Sindacati e Governo vicini alla chiusura del peggiore accordo possibile

Se le anticipazioni sulla proposta Prodi sono affidabili, dobbiamo aspettarci una soluzione simile, se non peggiore, di quella che Cgil Cisl Uil avevano respinto solo due settimane fa.

Di fatto, con la proposta Prodi sulle quote (con più o meno scalini da far funzionare nel frattempo) l’età pensionabile va oltre i 60 anni.

Si parla di arrivare a raggiungere prima o poi quota 96 o 97 (ossia 35 anni di contributi con 62 anni di età). Di fatto il diritto alla pensione verrà maturato dai più ben oltre i 62 anni dato che sarà difficile, sopratutto per i giovani di oggi condannati a rapporti di lavoro sempre più precari, avere 35 anni di contributi a 60 di età.

A ciò si aggiunge la riduzione dei rendimenti pensionistici (coefficienti) a cui Prodi non vuole rinunciare.

Comunque Prodi una cosa già l’ha detta di sicuro ed è che l’operazione sulle pensioni non deve intaccare le entrate previste se fosse entrato in vigore lo scalone Maroni.

Siamo quindi alla solita bufala di un tracollo nei conti Inps che giustificherebbe un taglio sulle uscite previdenziali.

Nessuna differenza, quindi, tra la proposta Prodi e le precedenti messe sul tavolo dal Governo, anzi … è peggio.

Una differenza però c’è ed è che ora Cgil Cisl Uil (come il Governo del resto) non vedono l’ora di uscire dal pantano in cui si sono cacciati da almeno un anno (dal memorandum del 2006).

In effetti la partita era difficile e sporca sin dall’inizio.

E’ difficile infatti chiedere di tagliare i rendimenti previdenziali ed allungare l’età pensionabile a dei lavoratori che, grazie ai loro contributi, mantengono in attivo la loro cassa previdenziale, e quando (solo due anni prima) agli stessi lavoratori era stato chiesto di mobilitarsi contro lo scalone di Maroni denunciato da tutti (Sindacati ed Ulivo) di mirare solo a fare cassa sulla pelle dei lavoratori.

Era così difficile che non sono riusciti a convincere nessuno, ed il gioco si era fatto fin dall’inizio scoperto.

Infatti l’hanno capito tutti che all’ordine del giorno non c’erano le pensioni dei giovani da salvare, ma il come rastrellare dalle casse in attivo della previdenza pubblica quella quota di risorse da destinare ad altre voci del bilancio dello Stato. Una operazione non nuova, già praticata in precedenza, ma oggi particolarmente sporca perchè condotta in presenza di un “falso elettorale” (l’abolizione dello scalone) e di un solido bilancio previdenziale che tutto giustifica meno che dei tagli (come anche Cgil Cisl Uil non possono smentire, contorcendosi in altri giri di parole per eludere l’empasse), .

Un pantano, dicevamo, che ora ha assunto un’altro aspetto … quello della sopravvivenza dello stesso Governo. E’ per questo che alla fine è lo stesso Prodi che decide di prendere in mano la matassa ormai ingarbugliata, ed è per questo che ora tutti firmerebbero quasi qualsiasi cosa per non fare cadere il Governo. Una sconfitta di Prodi sul tavolo negoziale che si aprirà in questi giorni sarebbe la fine di una coalizione che proprio sui diversi punti di vista della questione previdenziale si è ormai di fatto sfilacciata.

E’ così che alla fine, le nostre pensioni, precipiteranno verso un buco nero senza fine e senza ragione.

Prima ci dicevano che era per salvare le pensioni ai giovani, poi ci hanno detto che era per non fare mancare al bilancio dello Stato quelle risorse che si sarebbero incassate se lo scalone Maroni fosse andato a regime, ed ora ci diranno che è per non far cadere il Governo.

Un vero e proprio teatro dell’assurdo dove non manca una impazzita commistione di tragedia e comicità. Tutti sanno che i bilanci Inps sono in attivo, ma ……

. La Margherita organizza sfilate mediatiche di “giovani” (tre o quattro, e tutti amici del segretario) sotto le sedi sindacali di Cgil Cisl Uil per chiedere loro di non difendere gli interessi corporativi degli anziani ma di pensare anche e sopratutto ai giovani.

. I Radicali (sostenuti anche dell’ala più liberista dei DS) che minacciano una nuova marcia dei 40.000 per chiedere di farla finita col fatto che tutto debba essere sempre concordato con i sindacati.

