situazione del movimento comunista in Austria

*Presidente di Iniziativa Comunista (KI)

I conflitti che hanno contrassegnato il movimento comunista in Austria nel corso degli ultimi dieci- quindici anni hanno molto in comune con quelli che hanno animato le discussioni negli altri paesi europei, ma hanno pure alcune caratteristiche specifiche. Se quindi molto sarà già noto ai comunisti degli altri paesi, alcune cose invece forse susciteranno la loro curiosità.

Il partito comunista d’Austria (KPÖ) è stato fondato nel novembre del 1918, ed è pertanto uno dei più antichi PC d’Europa. Agli inizi era una formazione assai ridotta, la cui importanza tuttavia crebbe rapidamente e improvvisamente negli anni Trenta. Nel 1933 il KPÖ era stato messo fuorilegge, nel febbraio 1934 l’intero movimento operaio era stato messo in ginocchio, e quel che restava della democrazia era stato spazzato via dal colpo di stato dei fascisti austriaci alleati di Mussolini. In quel contesto numerosi socialdemocratici, delusi dalle politiche di capitolazione dei loro dirigenti, si rifugiarono nel KPÖ. Quell’anno gli iscritti al partito salirono velocemente da 4.000 a 16.000. Il KPÖ ha avuto un ruolo preminente nella resistenza, sia contro il fascismo austriaco che contro il terrore nazista che imperversò in Austria a partire dal 1938. Fra tutte le forze politiche impegnate nella resistenza austriaca, esso ha avuto il più alto numero di vittime. Fra queste – per citarne una sola –il noto teorico Alfred Klahr, che nei suoi scritti ha argomentato l’esistenza di un’autonoma nazione austriaca, al contrario del punto di vista dominante fra i socialdemocratici secondo cui l’Austria non era che una parte dell’unica nazione tedesca.

Dopo 1945 il KPÖ è stato rappresentato in Parlamento fino al 1959. Dopo di allora, non vi è stato più presente. Nel dopoguerra non ha mai avuto il tipo d’influenza di massa che ha avuto per esempio il PCI in Italia. Nel corso del tempo, tuttavia, esso ha dimostrato di essere un partito radicato nella classe lavoratrice, soprattutto nelle fabbriche e nelle municipalità, e questo grazie a una politica in rappresentanza degli interessi di classe, e grazie al prestigio e credibilità di alcune sue personalità che hanno saputo elaborare e mantenere posizioni assolutamente rispettabili. Le crisi politiche e ideologiche degli anni 50 e 60 hanno condotto – come in altri paesi – a un ulteriore indebolimento del partito. Si può dire che sin dagli inizi degli anni 70 abbia avuto inizio – o meglio, si è dovuto cominciare – un processo di ricostruzione. Dopo una fase di dibattito durata circa un decennio, con tutta una serie di conferenze programmatiche, è stato avviato un tentativo di ridefinizione finalizzato ad un adeguamento ai tempi. Tutto ciò è culminato, nel 1982, con la stesura di un programma del partito, dal titolo “Un socialismo dai colori austriaci”. Il nocciolo di questo programma consisteva in una solida analisi marxista della realtà capitalistica austriaca. La “cogestione sociale” (una forma di cooperazione istituzionalizzata fra sindacati e capitale sorta dopo il 1945 e che informalmente aveva funzionato come un vero e proprio governo parallelo) era definita un “sistema di dominio del capitale”, il cui scopo principale era l’implementazione degli interessi del capitale monopolistico. Conseguentemente, l’obiettivo della creazione di un’unità d’azione e di un sistema di alleanze di carattere antimonopolistico veniva indicato come il compito più importante dei comunisti. Il riferimento ai “colori austriaci” del titolo del programma si spiega con l’enfasi posta (anche allora non a tutti così evidente) sulla natura dell’ Austria come Stato indipendente e pure sulla convinzione che si dessero vie autonome al socialismo, fondate sulle specificità nazionali. Questo programma, formulato nel 1982, è stato l’ultimo programma complessivo formulato dal KPÖ.

