Sul 22° Congresso del Partito Comunista Giapponese

Fra le numerose differenze politiche che distinguono le due maggiori potenze capitaliste del mondo, raramente viene messo in evidenza il peso delle forze di sinistra, e specificamente quello dei comunisti. Contrariamente agli Stati Uniti, in Giappone esiste infatti un forte partito comunista (11,2% e 7 milioni di voti nelle elezioni del 2000). Se la modesta influenza dei comunisti canadesi, tedesco occidentali e britannici avvicina piuttosto queste altre grandi potenze agli Stati Uniti, occorre giustamente rilevare che al contrario in Francia, Italia e Spagna permangono tradizioni comuniste non trascurabili. Ma il caso giapponese sorprende per questa particolarità, non trattandosi qui dei resti in declino di un glorioso passato, ma al contrario di un recente recupero di influenza, senza precedenti nella sua stessa storia1, e che oggi incontestabilmente il partito comunista giapponese è il più forte PC delle grandi potenze capitalistiche
Senza voler indicare un fattore unico e dominante per spiegare il recente successo del PC giapponese, segnaliamo che esso si basa su una lunga e profonda pratica di lavoro militante, paziente e ben strutturato nella società civile, nei sindacati, nelle istituzioni locali. Questo lavoro non è stato ininterrotto. Quando nel 1945 il PCG è arrivato alla legalità, usciva da ventitré anni di vita clandestina e repressa durante i quali fu praticamente il solo ad opporsi al regime monarchico e imperialista. Il suo successo tuttavia fu di breve durata. Nei 1950 i comunisti giapponesi si divisero. La guerra fredda e il dibattito politico interno fecero crollare i suoi effettivi a 36.000 iscritti. Questa crisi ha ancora oggi delle ripercussioni. Gli attuali dirigenti comunisti giapponesi collocano la loro derivazione dalla corrente che si oppose allora alla direzione e, segnatamente, a una linea elaborata da Mosca e Pechino che mirava ad impegnare il partito giapponese ed altri partiti asiatici nella lotta armata contro l’occupazione americana. L’ostilità all’”avventurismo” di questa linea e la volontà di “indipendenza” si imposero nei successivi congressi del 1958 e1961. Questi congressi sono tuttora considerati come il fondamento politico dell’attuale PCG2.
Il partito determina dunque la sua identità nel quadro di una strategia che si può assimilare ai principi della via democratica al socialismo (“rivoluzione della maggioranza”, “cambiamenti democratici nel quadro del capitalismo”). Durante il conflitto cino-sovietico, i due grandi si contesero l’influenza in Giappone. Il PCG denunciò le ingerenze e ruppe con il PCUS e il PCC rispettivamente nel 1964 e nel 1967. In seguitò denunciò il regime sovietico e segnatamente “l’occupazione delle isole Chishima, l’ingerenza nel movimento progressista giapponese, l’invasione della Cecoslovacchia”, e condannò egualmente la rivoluzione culturale cinese. Quando apparve il movimento “eurocomunista”3 furono messe in evidenza le somiglian ze.
Durante tutto questo periodo il PCG registrò una crescita costante fino al 1970 (10,8%), prima di misurarsi con un lento declino fino al 7,7% del 1993. Fino a questa data, sia pure con variazioni più o meno pronunciate, il livello elettorale dei comunisti giapponesi non era molto lontano dalla media europea.
Ciò che lo ha in seguito distinto è stata la impennata storica dell’ottobre 1996 (13,1% con 7.260.000 voti), ottenuta sulle macerie di un Partito socialista che, screditato dal suo passaggio al governo, cadde dal 30% del 1990 al 6% del 1996. Questo risultato dei comunisti fu confermato da un’avanzata spettacolare a Tokio, con il 21,3% ed il raddoppio dei seggi, e nelle senatoriali del 1998 (8,2 milioni di voti e 14,6%). E se questo livello non è stato mantenuto, la posizione è stata sostanzialmente consolidata cinque anni dopo con il risultato del 25 giugno 2000: 6.719.000 voti nello scrutinio proporzionale (11,25) e 7.352.000 nello scrutinio uninominale a turno unico (12,1%), il che consente tutt’ora al PCG di superare in modo netto il Partito socialdemocratico che ha ottenuto rispettivamente il 9,4 e 3,8%. Sono rari oggi i Paesi in cui la corrente comunista supera elettoralmente la corrente socialdemocratica.

