Serve un partito comunista

Il disastro elettorale del 13/14 aprile, che ha spazzato via la sinistra e i comunisti dal Parlamento, è anche l’espressione di una profonda crisi del nostro Partito, dei suoi iscritti e militanti, di un radicamento sociale giunto ai minimi termini con circoli spesso presenti solo sulla carta. Di fronte a questa crisi sia sociale, che interna, non possiamo permetterci un congresso che eluda due punti fondamentali: le cause della sconfitta, le proposte per uscire dalla crisi; pena la definitiva esclusione della sinistra nel nostro paese e la consegna a un sistema bipolare. Tuttavia sia leggendo il documento Ferrero, sia quello Vendola, non solo si nota una sostanziale rimozione del “perchè” della sconfitta, ma addirittura siamo di fronte a proposte niente affatto alternative tra loro né, tantomeno, efficaci sul come uscirne. Viene indicata come causa dirimente la non permeabilità del Governo Prodi alle istanze dei ceti più deboli. Ma questo, oltre ad essere oramai un’ovvietà, è insufficiente a spiegare il crollo dei consensi per il nostro Partito. Non possiamo eludere la responsabilità della nostra linea politica, riconoscendo il totale fallimento dell’impianto tattico e strategico del congresso di Venezia. Lì dentro troviamo non solo la fallimentare linea governista, con tanto di governo che da “mezzo” diveniva “fine”, con noi a fare le sentinelle e poi trascinati con esso nel disastro; soprattutto è fallita quell’impostazione politica e culturale di cui Venezia è stata l’approdo e il trampolino. Un’impostazione per cui in questi anni siamo stati tutto e il suo contrario, e tra una mossa del cavallo e l’altra abbiamo osannato Negri e Revelli, passando dall’essere disobbedienti e zapatisti a non violenti, governisti, per l’alternanza, buttando a mare il concetto d’imperialismo, la contraddizione capitale-lavoro, smantellando i circoli e vivendo sia la forma partito sia il movimento comunista come un ferrovecchio novecentesco di cui liberarsi. È nell’ambito di queste “innovazioni” che è nato il progetto della Sinistra Europea, il primo organico tentativo di diluire e poi sciogliere il Partito e il progetto della Rifondazione Comunista, coronato poi dall’arrivo di Mussi per dare avvio al Partito della Sinistra Arcobaleno. Il processo di superamento del Prc non nasce, quindi, da un’accelerazione compiuta durante la campagna elettorale da Bertinotti, ma viene da lontano ed ha nel progetto del Partito della Sinistra Europea, che il documento Ferrero continua a sostenere, una tappa fondamentale. Ma l’assenza di alternatività tra Ferrero e Vendola, si evidenzia nelle proposte sulla prospettiva del nostro Partito. In entrambe le mozioni non si fa neppure cenno alla necessità di costruire un Partito comunista rifondato nel nostro paese. Il comunismo viene derubricato a “una tendenza” e la differenza sta se culturale o politica. A chi propone un progetto costituente per la sinistra si risponde con la necessità di dare corpo ad “una soggettività politica basata su una rete di relazioni stabili tra diversi soggetti organizzati basata su regole democratiche”. Francamente, le proposte contenute nei documenti Vendola e Ferrero, si differenziano solo per una diversa modulazione nei tempi e nei modi di una stessa prospettiva: costruire un nuovo soggetto politico (Partito), unitario, plurale e non comunista, della sinistra. Ritengo invece che l’unica strada che abbiamo di fronte sia quella di riprendere l’ormai abbandonato, progetto politico della rifondazione di un partito Comunista nel nostro paese. Possiamo salvare il nostro Partito solo se lo si rende protagonista della ricostruzione di un grande partito comunista capace di ricomporre la diaspora di tutte/i i comuniste/i; non nostalgico, ma capace di leggere la storia del movimento comunista nel mondo, scevro da approcci liquidazionisti. Capace di interpretare le nuove forme in cui si esprimono le contraddizioni della società capitalista, ma soprattutto di essere riferimento dei conflitti sociali, di genere, per la sostenibilità ambientale, e in generale dove vi sia sfruttamento, alienazione, razzismo e omofobia. Capace di lavorare, con rispettiva autonomia, con il mondo sindacale, sostenendo la crescita e il coordinamento delle componenti e dei settori più avanzati e conflittuali sia della Cgil che del sindacalismo di base, poiché l’impostazione concertativa della maggioranza Cgil rappresenta una risposta sbagliata all’attacco di Confindustria contro i diritti dei lavoratori, lo stato sociale, il contratto nazionale. L’unità d’azione tra i soggetti sindacali conflittuali e di classe è la risposta più efficace contro l’offensiva delle destre politiche e sociali. Un Partito Comunista organizzato, radicato nella società, nel mondo del lavoro, nei movimenti è una necessità storica e politica. Ecco perché in questo congresso due sono le vere proposte in campo tra loro alternative: la costruzione di un nuovo Partito della Sinistra e la costruzione di un Partito Comunista.