Nel 1990, al XXVII congresso del partito, lo storico leader del KPÖ Franz Muhri consegnava la direzione del partito a Walter Silbermayr e Susanne Sohn, i quali, tuttavia, un anno dopo non solo si dimettevano dai loro incarichi ma, insieme a un terzo del Comitato centrale, lasciavano il partito. Centinaia di militanti – soprattutto giovani – li seguirono, il che rappresentò una perdita enorme per un partito che già non era molto grande. Il tentativo effettuato da parte di questo gruppo di creare una formazione riformista fuori dal partito comunista si è ben presto concluso in un nulla di fatto. Molti dei protagonisti di quella vicenda hanno successivamente abbandonato del tutto l’attività politica. In breve, sotto lo slogan del “rinnovamento”, il gruppo di Silbermayr incarnava una politica revisionista, che si sarebbe conclusa con l’autodissoluzione del partito comunista. Il partito allora non era preparato a seguire quel corso, ed era chiaro che la direzione non avrebbe trovato sostegno per quelle sue posizioni al congresso del partito. Perciò essi si dimisero, non senza tuttavia accusare il KPÖ di “stalinismo”, ottenendo il plauso della stampa borghese e socialdemocratica.

Il successivo XXVIII congresso del partito (1991, Graz) elesse una direzione collettiva, di cui facevano parte, tra gli altri, l’attuale leader della KPÖ Walter Baier in qualità di segretario, e l’estensore di questo articolo come portavoce nazionale per le questioni del lavoro e gli affari sociali. Anche allora fu ben presto evidente che il gruppo attorno a Baier stava perseguendo una politica di esclusione nei confronti dell’ala sinistra del partito (per esempio, venne impedita l’elezione alla direzione del partito del noto teorico Ernst Wimmer, assai conosciuto anche fuori dall’Austria). Allo stesso tempo si era tutti uniti nel ritenere che un reale rinnovamento delle strutture e della politica del partito fossero una necessità urgente. Successivamente, tuttavia, si sono palesati accenti assai differenti: mentre in particolare in Stiria il partito perseguiva con successo una politica di rafforzamento nelle amministrazioni locali e sui posti di lavoro, in molte delle altre organizzazioni regionali si sono concentrati su altre questioni (oggi si direbbe su questioni relative alla “società civile”). E in questo risiedeva già il nocciolo del successivo corso della crisi.

CRISI POLITICA E CRISI FINANZIARIA

Accanto alle divergenze riguardo alla prospettiva e all’orientamento politico, nel partito sono venuti al pettine altri due nodi strettamente collegati. In primo luogo, quello delle finanze. Con l’aiuto dei paesi socialisti, il KPÖ aveva creato un notevole complesso di aziende controllato attraverso fiduciarie, cosa che lo aveva reso uno dei partiti più ricchi dell’Europa occidentale. Questo fatto tuttavia non presentava affatto solo vantaggi, perché in corrispondenza con ciò l’apparato di partito era sovradimensionato (in rapporto all’influenza dei dirigenti e dei membri). Il crollo dei paesi socialisti ha così determinato una nuova realtà cui far fronte. Gran parte degli introiti (che proveniva soprattutto dall’attività commerciale fra paesi socialisti e imprese di Stato austriache) è venuto meno. Inoltre, contestualmente all’annessione dei beni della DDR la Repubblica Federale Tedesca ha rivendicato la proprietà dell’azienda commerciale Novum, con sede a Berlino (DDR), e ha quindi bloccato gran parte dei beni del KPÖ. Le corti tedesche hanno poi, in ultima istanza, approvato l’esproprio ai danni del KPÖ. Non per questo il KPÖ si è trasformato in un partito povero, ma ormai la maggior parte dei suoi beni erano andati perduti, Una causa legale riguardante alcuni di questi beni è ancora in corso in Svizzera. Quel che era chiaro già nella prima metà degli anni 90, era che il partito doveva affrontare una profonda riforma strutturale interna. In tal senso, la linea tenuta dalla direzione guidata da Walter Baier era, per dirla in maniera gentile, estremamente contraddittoria. Ad ondate successive l’apparato del partito è stato ridotto, licenziando dipendenti e chiudendo aziende del partito, il che non è certo una cosa piacevole per un partito comunista. Allo stesso tempo, tuttavia, i “progetti prediletti” del gruppo di Baier – come la pubblicazione di un nuovo settimanale successivamente chiuso – furono lautamente finanziati. L’organizzazione regionale della Stiria, ma anche i rappresentanti di realtà “politiche della classe operaia” operanti in altre organizzazioni collaterali hanno dovuto lottare per conservare i fondi esistenti per poter rafforzare la rappresentanza politica alle proprie radici e per poter poi ricominciare a ricostruire il partito dal basso.

