Smontiamo il Ponte ancor prima di averlo costruito…

* responsabile dpt. Trasporti PRC

Una premessa è necessaria: davanti al dramma del terremoto che ha colpito le comunità abruzzesi, un Governo responsabile avrebbe dato la priorità alla ricostruzione dei paesi, delle città e alla prevenzione mettendo in sicurezza le strutture pubbliche a partire dalle scuole e dagli ospedali. Invece si continuano a finanziare con miliardi di euro le spese militari ( perfino la costruzione dell’F35) e le grandi opere come il Ponte sullo Stretto. Non basta la propaganda del Governo e della Società Stretto di Messina a nascondere tutti i limiti, le lacune del progetto e del piano finanziario presentati per dare il via libera al Ponte sullo Stretto. Il Ponte rimane un’opera dannosa e inutile dietro la quale si nascondono tre grandi bugie: che servirà allo sviluppo economico del Sud, che costituirà un efficiente sistema dei trasporti, che verrà realizzato con fondi privati. Ci troviamo invece di fronte a quella che sarà una gigantesca operazione finanziaria per le casse dello Stato, ad una cattedrale nel deserto con conseguenze irreversibili per il Mezzogiorno, per l’ambiente e per chi vive tra Scilla e Cariddi.

1. IL PONTE SARA’ PAGATO DALLO STATO

I privati non rischieranno un Euro perché il sistema proposto dal Governo prevede che sia la Società Stretto di Messina SpA (di proprietà di Fintecna e di altri soggetti pubblici come Fs, Anas, Regioni Calabria e Sicilia), attraverso una nuova concessione, ad avere l’incarico per la costruzione e gestione del progetto. Il finanziamento dell’opera sarà garantito da Fintecna di proprietà del Ministero del Tesoro, attraverso un aumento di capitale di 2,5 miliardi della Società Ponte sullo Stretto per coprire il 41% della spesa complessiva. I restanti fondi verranno chiesti al mercato nella forma di prestito sulla base del piano finanziario presentato dalla Società e vi rientreranno tramite i flussi previsti. Lo Stato si impegna a coprire i rischi, rimborsando a consuntivo i privati della differenza tra flussi previsti e reali. Tutto ciò vuol dire che Tremonti e Matteoli sono coscienti che il piano finanziario non è credibile ed è quindi necessario trovare un artificio contabile per tenerlo fuori bilancio dello Stato per non aumentare il debito pubblico e rinviare di alcuni decenni la restituzione degli oneri sugli interessi e sull’aumento dei costi. In questo modo lo Stato investe miliardi a fondo perduto che potevano essere utilizzati per altre opere più utili (per esempio le ferrovie siciliane, le risorse idriche, la portualità). Diversamente dal Tunnel sotto la Manica e il Ponte sull’Oresund, dove erano consorzi privati che investivano e rischiavano scommettendo sulla redditività della gestione, nessun privato verrà coinvolto nella gestione economica e nei rischi d’impresa di un opera che con gli oneri finanziari costerà almeno 6 miliardi di Euro.

Il Governo aggirando le direttive europee che obbligano alla gara per l’affidamento di nuove concessioni evita che con la gara si rendano noti i numeri dell’architettura finanziaria e quindi il rischio che vada de- serta; i motivi nascosti sono che il “progetto” è una miniera d’oro per chi lo gestisce, pagato a percentuale sull’opera più complessa al mondo. L’investimento da parte di Fintecna non avrà mai un ritorno perché anche nella migliore proiezione, almeno il 40% della spesa sarà a carico dello Stato.