. La Cisl sfila altrettanto mediaticamente (un centinaio, più della metà funzionari sindacali) sotto le sedi dell’Ulivo per chiedere di farla finita con le divisioni interne alla coalizione e di andare velocemente ad un accordo che i lavoratori (a sentire Bonanni) non vedono l’ora di firmare.

. Cgil Cisl Uil che chiedono alla sinistra della coalizione di farsi da parte e di lasciarli lavorare, lamentandosi che “la nostra gente” non capisce la loro difficoltà a condividere l’ipotesi di aumento dell’età pensionabile e di riduzione dei coefficienti. Epifani poi si espone ancora di più richiamando il PRC all’ordine …. non vorrete mica far cadere il Governo ?? Bonanni lo supera (dichiarazione di domenica 15) annunciando che porterà in piazza “la nostra gente” contro chiunque sarà responsabile di non aver permesso un’accordo (ormai a portata di mano, dice lui) che aumentando l’età pensionabile e rivedendo i coefficienti salvi i giovani ed il paese.

Tutto questo, ovviamente, sostenuto da un campagna di disinformazione, esplicitamente falsa, sul disastro dei conti Inps, ed altrettanto ovviamente, senza che qualcuno dei nostri segretari nazionali abbia mai sentito la necessità di coinvolgere i lavoratori in una discussione sulla conduzione della trattativa.

Quando parliamo di lavoratori, ci riferiamo a quelli che Cgil Cisl Uil chiamano ormai “la nostra gente”, con una presunzione ed una genericità che denuncia tutta l’autoreferenzialità di una burocrazia che sa ormai parlare ed agire solo in un quadro di confronto con altre burocrazie, e che non sa più rappresentare quei percorsi di emancipazione e di rappresentanza del lavoro che prima di tutto si dovrebbero basare sulla partecipazione e sulla possibilità di discutere e di decidere da parte dei diretti interessati.

Bonananni, Angeletti ed Epifani, hanno mai fatto un’assemblea per chiedere alla “loro gente” cosa fare, o pensano che la “loro gente” sia abbagliata semplicemente dalla loro bellezza e dal loro fine parlare, affascinata nel vederli andare e venire nei corridoi dei palazzi a parlare con Ministri e sottosegretari, senza che nessuno dica loro di cosa stanno parlando, se delle loro ferie o delle pensioni degli altri ??

Ovviamente nessun lavoratore è mai stato sentito su cosa pensa di tutto questo voler tagliare le pensioni (guai a dargli la parola, potrebbero far saltare il teatrino) ed a loro verrà solo chiesto di plaudire alla ritrovata stabilità della coalizione di Governo tanto che proveranno a convincerli della inutilità di un referendum sull’accordo che verrà, così come pure la “ragione” è bandita (futuro dei giovani, pensioni e bilanci dell’Inps non c’entrano nulla infatti, anzi, ne usciranno più sfasciati che mai, anche più di come è successo con le precedenti “riforme”, come le chiamano loro, o con la svendita del patrimonio immobiliare Inps per ridurre il deficit dello Stato).

Così è che mentre a teatro si recita la parte ed ogni personaggio si batte il petto a chiamare tutti alla crociata per salvare la previdenza, proprio ieri, lo stesso presidente dell’Inps – Giampaolo Sassi – ha comunicato che i conti previdenziali vanno meglio delle attese: «la cassa va bene – ha detto – perché nei primi 5 mesi dell’anno le entrate sono cresciute di 3,8 miliardi di euro» rispetto allo stesso periodo del 2006. «Le uscite – ha aggiunto – sono, invece cresciute di 2,2 miliardi di euro». Risultato: i primi 5 mesi dell’anno si chiudono con un saldo attivo di 1,6 miliardi di euro. Per Sassi, rispetto alle previsioni del 2007, che non tengono conto delle disposizioni contenute nella finanziaria, le entrate «sono aumentate di 1,9 miliardi». Secondo il presidente dell’ente previdenziale, il miglioramento delle entrate riflette le scelte della finanziaria dell’anno scorso che ha stabilito un aumento (al 33%) dei contributi pagati dai lavoratori dipendenti e di quello (dal 18 al 23 per cento) dei contributi versati dai parasubordinati. Per le uscite, invece, l’aumento della spesa deriva non già dalle pensioni di anzianità ma dall’incremento delle pensioni di vecchiaia. Emerge quindi con chiarezza che, nonostante il fardello dell’assistenza, i conti dell’Inps non hanno problemi di equilibrio.