In secondo luogo, lo stile di direzione. Se il XXVIII congresso del partito aveva consapevolmente deciso per una direzione collettiva, presto fu evidente che questo non era nella pratica possibile. Con toni quanto mai arroganti, il gruppo intorno a Walter Baier ha represso e messo a tacere tutte le opinioni differenti. A quel punto, come membro della direzione del partito, sono giunto alla conclusione che si era formata “una cricca” che stava governando informalmente il partito, e nel 1993 mi sono dimesso dal mio incarico. Al successivo XXIX congresso del partito Walter Baier è riuscito a farsi eleggere leader del partito. Dopo poco, il presidente del partito regionale della Stiria, Franz Stefan Parteder, si è dimesso dalla funzione di vice-presidente del partito. Anche per lui – questa la motivazione –una cooperazione fruttuosa con il gruppo di Baier non era più possibile. Da allora, decine di compagni critici hanno lasciato, di propria iniziativa o per essere sostituiti, incarichi di rilievo. Va detto che all’interno del partito la tolleranza verso questo tipo di direzione è andato velocemente diminuendo. Ai due successivi congressi del partito (il XXXI nel 2000 e il XXXII nel 2003) Baier è stato eletto con la risicata maggioranza del 50%, cosa che nella maggior parte degli altri partiti avrebbe costituito un buon motivo per rassegnare le dimissioni. Inoltre nel 2003 è stata eletta una direzione composta da sole sette persone, perché nessun altro candidato aveva ottenuto il quorum richiesto. La crisi nel partito aveva raggiunto il culmine. Niente può illustrare meglio questo giudizio sullo stile di direzione autoritario e antidemocratico del gruppo di Baier dei successivi sviluppi: uno dopo l’altro, cinque dei sette membri della nuova direzione si sono dimessi dalle loro funzioni. In Carica sono rimasti soltanto Baier e il suo segretario finanziario Michael Graber.

Questa direzione composta da due persone ha deciso allora di tenere il XXXIII congresso del partito (dicembre del 2004), ma non – come deciso nel precedente congresso – un congresso unitario di tutti gli iscritti ma un “congresso di delegati”. Questo “congresso di delegati” ha avuto luogo in assenza dell’intera opposizione del partito e di due organizzazioni regionali (fra cui quella della Stiria, che stava riscuotendo successi) che si sono rifiutate di partecipare. In tal modo ne è scaturita senza sforzo alcuno “una maggioranza” favorevole alla politica e alla persona di Baier. I circa 80 delegati presenti si sono divisi tra loro in circa 40 diverse posizioni. I delegati erano stati eletti in base a dati sul tesseramento assolutamente non realistici, soprattutto a Vienna. In alcune riunioni erano presenti meno iscritti dei delegati che sono stati eletti.

I due precedenti congressi si erano già tenuti come congressi di iscritti in ragione delle piccole dimensioni del partito (la direzione parla di 3000 iscritti, ma in realtà sono forse 1000-1500), e vi avevano partecipato circa 400-500 compagni. Nel frattempo (almeno secondo tutti i gruppi di opposizione) era diventato chiaro a Walter Baier che non avrebbe più ottenuto il 50% o poco più dei consensi come presidente, ma che ne avrebbe ottenuto ancor meno. Questo il motivo del congresso di delegati. Infatti un sistema di delega basato su dati non verificabili dell’insieme degli iscritti non riflette affatto la realtà del partito. Giusto un esempio: nella città di Graz, il KPÖ attualmente ha più di un quinto dei voti; espresso in consiglieri, questo significa 12 consiglieri locali e 25 consiglieri di distretto. Al congresso del partito, tuttavia, i compagni di Graz sarebbero stati rappresentati da cinque-sei delegati, per cui hanno rinunciato a partecipare. L’organizzazione del partito di Vienna invece avrebbe fornito quasi la metà dei delegati; infatti, benché non abbia alcun consigliere locale o comunale (dal 2005 ha due consiglieri di distretto), sulla carta essa ha un “alto” numero di iscritti. Questo congresso del partito e i relativi risultati hanno avuto conseguenze devastanti. Sono passate nuove regole che hanno facilitato l’espulsione di iscritti, è stato adottato un nuovo programma il cui riconoscimento è condizione per mantenere l’iscrizione al partito, ed è subentrata una nuova direzione che non include alcun rappresentante dell’organizzazione regionale politicamente più rilevante, il KPÖ della Stiria, né tantomeno alcun rappresentante critico verso la direzione del partito.