2. SOVRADIMENSIONAMENTO DEI FLUSSI PREVISTI SUL PONTE

Questo è un aspetto fondamentale perché con la proiezioni dei flussi è stato costruito il piano finanziario. I dati presentati nel progetto risultano sovrastimati rispetto alle previsioni con una differenza che varia dal 25 al 60% in più a seconda dell’anno di riferimento e dello scenario considerato. Incredibilmente la Società Stretto di Messina ha giustificato tale proiezione sostenendo che sarà “l’effetto positivo provocato dalle opere della legge obiettivo e dal prolungamento dell’Alta Velocità ferroviaria fino a Reggio Calabria” a fare da traino. Ma i flussi previsti dalla Società Stretto di Messina sono in controtendenza rispetto a tutti i dati di questi anni. Il calo dei passaggi sullo Stretto di auto, moto e treni solo nel decennio 1990/2000 ha variato dal 6 all’8% in meno, mentre è aumentato il traffico aereo nel solo quinquennio 1995/2000 del 46% (fonte:Advisor). Dobbiamo rimarcare l’evidenza che il Ponte non rappresenta una valida alternativa per il traffico locale, visto anche che una volta sbarcati in Sicilia lo stato di strade e ferrovie rimane disastroso. Mentre per il traffico di lunga distanza ha negli aerei (per i passeggeri) e nelle navi (per le merci) una valida alternativa. Affermare che sarà l’Alta velocità a ripagare l’investimento, appare singolare. Il progetto di collegamento Reggio Calabria-Napoli ha un costo stimato da RFI in almeno 15mld di Euro e non è nel piano finanziario delle Ferrovie per i prossimi anni. Lo studio degli Advisor nominati dal Ministero dei Lavori Pubblici nel 2000 per valutare il progetti dimostra che il Ponte avrà una forte sottoutilizzazione stradale perché “non attrae in misura significativa nuovo traffico a media e lunga distanza, né lo sottrae al mare e all’aereo”. Nella valutazione economica manca inoltre una stima credibile di un fattore che ha determinato la crisi finanziaria del Tunnel sotto la Manica e crea problemi allo stesso Ponte sull’ Oresund: la concorrenza dei traghetti. Consideriamo che il traffico locale nello Stretto continuerebbe a far uso dei traghetti, in particolare quelli tra le due città, perché il percorso con il Ponte per via delle rampe di accesso allunga di qualche decina di chilometri e già oggi il 75 % degli spostamenti è senza macchina (il traffico pendolare locale non otterrebbe vantaggi significativi a causa delle congestioni in ingresso ed in uscita dalle città: circa 60 minuti dal centro di Reggio Calabria al centro di Messina). Quindi, per dare la priorità al Ponte lor signori dovranno fermare i traghetti e limitare lo sviluppo dei porti, altrimenti sarà un crack finanziario.

3. LE RICADUTE OCCUPAZIONALI

Le conclusioni del progetto del Ponte prevedono prospettive occupazionali straordinarie quanto indimostrabili. Già nella fase di cantiere l’impatto occupazionale previsto risulta quasi tre volte superiore a quanto analizzato dagli advisor. Da progetto 40.152, ma dagli Advisor 14.578. Inoltre mettendo a confronto l’impatto occupazionale del Ponte con interventi alternativi incentrati sul trasporto inter/multimodale si è addivenuti a sostenere che il potenziamento dei servizi di attraversamento genera un incremento occupazionale nelle attività direttamente legate al sistema di trasporto nell’ambito ristretto di Reggio Calabria e Messina, di circa 1.100 addetti rispetto allo scenario del Ponte e di circa 320 rispetto alla situazione attuale.

4. UN PROGETTO INCOMPLETO PER L’OPERA PIU’ COMPLESSA AL MONDO

Malgrado il Ponte venga presentato come l’infrastruttura tecnologicamente più complessa e avanzata al mondo, in grado di rilanciare e dare risalto all’ingegneria italiana, il progetto presentato risulta in larga parte pieno di lacune e sottovalutazioni rispetto agli aspetti più delicati e problematici:

– Manca una analisi approfondita e aggiornata della situazione geologica e sismica dell’area. Malgrado venga ribadito negli stessi elaborati che ci troviamo nell’area geologicamente e tettonicamente più attiva del Mediterraneo centrale non esiste uno studio quantitativo sulle faglie attive né della geodinamica profonda conseguente allo “scontro” di placche tettoniche diverse e delle relazioni con la struttura.