Ma tutto questo non interessa a nessuno di quelli che, seduti al tavolo nazionale, stanno (dicono) trattando in nostro nome. Lo scalone Maroni, gli scalini di Damiano, o le quote di Prodi c’entrano un fico secco con la questione previdenza se non per distogliere risorse da destinare ad altro.
Così è che sul mondo del lavoro, non solo sulle pensioni (non dimentichiamoci la questione aperta anche sui modelli contrattuali), verrà scaricato tutto il peso delle contraddizioni su cui una enorme burocrazia sta costruendo i suoi assetti futuri.

Parliamo ovviamente anche del nuovo Partito Democratico che per decollare deve uscire dal pantano di questa trattativa sulle pensioni e che vede vere e proprie alleanze trasversali formarsi e lavorare per lo stesso obiettivo, dai partiti dell’Unione fino a Cgil Cisl Uil, mai così unite come su questo fronte. Senza parlare della discesa in campo del leader in pectore della nuova casa della grande burocrazia, ossia dell'”umanitario” Veltroni che sulle pensioni a detto cose da far accapponare la pelle e da mettere una seria ipoteca sul carattere “indipendente” del sindacato che verrà.

Questa settimana sarà probabilmente la settimana che sbloccherà l’accordo. Cgil Cisl Uil hanno già dato la loro disponibilità a non far fallire il tentativo di Prodi, e la sinistra di Governo (con più o meno mal di pancia) ha già fatto capire che il suo impegno è quello di evitare una crisi di Governo.

L’unica mina vagante che potrebbe far saltare il tentativo di Prodi è la parte centrista e iperliberista della sua coalizione (margherita e buona parte dei DS) che punta a liberare il proprio potere decisionale dai lacci e lacciuoli imposti da una coalizione che ha al suo interno anche forze (PRC) che mirano a limare la loro propensione iperliberista, ed a liberarsi di una fastidiosa invasività sindacale che, alla ricerca di una sua convalida nel nuovo scenario neocorporativo, chiede loro di un riconoscimento formale su tutte le decisioni da prendere.

E i lavoratori?. Umiliati dal fatto di essere considerati “la nostra gente” dai teatranti sul palco, e nello stesso tempo emarginati, senza alcuna possibilità di dire una parola, da una trattativa senza senso logico (se non quello di fare cassa sulla loro pelle) hanno ormai solo una possibilità per dire la loro. Votare sull’accordo.

Con la firma che verrà si aprirà necessariamente la battaglia per conquistare il diritto dei lavoratori ad esprimere il loro parere vincolante sulla validità di questo accordo e quindi per battere tutte quelle posizioni (anche sindacali) che considerano ininfluente ogni consultazione democratica e vincolante, tronfi dell’idea di poter rappresentare “la nostra gente” a prescindere.

Ma questa vicenda è anche la cartina al tornasole di un sindacato Confederale che ha ormai esplicitamente e senza vergogna perso la sua indipendenza dalla politica, decidendo così di seguirne i destini.

Una scelta, questa, non può essere compiuta senza una forzatura sulle stesse organizzazioni, senza quel minimo di arroganza che serve per schiacciare anche la più tipica delle manifestazioni democratiche in una organizzazione di massa …. il voto dei lavoratori.

Sopratutto in Cgil questo passaggio non sarà indolore, perchè, stante la situazione, la sinistra sindacale attualmente rappresentata ha due possibilità ….. o reagire rilanciando una opposizione organizzata che sappia proporre ai lavoratori una battaglia per battere una linea sindacale incapace di rappresentarne le istanze ed i bisogni (quello che la Rete28aprile sta cercando di mettere in campo), o annullarsi definitivamente scivolando nel realismo sindacale della deriva neocorporativa (come rischia di fare Lavoro e Società se non si libera da quella camicia di forza che è il “patto precongressuale” a cui continua, per opportunità, a sentirsi vincolata).

La cartina al tornasole sarà il voto negli organismi della Cgil (Segreterie e direttivi) sull’accordo, dove l’unica cosa chiara da esprimere è un secco NO da portare fino nei luoghi di lavoro, e sarà anche la battaglia per imporre a Cgil Cisl Uil di rimandare ai lavoratori (con un referendum) il compito di approvare o meno l’accordo.

Li sapremo cosa rimane della sinistra sindacale in Cgil, e chi rimane.

15.07.2007

Coordinamento RSU