Le reazioni a tutto ciò sono molteplici. La direzione del KPÖ della Stiria ha approvato una risoluzione con la quale non riconosce la validità di questo congresso del partito e le sue conclusioni. In pratica, questo significa che ci sono due partiti in uno, e che entrambi fanno ciò che vogliono. Ma non c’è nemmeno un’indicazione che il partito della Stiria romperà con il partito nazionale o spingerà per la convocazione di nuovo congresso. Politicamente, da una parte, questo è comprensibile: dopo i recenti risultati elettorali – 20% nel voto a Graz, 10% e più nei centri industriali più importanti, il ritorno nel consiglio regionale dopo decenni di assenza – la posta in gioco è grande. D’altra parte, ignorare il proprio partito nazionale non può essere certo un modo per andare avanti. Sulle questioni essenziali, come quella dell’ingresso dell’Austria nell’UE o quella sul Partito (UE-conformista) della Sinistra Europea, vi sono posizioni completamente divergenti. Sin dall’inizio il KPÖ della Stiria è sempre stato contrario all’adesione del KPÖ al partito della Sinistra Europea. Esso viene descritto come una forza di “opposizione di sua maestà”, e inoltre, contrariamente alla direzione nazionale del partito, si oppone risolutamente anche all’UE.

In tutte le altre regioni in gran parte l’opposizione è stata espulsa dal partito e bollata come “stalinista”; varie organizzazioni sono state dissolte, finora circa 20 compagni sono stati espulsi e centinaia si sono dimessi o ritirati dall’attività. In molte zone del paese, ma soprattutto nella capitale Vienna, il KPÖ è praticamente morto dal punto di vista politico, le sue strutture di base non esistono più, e questo in un momento in cui il clima politico non è affatto sfavorevole a una politica comunista.

Un esempio: tre settimane dopo che il KPÖ della Stiria ha fatto scalpore conquistando quattro seggi nel Parlamento provinciale (aumentando dall’1 al 6.34%), il KPÖ nelle elezioni regionali di Vienna ha incrementato il proprio risultato assai più modestamente, dallo 0.7 all’1.5%). Ernst Kaltenegger, il principale candidato del KPÖ in Stiria, si è trasformato in una figura di rilievo nazionale. Anche precedentemente, come consigliere responsabile per gli alloggi comunali a Graz, egli aveva ottenuto un alto grado di consensi, che ha sistematicamente utilizzato a favore dei poveri e – come tutti i consiglieri del KPÖ della Stiria – ha devoluto gran parte del suo stipendio per obiettivi sociali. Come ho già ricordato, il KPÖ a Graz ha ricevuto nelle ultime elezioni comunali il 20.75% dei voti. In tutti gli altri capoluoghi di provincia il KPÖ ha ottenuto fra lo 0.7 e l’1.8%, e in nessuna realtà è rappresentato in un consiglio comunale.

NASCE INIZIATIVA COMUNISTA

In considerazione dell’impossibilità, al di fuori della Stiria, di portare avanti politiche che la direzione nazionale non approva, nel gennaio 2005 si è dato vita a Iniziativa Comunista (KI), nel cui appello fondativo si dichiara: “Vogliamo dar vita a un’organizzazione che: – riunisca quelle forze che vogliono sviluppare una forza organizzata sulla base del pensiero di Marx, Engels e Lenin; – rappresenti una struttura comunista indipendente, il cui scopo sia quello di fornire agli operai ‘la coscienza della loro condizione, per dar loro e per consentigli di mantenere le capacità fisiche e psicologiche di combattere’ per realizzare lo scopo di una società senza classi, il comunismo; – sappia costruire un’unità tra la quotidiana lotta contro il capitale, per i diritti degli operai e la critica dell’ordine esistente; – abbia chiaramente coscienza di sé come forza anti-imperialista, capace di opporsi in Austria e internazionalmente all’imperialismo e alla guerra; – sappia collegare la lotta per i diritti delle donne contro lo sfruttamento e la specifica oppressione di genere con la lotta contro il sistema capitalista; – concepisca sé stessa come forza rigorosamente internazionalista e che si opponga a ogni forma di discriminazione razzista ed etnica; – sappia collegare tra loro gli interessi di tutte le generazioni, i giovani come i vecchi, in una lotta comune contro lo sfruttamento, la povertà e la repressione; – si fondi sulle tradizioni e sulle esperienze della lotta di classe, in Austria e in tutto il mondo, in quanto parte della positiva tradizione comunista e antifascista per decenni sviluppata dal KPÖ; – si opponga all’arbitrarietà revisionistica e alla distruzione del partito comunista attualmente in corso da parte della direzione del KPÖ.

Noi ci battiamo per un’unità nell’azione fra tutte le forze di sinistra marxiste, comprese le forze di classe presenti all’interno del KPÖ. Vogliamo partecipare ad ampie alleanze i cui obiettivi siano più generali e non solo patrimonio della “sinistra”.

Iniziativa Comunista (KI) è un tentativo. Riuscirà soltanto se sarà coinvolto il massimo numero possibile di coloro che si preoccupano per un nuovo sviluppo della capacità d’azione dei comunisti in Austria.”