– Non è vero che gli studi a disposizione sono sufficienti per dare credibilità all’ipotesi tecnica proposta. Non esiste nessuna opera paragonabile per dimensione e complessità al mondo, né studi e simulazioni sui ponti a campata unica danno ancora oggi sicurezza sui risultati. A Londra il nuovo ponte pedonale “Millenium bridge”, lungo esattamente un decimo di quello sullo Stretto, subito dopo l’inaugurazione a Giugno 2000 è stato chiuso perché subiva dei movimenti e delle spinte laterali tali da renderlo pericoloso per la sicurezza. Il più importante studio di ingegneria al mondo (Foster, Ove Arup & Partners) ha dovuto rivedere il proprio progetto, rifare analisi e simulazioni, modificare le strutture per via delle sollecitazioni non previste.

– Il progetto presentato per la valutazione contiene lacune sostanziali tali per cui non sussistono le condizioni minime per una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi della Direttiva Comunitaria in vigore e del Decreto Legislativo 190/2002 perché non sono individuati e valutati gli effetti prodotti, sia in fase di cantiere (cave, discariche e depositi) che di esercizio, sulle zone di pregio tutelate dalle normative europee e da quelle regionali, in particolare sugli 11 Siti di Interesse Comunitario e alle 2 Zone di Protezione Speciale, alla Riserva naturale regionale di Capo Peloro- Ganzirri. Alcune opere fondamentali di collegamento al Ponte sono escluse dalla valutazione dello Studio di Impatto Ambientale, sul lato Calabria la variante ferroviaria della linea tirrenica in corrispondenza di Cannitello (che incrocia i pilastri), la variante dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria in corrispondenza di Piale, il collegamento alla linea ad Alta Capacità Salerno-Reggio Calabria, mentre sul lato Siciliano il tratto di collegamento stradale Annunziata-Giostra con relativi svincoli in corso di esecuzione. Non viene proposta una analisi delle alternative “sino all’opzione zero”, come richiesto dalla legislazione europea, approfondendo le valutazioni sul potenziamento dei collegamenti marittimi. Non sono state sviluppate valutazioni comparative con altre soluzioni a due o più campate o alternative che riguardassero le specifiche soluzioni per le parti di più rilevante impatto (torri e cantieri, blocchi di fondazione e collegamenti). L’unico confronto che viene proposto è quello tra il progetto predisposto nel 1992 e quello 2002, rispetto al quale si sostiene una riduzione complessiva degli impatti.

Lo studio di impatto ambientale è impostato attraverso un approccio che non consente di valutare quali siano le pesanti modifiche che un’opera quale il Ponte produce sull’ambiente dello Stretto sia in fase di cantierizzazione che di realizzazione. Diretta e rilevante conseguenza è l’assenza di un momento di valutazione del peso complessivo degli effetti dell’opera e “della interazione fra i fattori” come previsto dal Decreto Legislativo 190/2002 e dalla Direttiva 85/337. Lo Studio di Impatto ambientale evidenzia profonde e insanabili contraddizioni. Nelle relazioni troviamo infatti valutazioni delle componenti che mettono in luce i grandi valori presenti nell’area, e si indica proprio come “Il progetto porterà senza dubbio uno sconvolgimento profondo al pae – saggio e alle componenti ambientali di tutta l’area dello Stretto”. Lo studio ammette che la mitigazione degli impatti per un opera di tale dimensione è in molti casi impossibile, proprio per l’alterazione irreversibile della geomorfologia delle aree, mentre interventi di compensazione sono difficilmente attuabili.

Manca invece un computo del costo complessivo degli interventi di mitigazione previsti (in contrasto con i dettami del Decreto Legislativo 190/2002), mentre per molti interventi si fa solo cenno a possibili strategie di intervento. L’infrastruttura, attraverso le torri alte 400 metri e i viadotti di collegamento ha un impatto enorme e irreversibile su aree abitate e ambiti di grande valore paesaggistico. Lo studio non prende in considerazione la rilevanza delle trasformazioni (testimoniate dalle immagini e dalle simulazioni presentate) portate dalle torri e dai piloni che sorgeranno tra case oggi abitate, da viadotti di collegamento e svincoli a 60 metri di quota tra montagne e boschi. Si deve sottolineare come il Ponte sullo Stretto non risulta collegato alla ferrovia sul lato calabrese. I motivi veri dipendono dai costi di realizzazione delle opere di collegamento che verranno realizzati tutti in galleria perché situati nelle delicate montagne dell’Appennino calabrese e quindi vengono “affidati” a RFI ed escluse dal Ponte perché farebbero lievitare di molto i costi, anche se “essenziali”. Ci troviamo di fronte ad una Cattedrale nel deserto, molto simile a storie già sentite come nei collegamenti mancanti a Gioia Tauro, alle dighe siciliane, al Porto di Messina. Intanto però, fino a nuove decisioni da parte del Governo, sembra che i treni dovranno prendere il traghetto per non cadere dai piloni.