Percentuale del PCG nelle elezioni

Un nuovo posto nella vita politica giapponese

Malgrado il suo leggero regresso nelle elezioni del giugno 2000, il PCG gioca un nuovo ruolo in Giappone grazie alla sua forza elettorale e istituzionale (è il primo partito nelle elezioni locali con 4455 rappresentanti). Ma è un ruolo che inquieta, come dimostra la recrudescenza delle campagne anticomuniste che puntano a screditare il suo passato.
È in questo contesto che il PCG ha riunito il suo 22° congresso dal 20 al 24 novembre 2000 alla presenza di mille delegati, con una incidenza più alta che mai di giovani e donne, e di 28 osservatori stranieri rappresentanti di 18 partiti.4
Il lungo periodo di completo isolamento politico appare oggi decisamente superato5, come ha del resto dimostrato un voto parlamentare all’indomani stesso dell’apertura del congresso6. Ciò permette al PCG di nutrire per il XXI secolo ambizioni governative, che esso traduce nella proposta di una “Coalizione democratica” destinata a realizzare progressi in campo sociale e democratico e ad opporsi “all’imperialismo USA e ai monopoli giapponesi”. Esso combatte il capitalismo giapponese, che definisce “senza regole”, denuncia la sua totale subalternità agli interessi delle grandi imprese non solo a detrimento dei salariati ma anche delle piccole e medie imprese, dei subappaltatori, dei commercianti, che sono alla mercè delle decisioni dei giganti dell’economia giapponese. Esso denuncia inoltre la disoccupazione, per contrastare la quale propone la riduzione dell’orario di lavoro e in particolare con il divieto delle ore straordinarie non retribuite.
Il PCG si prepara ad una partecipazione al governo in questo inizio secolo, e questo l’ha spinto a decidere degli adattamenti di programma. Uno di questi è stato il principale tema di contestazione nella preparazione del congresso: si tratta della proposta per un “progressivo smantellamento delle Forze di autodifesa giapponese”. La discussione è stata provocata dal termine “progressivo”. Come conseguenza della sua sconfitta nel 1945, il Giappone non ha il diritto di disporre di vere e proprie forze armate (art. 9 della Costitu-zione) e ha cercato di aggirare questo divieto con la creazione delle Forze di autodifesa. Il PCG assegna a questo articolo della Costituzione, frutto della vittoria contro il suo proprio imperialismo7, una importanza primordiale. Esso reclama lo scioglimento di queste forze per incostituzionalità, ma anche perché le considera subordinate agli USA e destinate ad operazioni esterne. Il cambiamento introdotto nella sua analisi politica è direttamente legato al suo nuovo ruolo politico e in particolare alla prospettiva di una alternanza al governo a breve termine. Collocandosi nella prospettiva di una partecipazione al governo, il PC crede che per difende re la sovranità nazionale, che sarà senza dubbio più minacciata nel caso di un governo di “coalizione democratica”, il popolo giapponese non comprenderebbe il fatto che un simile governo non vi facesse appello. Questa tesi – valuta il PCG – è contraddittoria, ma la contraddizione – aggiunge – risiede nella real tà e non nella sua politica e non rappresenta che una tappa prima dello smantellamento definitivo.