Da quel momento KI si è sviluppata come un’organizzazione indipendente e parallela al KPÖ. La KI è stata in grado di partecipare attivamente come forza combattente antimperialista in tutti i più importanti movimenti extra-parlamentari sviluppatisi nel 2005. Importanti questioni internazionali come la campagna di petizioni contro la “dichiarazione maccartista” del Parlamento Europeo sono state prese in mano soprattutto – e a volte soltanto – dalla KI. Sono soprattutto giovani compagni a impegnarsi in KI, peraltro non solo provenienti dal KPÖ ma anche dai socialisti di sinistra o militanti di sinistra senza partito. KI è ancora una piccola organizzazione, anche per il fatto che le strutture devono essere create e ricostruite, e questo soltanto sulla base di lavoro volontario,di donazioni e quote di iscrizione. Nel frattempo il KPÖ non ha esitato a ricorrere alla legge borghese contro la KI. Siamo stati sommersi da una valanga di cause legali quando abbiamo dettagliatamente riferito il modo in cui il KPÖ aveva venduto a un personaggio con un retroterra di estrema destra uno stabile che era precedentemente utilizzato dalla gioventù autonoma e per progetti culturali. Con decisione unanime della direzione provinciale del KPÖ della Stiria questo modo di procedere è stato condannato ed è stato chiesto il ritiro delle denunce. Ricapitolando, possiamo dire che, mentre la politica del KPÖ nazionale segue la corrente egemone dei partiti di sinistra europei e dei loro capi quali Bisky e Bertinotti, l’organizzazione collaterale in Stiria del KPÖ sta perseguendo una propria ”politica operaia” con grande successo nelle municipalità e nelle fabbriche. Il KPÖ della Stiria è ora così forte che in termini politici reali la direzione di Baier non può toccarlo. Per le prossime elezioni parlamentari nazionali (autunno 2006) il partito nazionale ha bisogno dei compagni della Stiria e non viceversa. In ogni caso, per il momento sembra che si continuerà con la reciproca “tolleranza”. Accanto a questo c’è Iniziativa Comunista, come nuova e autonoma organizzazione che (ancora) non ha assunto il carattere di partito. L’obiettivo programmatico comune formulato dal KPÖ della Stiria e da Iniziativa Comunista è la creazione di un partito marxista della classe lavoratrice in Austria. Il KPÖ della Stiria già ha il profilo di un simile partito, ma non è ancora pronto per rompere con il KPÖ di Baier. Anche per questo, tra l’altro, vi è la necessità di sviluppare un’organizzazione marxista-leninista, com’è KI, al di fuori del KPÖ. L’obiettivo del partito nazionale è d’altra parte quello di essere un partito ”femminista” e “pluralista”. La ricerca di un nuovo “soggetto” che sostituisca la politica di classe, e quel che resta è arbitrarietà postmoderna. Il presidente Baier è stato recentemente citato dal quotidiano conservatore Die Presse per aver detto che il KPÖ ha superato il “totalitarismo”.

Risultati ottenuti dal KPÖ nelle ultime elezioni comunali nei capoluoghi regionali

Graz, 20,75% – 22.425 voti (2003);
Klagenfurt, 1,86% – 804 voti (2003);
Salisburgo, 1,63% – 1.019 voti (2004);
Linz, 1,53% – 1.355 voti (2003);
Vienna, 1,47% – 9.969 voti (2005);
St. Pölten, 0,83% – 231 voti (2001);
Innsbruck, 0,7% – 314 voti (2000).

Risultati più recenti del KPÖ nelle elezioni provinciali

Stiria (2005), 6,34% – 44.274;
Vienna (2005), 1,47% – 9.969;
Austria superiore (2003), 0,78% – 6.119;
Austria inferiore (2003), 0,77% – 7.074;
Tirolo (2003), 0,70% – 2.024;
Carinzia (2004), 0.59% – 1.951.

Risultati nelle province nelle elezioni parlamentari del 2002

Stiria, 0,97% – 7.080;
Vienna 0,63% – 4.928;
Tirolo, 0,57% – 2.131;
Carinzia, 0,53% – 1.763;
Austria superiore, 0,47% – 3.876;
Austria inferiore, 0,46% – 4,535;
Salisburgo, 0,43% – 1.210;
Vorarlberg, 0,37% – 701;
Burgenland, 0,25% –464.

Siti dove è possibile trovare informazioni su Iniziativa Comunista: www.kommunisten.at e www.kominform.at
(entrambi i siti sono in tedesco, con alcuni articoli in inglese).