5. IL PONTE IMPEDIRA’ DI FARE LE OPERE CHE SERVONO AL SUD: FERROVIE, COLLEGAMENTI AI PORTI E STRADE

Tutti gli scenari di mobilità per il Mezzogiorno dimostrano come sia necessario diversificare l’offerta di trasporto in funzione delle diverse esigenze di merci e passeggeri, medie e lunghe distanze, tipologie di merci, stagionalità turistica, puntando sulla integrazione tra le diverse modalità di spostamento. Una delle più grandi bugie scritte e ripetute dalla Soc. Stretto di Messina è quella per cui il ponte serve soprattutto a rilanciare il trasporto ferroviario. Per rafforzarne la motivazione il Governo ha inserito un’altra opera faraonica come l’Alta Velocità fino a Reggio Calabria. Occorre ricordare che non siamo in Olanda ma in Sicilia dove la velocità commerciale sulla rete ferroviaria è ancora di 24 km/h, con solo metà delle tratte elettrificate e 105 km a doppio binario. Il contributo dato dalla costruzione del Ponte, in termini di risparmio nel tragitto ferroviario tra Napoli e Palermo è irrisorio. Se il Ponte verrà realizzato verranno posti forti limiti all’utilizzo dei traghetti e al rilancio del cabotaggio. La spesa da parte dello Stato porterà a rinunciare alla realizzazione di opere più importanti e urgenti:

Ferroviarie: dal potenziamento e collegamento della rete tirrenica con Taranto e Bari, dal potenziamento dei collegamenti tra Catania, Messina e Palermo, all’adeguamento di linee vecchissime come la Palermo- Agrigento e la Ragusa-Catania.

Portuali: con il rafforzamento dei collegamenti e delle strutture nelle aree portuali di Messina, Palermo, Trapani, Catania, Villa San Giovanni, Gioia Tauro e Taranto.

Stradali : dall’adeguamento della Statale Jonica al completamento dei collegamenti alla A3 in Calabria, dal completamento della Palermo- Messina, all’adeguamento dei collegamenti tra Catania, Siracusa e Gela.

Il Ponte sullo stretto di Messina con le sue due torri che a 382 metri di altezza sorreggeranno i 3,3 chilometri di campata sono una sfida all’ingegneria. Oggi Berlusconi non ha dubbi sulla possibilità di realizzazione del ponte e sull’impronta da lasciare ai posteri, lo intitolerà a se stesso per sancire una stagione, anzi un’era italiana, sfidando la geometria delle fragili faglie che con cadenza alterna fanno tremare l’isola, le correnti dello Stretto, e non ultimo il buon senso. Se il Ponte si farà, porterà il suo nome. “Rilancerà l’economia del Sud”, ha detto. Ma a sentire i magistrati e gli investigatori, sarà la mafia a trasformarlo in un banchetto. Una telenovela che sembra destinata all’eternità, anche per la “pilatesca” gestione del governo Prodi, “il ponte non è una priorità” dicevano, ma non hanno fatto nulla per potenziare le infrastrutture, il traghettamento e l’intero nodo ferroviario dello Stretto, dei 360mln di euro necessari a finanziare i servizi ne hanno sborsati solo 80! Non è stato da meno il Ministro Bianchi, che con il taglio di personale sulle navi all’indomani della tragedia del Segesta, dove hanno trovato la morte 4 Ferrovieri, è sufficiente a riassumere i quasi due anni di governo Prodi, che a parole predicava sviluppo e sicurezza ma nei fatti assecondava le richieste degli armatori privati per i loro profitti. Intanto il governo Berlusconi, in controtendenza con i proclami elettorali, ha finanziato il taglio dell’ICI sulla prima casa con i fondi ex Fintecna pari a oltre un miliardo e quattrocento milioni di euro destinati per la progettazione, l’ammodernamento e la realizzazione di infrastrutture di vitale importanza per lo sviluppo della Regione Calabria e della Regione Sicilia. La dichiarazione del Ministro Matteoli:“l’importante è cominciare”, è un’affermazione che terrorizza gli abitanti dei territori destinati a sbaraccare l’amena bellezza naturale per ospitare i pilastri di acciaio e cemento. Cominciare dai pilastri per smaltire il materiale edilizio che da troppo tempo giace nei magazzini delle note multinazionali intorno alle quali orbita il “ciclo del cemento” ampiamente descritto da Giovanni Falcone e oggetto di molteplici allarmi lanciati dalla Direzione Investigativa Antimafia in vista dell’assegnazione degli appalti per la costruzione della mega struttura.