Una accresciuta attività internazionale

Questa nuova posizione riflette al tempo stesso le prospettive di governo e l’inquietudine di fronte all’imperialismo americano, rafforzata dai bombardamenti contro la Jugoslavia che il PC ha vivamente condannato.
In effetti, nell’ultimo periodo il PCG ha considerevolmente accresciuto la sua attività internazionale. Il fatto più rilevante è il solenne ristabilimento dei rapporti con il PC cinese avvenuto nel giugno 19988, e il successivo moltiplicarsi dei legami fra i due partiti. Questo riavvicinamento è legato all’attenzione politica e teorica del PCG per il socialismo. Esso accorda una grande “importanza al fatto che un quarto della popolazione mondiale vive in Paesi che hanno rotto con il capitalismo”.
Esso si mantiene prudente sulla caratterizzazione di questi regimi “socialisti”, li colloca in un processo di transizione ma ”non condivide il punto di vista secondo cui l’introduzione dell’economia di mercato in Cina e in Vietnam significa un ritorno al capitalismo”. Da questo punto di vista il PCG fa anche riferimento alla NEP e a Lenin che la vedeva come “una politica di transi zione verso il socialismo”. Il suo sguardo sul XX secolo è un bilancio inserito nel programma del partito: “con l’avvento del XX secolo il capitalismo mondiale è entrato nella fase del capitalismo monopolistico e dell’imperialismo. Nel corso del secolo la ricerca della pace nel mondo, dell’autodeterminazione nazionale e del progresso sociale ha conosciuto certamente un avanzamento, malgrado numerosi rivolgimenti e zig- zag.

Preoccupazione per il partito e la sua stampa

Paradossalmente, il numero degli effettivi del partito non solo non ha seguito quello dell’elettorato ma è nettamente diminuito.Con 360.000 iscritti nel 19999, il calo è stato del 25% in 10 anni10.
Il partito se ne preoccupa, ancor più in vista dell’obiettivo del raddoppio stabilito nell’ultimo congresso, sulla scia dei successi elettorali. Nel 2000, tuttavia, gli sforzi hanno prodotto qualche risultato, con un recupero a 386.517 iscritti (dei quali 11.000 reclutati dopo luglio) suddivisi in 26.000 organizzazioni di base.
Questo problema è legato a quello della stampa. Se i dati sulla diffusione del giornale del partito Akahata, segnatamente nella sua edizione domenicale, possono a ragione far sognare nel resto del mondo – 600 mila copie durante la settimana e 2 milioni diffusi unicamente attraverso la vendita militante (140.000 volontari) poiché una legge vieta la diffusione della stampa comunista nelle edicole11 – il calo degli ultimi anni preoccupa il PCG (800.000 lettori perduti). Per questo il congresso ha adottato alcune misure destinate al risanamento della diffusione.

Convincimento e fiducia

Per facilitare l’allargamento del partito si è proceduto alla prima grande modifica dello statuto dal 1958, al fine di semplificarlo e ricollocarlo nel nuovo contesto. È scomparsa la nozione di “avanguardia”; il PCG si definisce pertanto come “il partito della classe operaia e del popolo giapponese”12; esso “considera il socialismo scientifico come il suo fondamento teorico (…), suo principio organizzativo è il centralismo democratico”. “Sicuro di un avvenire socialista e della sua bandiera”, il PCG confida nel fatto che “l’Asia diventerà una regione molto importante per la causa del progresso sociale nel XXI secolo e per l’avanzata verso il socialismo”13.
La particolarità dei comunisti giapponesi confuta di per sé la tesi di numerosi ideologi sul carattere ineluttabile del declino dei PC, a cominciare da quelli dei Paesi sviluppati. Provenendo da un Paese asiatico, questo dato obbliga i comunismi europei occidentali e nord-americani a tenerne conto nelle loro riflessione.
Con il loro ultimo congresso i comunisti giapponesi hanno smentito anche un’altra tesi, quella secondo cui i PC non possono progredire se non rinnegandosi di continuo. È ben noto quanto successo, alla svolta degli anni ’90, questa tesi abbia avuto tra le forze derivate dalla tradizione comunista. Interrogato sulle ragioni del successo del suo partito, il Presidente del PCG lo ha attribuito a quattro fattori: la pulizia (il PCG è totalmente indipendente dal punto di vista finanziario anche nei confronti dello Stato, del quale rifiuta i finanziamenti), l’onestà, la coerenza di fronte allo sconquasso degli altri partiti, l’efficacia delle sue organizzazioni di base14.
In altre occasioni, i comunisti giapponesi avevano in maggior misura attribuito il loro successo alla loro indipendenza, sottolineando che erano l’unico fra i partiti giapponesi ad essere credibile da questo punto di vista. Il PCG aveva anche fatto dell’ ostilità verso lo “sciovinismo” e l’”egemonismo”dell’Unione Sovie-tica uno dei suoi elementi di identità. La normalizzazione delle relazioni con i sovietici è venuta del resto soltanto il 24 dicembre 1979: tre giorni prima dell’intervento in Afghanistan, che suscitò la collera dei giapponesi ed il ritorno alla situazione precedente. Malgrado una schiarita nel 1985, il PCG si lamentò ancora di nuovi tentativi di ingerenza da parte del partito sovietico in piena perestroika. Nel 1991 contestò Gorbaciov, Eltsin ed i “conservatori” riponendo le sue speranze nel “ricorso al socialismo scientifico per aprire una via progressista che servirà gli interessi del popolo”. Quando il regime sovietico è scomparso ed il PCUS è stato sciolto, il PC giapponese se ne è apertamente rallegrato.
Senza rinnegare le sue posizioni ma con un tono differente, il PCG ha avviato negli ultimi anni, in modo risoluto, un riavvicinamento con questi stessi partiti. Nel giugno 1998 il ristabilimento delle relazioni con il PC cinese ha assunto la forma di una vera riconciliazione, con il riconoscimento da parte dei cinesi dei loro torti. Il comunicato finale affermava; “La parte cinese ha compiuto un serio esame ed una rettifica relativamente al fatto che nelle relazioni bilaterali con il PCG la parte cinese, influenzata dal clima internazionale degli anni 1960, della Grande rivoluzione culturale in Cina e da altre ha preso delle misure che erano incompatibili con i quattro principi che regolano le relazioni da partito a partito, in particolare il principio della sua ingerenza negli affari interni di ciascuno. La parte giapponese ha apprezzato l’atteggiamento sincero della parte cinese. Le due parti riconoscono che grazie a questi colloqui la questione storica che è esistita fra i due partiti è stata fondamentalmente risolta e si sono accordate per normalizzare le relazioni PCG-PCC”.
Nel novembre 2000 l’allacciamento di rapporti con il PCFR di Russia, avviato all’inizio dell’anno, ha condotto alla sua prima partecipazione ad un congresso del PCG. Poco dopo l’invito reciproco del partito giapponese a Mosca è stato da quest’ultimo fortemente sottolineato.15
Questa recente evoluzione del consolidamento dei legami del PCG con i partiti comunisti del mondo intero e la sua scelta per il socialismo per il XXI secolo indicano chiaramente un orientamento diverso dalla evoluzione di altre formazioni scaturite dalla tradizione comunista, che cercano al contrario di interrompere o allentare questi legami. La specificità politica dei comunisti giapponesi permette di valutarne meglio le ripercussioni.
Tenuto conto del peso del Giap-pone nel mondo e della sua collocazione geopolitica nel cuore dell’Asia, che assomma la maggior parte della popolazione mondiale, e della vicinanza con Paesi tanto diversi e decisivi come la Cina, la Russia e l’India, l’influenza del partito comunista giapponese e la sua evoluzione non possono sfuggire ad una approfondita analisi politca.