6. CHI C’E’ DIETRO L’OPERAZIONE “PONTE SULLO STRETTO”?

Oltre alla tristemente nota Impregilo SpA, di seguito alcuni esempi:

Carlo Pesenti – Amministratore Delegato del gruppo Italcementi. E’ stato indagato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Caltanissetta per riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, frode nelle pubbliche forniture e truffa, con l’aggravante di avere favorito la mafia. I pm indagano anche su Italcementi per il reato di responsabilità amministrative per illecita concorrenza con minaccia, aggravata dall’aver favorito la mafia. Ci sono poi gli incroci di Italcementi, di cui un terzo del pacchetto è in mano all’“azionariato diffuso”, rappresentato principalmente da istituti bancari esteri e nazionali. Tra essi compare innanzitutto Goldman & Sachs Asset Management (3% dei titoli), altro importante azionista d’Impregilo che abbiamo visto operare accanto al Saudi Binladin Group del “ricercatissimo” Osama Bin Laden. Oggi è Epifarind BV lo scrigno della famiglia Pesenti; ha sede ad Amsterdam ed esercita il controllo sul 62,4% di Italmobiliare di Milano, società leader della finanza in Italia e all’estero. Secondo le risultanze dell’inchiesta sulle società o ff shore d e l gruppo Fininvest, la Compagnie Monegasque avrebbe avuto un ruolo nella gestione di un flusso finanziario a favore della holding Silvio Berlusconi Finanziaria di Lussemburgo (Sbf poi ridenominata Sfii).

CMC-Cooperativa Muratori e Cementieri Ravenna – sotto processo per disastro ambientale insieme a Maire Engineering, Impregilo e CRPL. La CMC è stata protagonista di una grave irregolarità durante la gara d’appalto per la costruzione del ponte: due società dello stesso gruppo (Lega delle Cooperative), la CMC e la CCC- Cooperativa Costruzioni Cementizi di Bolognaapparivano su fronti contrapposti per l’aggiudicazione della gara, la prima nella cordata Impregilo che poi vinse la gara, la seconda con il gruppo concorrente Astaldi. A”rendere tutto regolare” alla vigilia dell’apertura delle buste, dalla lista nominativa della cordata Astaldi scomparve la C.C.C., dopo che WWF e alcune testate nazionali avevano sollevato l’irregolarità.

Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.a. – Nella primavera 2008 è stato negato il certificato antimafia alla Società per Condotte d’Acqua, terza in Italia per fatturato e in gara – oltre al Ponte – per l’Alta Velocità ferroviaria e il Mose di Venezia. Il fatto è stato reso noto direttamente dall’allora ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. “Nei giorni scorsi – spiegò il ministro – avevo segnalato al ministero dell’interno come dalle indagini della DIA di Reggio Calabria e di altri organi investigativi era emerso uno stretto legame tra la società e la criminalità organizzata calabrese, in particolare in merito alla gestione di alcuni cantieri dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria e della nuova strada statale 106 Jonica”.

Il provvedimento di revoca del certificato antimafia è stato pure commentato dal prefetto Bruno Frattasi, alla guida del Comitato di sorveglianza sulle grandi opere. Frattasi, in particolare, ha fatto riferimento a “numerose verifiche del gruppo interforze di Reggio Calabria, che ha visitato più volte i cantieri trovando un contesto ambientale inquinato”. Si è pure appreso che sempre in data 20 marzo 2008, la stessa Prefettura di Roma ha provveduto ad invitare la capofila Impregilo a “procedere alla estromissione, con eventuale sostituzione, della Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.a. dalla propria compagine sociale” nel termine di trenta giorni, pena il “recesso del contratto ai sensi dell’art. 11, comma tre, del DPR 3.6.1998, n. 252”.

La lista sarebbe molto più lunga, ma quanto esposto (tratto da documenti ufficiali) può essere sufficiente per rendere l’idea del contesto in cui si dovrebbe realizzare il ponte più lungo del mondo. L’ex ministro Lunardi disse pubblicamente:”con la Mafia bisogna convivere”. In questo scenario è paradossale che le Ferrovie, sull’orlo della bancarotta, siano individuate come garanzia di equilibrio e fonte di risorse da investire nell’attraversamento stabile dello Stretto che una volta realizzato costerebbe alle stesse ferrovie una tassa annua di 100 milioni di euro par far transitare i treni. Un’azienda che tira a campare con i tagli al costo del lavoro e sui livelli di sicurezza, impantanata fra i bilanci in rosso e le denunce dell’utenza costretta a condividere con le zecche vagoni ferroviari fatiscenti si ergono ad emblema dell’inefficienza italiana; in tali tragiche condizioni dovrebbe ulteriormente privare di risorse economiche l’attuale produzione per investire su un progetto ad altissimo rischio.

Fino ad oggi si è andati avanti a colpi di tagli in ogni settore: meno collegamenti con la Francia e con la Germania, tagli secchi dei treni Intercity ed Eurostar, chiusura definitiva di 27 biglietterie, il cargo è sceso da 314 a 198 impianti, l’agonia della linea marittima Civitavecchia-Golfo Aranci stà per cessare con la chiusura definitiva dell’impianto. Con questi numeri seguendo il sentiero dello sfascismo si sancirà la chiusura dell’ennesimo impianto ferroviario per porgere ulteriormente il fianco alla privatizzazione selvaggia dei trasporti. Nel 2006, Mauro Moretti in tutta fretta e con l’alibi ponte in tasca, per la navigazione, presentava un piano di smobilitazione mascherato da piano di produzione: nessun investimento per l’ammodernamento e la manutenzione della flotta, incremento incontrollato della precarizzazione del lavoro, taglio alla produzione con la limitazione delle corse fra Messina e Villa S.Giovanni. Fino ad oggi si è tirato a campare con una flotta che non ha nulla da invidiare alle carrette del mare piene di immigrati che periodicamente fanno rotta su Lampedusa. Alcuni esempi: Nave Iginia 39 anni, Nave Sibari 38 anni, Nave Rosalia 36 anni; nel mondo civile gli armatori seri e coscienziosi mandano alla rottamazione navi con 10/15 anni di vita.

7. ALCUNE ALTERNATIVE PIU’ GIUSTE, ECONOMICHE ED ECOSOSTENIBILI

Dimezzamento dei tempi di attraversamento attraverso l’ammodernamento della flotta con nuove unità compatibili con le nuove esigenze di servizio. E’ stato calcolato che le attuali due ore necessarie per la traversata, compresi l’imbarco e lo sbarco dei treni, potrebbero essere ridotti a 50 minuti. Creazione di una metropolitana del mare, un grande sistema di trasporto pubblico con battelli veloci (monocarena, catamarani, aliscafi) che colleghi Messina con Reggio Calabria, Villa S. Giovanni, Aeroporto dello Stretto e punti della costa messinese d’interesse generale. Snellire la burocrazia marittima attraverso la creazione della Direzione Marittima dello Stretto. Dimezzare i tempi di attraversamento anche con l’efficienza, la capienza dei porti, l’ampliamento del nuovo porto di Tremestieri in aggiunta al porto centrale sembra essere una soluzione percorribile che porterebbe benefici alla mobilità. La rete sociale contro questa devastante opera si è ricostruita e ragiona sulle modalità del rilancio del movimento NO Ponte, siamo sicuri che la risposta di massa non si farà attendere.