Note

(1) Negli anni ’70, quando il partito comunista giapponese superava di poco il 10%, il PCI otteneva intorno al 30%, il PCF il 20% ed il PCE il 10%. I comunisti di questi paesi contano attualmente fra un quarto e la metà di questa influenza.
(2) Sulla percezione della sua storia da parte del PCG leggere Japan Press Weekly, il suo giornale in lingua inglese, numero speciale di ottobre 2000.
(3) Se dei punti di convergenza sono allora apparsi evidenti in Europa, il regresso consente di esaminare anche le differenze: gli eurocomunismi italiani e spagnoli hanno in maggioranza aderito, successivamente, alla Internazionale socialista, i giapponesi sono rimasti comunisti. Da notare anche come questa posizione di indipendenza sia stata parimenti adottata, nello stesso periodo, da altri partiti asiatici come il Partito comunista indiano (marxista), completamente estranei all’eurocomunismo.
(4) Questo numero è modesto se comparato alla tradizione di altri partiti. Il 22° congresso si è riunito alla presenza di rappresentanti dei PC francese, britannico, italiano, cubano, greco, spagnolo srilanchese, cèco, cinese, tedesco, vietnamita, portoghese, sudafricano, laotiano, russo ed inoltre dei due PC indiani, del PDS tedesco e del PRP messicano. Fra le novità della presenza straniera i PC di Russia (PCFR), Grecia (KKE) e Gran Bretagna (PCB).
(5) Il che è indirettamente all’origine della influenza attuale, poiché il PCG è servito come punto di raccordo per i moltissimi delusi, se non disgustati, della “politica” negli anni novanta.
(6) Una mozione di censura contro il governo Mori è stata presentata da quattro partiti fra cui il PCG. E’ stata respinta soltanto con 230 voti contro 170.
(7) Se il PCG usa volentieri questo concetto per definire un periodo precedente nella storia del Giappone, rifiuta però di utilizzarlo per definire il periodo attuale.
(8) “Incontro fra i Partiti comunisti di Cina e Giappone”, Correspondance Internationa
les” , 1998.
(9) Il paragone è difficile con i partiti europei, l’organizzazione giapponese è infinitamente più militante e strutturata.
(10) Il rapporto fra iscritti ed elettori è così passato da 1 a 10 a 1 a 20.
(11) E’ da notare che il numero degli abbonati al quotidiano è praticamente uguale a quello degli iscritti e che è logicamente diminuito nella stessa proporzione.
(12) Fra gli argomenti addotti per giustificare questo abbandono il PCG ritiene di non doversi vergognare del suo uso nel passato ma che il concetto di partito di avanguardia era “caratteristico di un certo periodo ma non era intrinseco al socialismo scientifico”. Il PCG mira essenzialmente a rassicurare il popolo giapponese sul fatto che esso non intende “guidare” il popolo giapponese e privarlo della sua sovranità.
(13) I testi completi del partito comunista giapponese sono disponibili su Internet.: http: //www.twics.com/-jpspress/ e nel settimanale in lingua inglese Japan Press Weekly.
(14) Intervista al Presidente del PCG Fuwa Tetsuzo da parte del Presidente dl Partito comunista tedesco (DKP) Heinz Sther apparsa simultaneamente sui giornali dei due partiti (9/02/01 per l’Akahata). Il bollettino in inglese del PCG segnalava nell’introduzione che la qualità delle relazione fra i due partiti datava segnatamente dal 1998, quando i comunisti tedeschi inviarono una missione di studio presso il PCG e pubblicarono al loro ritorno un libro che riprendeva i testi del PCG.
(15) Il messaggio del PCG al congresso del PCFR affermava in particolare: “Siamo felici che un rappresentante del vostro partito abbia assistito il mese scorso il 22° congresso del PCG e che, in tal modo, siano state formalmente stabilite le relazioni fra i nostri due partiti con degli scambi apprezzabili. (…) Nel nostro congresso noi abbiamo insistito sulla promozione di scambi con diversi partiti stranieri di differente orientamento politico sulla base dei tre principi della sovranità, della eguaglianza e della non ingerenza negli affari interni altrui. Continueremo a scambiare con franchezza i nostri punti di vista e nella misura del possibile unire i nostri sforzi. (…) Se i nostri due partiti apriranno un dialogo ragionevole sui problemi territoriali e la conclusione di un trattato di pace fra i due Paesi, ciò contribuirà allo sviluppo dell’amicizia fra i nostri due popolo”. Japan Press Weekly, 9/12/00.