Dopo un braccio di ferro durato molti mesi, tra i lavoratori Zastava guidati dal sindacato Samostalni ed il governo “democratico” della Serbia, culminato nelle ultime settimane con scioperi, presidi, cortei, blocchi stradali e uno sciopero della fame di alcuni lavoratori, la scorsa settimana il governo serbo ha sancito la chiusura dell’Ufficio di Collocamento Zastava (da non confondersi con quello cittadino di Kragujevac, dove sono iscritti quasi 50.000 disoccupati), che fu istituito nel 2001 subito dopo i 16.000 licenziamenti del nuovo governo “democratico”, come conseguenza dei criminali bombardamenti della Nato del 1999. In principio doveva restare in vigore solo 4 anni, ma attraverso scioperi e lotte del sindacato Samostalni è arrivato fino ad oggi, rappresentando una forma di cassa integrazione da cui, in questi sette anni, sono passati oltre 13.000 lavoratori in attesa di “ricollocazione o reimpiego”, ovviamente mai avvenuti!
Ultimamente erano iscritti 4.500 lavoratori, che ricevevano un sussidio mensile medio di 80 euro, nonostante le lotte e la resistenza operaia, giunte anche ad assediare il Parlamento a Belgrado, da cui vergognosamente nessun esponente governativo era uscito per incontrare e confrontarsi con le migliaia di lavoratori che manifestavano, ma al contrario aveva lanciato un ultimatum di 48 ore: chi non avesse accettato la proposta governativa di auto licenziarsi e un indennizzo di 250 euro per ogni anno lavorativo da dipendente, sarebbe stato licenziato senza alcun indennizzo.
Di fronte a questo vero e proprio ricatto, i lavoratori già sfiancati e umiliati da 15 anni di sanzioni, embarghi, guerre, bombardamenti, miseria e devastazioni sociali (organizzati e diretti dall’occidente in TUTTE le varie forme), hanno ceduto e tra imprecazioni e pianti affranti (come si è potuto vedere in alcune TV locali), hanno formato una lunga coda per firmare la propria fine di lavoratori Zastava, e per molti, di soggetti sociali dignitosi.
Una parte, circa la metà, aveva già accettato di auto licenziarsi e prendere quelle poche migliaia di euro per far fronte ai debiti accumulati in questi anni e per sfamare per qualche mese le proprie famiglie. Ma tra un anno quale sarà il loro futuro?
Solo 13 lavoratori hanno rifiutato ed hanno iniziato una causa/vertenza contro la Stato, ma secondo il parere di quasi tutti, senza speranza.
Ma c’è anche un altro lato drammatico in questa sconfitta del movimento operaio della Zastava ed è la sorte di alcune centinaia di lavoratori delle sue filiali locali (serbi e qualche rom), che ancora vivono e resistono nelle enclavi del Kosovo Metohija (con cui, come Associazione SOS Yugoslavia, abbiamo alcuni progetti di solidarietà).
Per loro questo passaggio è ancor più drammatico dato che per vivere potevano contare solo su quegli 80 euro di sussidio, in quanto dai “bombardamenti umanitari” NATO del 1999, quelli che non sono stati uccisi o rapiti dai terroristi dell’UCK sostenuti dall’occidente, che non sono profughi per la Serbia, ma che resistono fieramente sulla propria terra e nelle proprie case (se non ancora bruciate e distrutte), non sono in grado lavorare perché non possono uscire dalle enclavi, circondati e assediati dalla violenza degli indipendentisti kosovari albanesi.
In questi giorni, dai contatti con i nostri referenti del Kosovo traspare ormai solo sgomento e un senso di angoscia crescente e inarrestabile.
Ma riguardo la situazione della Zastava non è certo finita qui: mentre si espellevano queste migliaia di lavoratori, il governo serbo ha annunciato che il processo di privatizzazione e scorporazione continua della Zastava proseguono, sia per il gruppo “Automobili” che per quello “Camion”, preannunciando che per la “Zastava Auto”, il settore più grande dove attualmente sono ancora dipendenti poco meno di 4.000 lavoratori, sono stati fissati nuovi piani di “sviluppo”, quindi nuovi tagli occupazionali e licenziamenti, che dovrebbero riguardare altri 1.000 lavoratori, solo nella prima ondata. Per la memoria storica: prima che arrivassero “democrazia”, “libertà”, “civiltà e sviluppo” rigorosamente occidentali, nel 2001 i lavoratori erano 13.500.
Mentre per la “Zastava Camion” si parla di altri 200 licenziamenti, rispetto agli attuali 900 presenti.
Come mi ha scritto un compagno operaio di là: “…Che dire? Grazie NATO. Grazie Occidente. Ma senza di voi forse ci sarebbero stati: meno morti, meno guerre, meno miseria, meno umiliazioni e più futuro. Seppure con tanti problemi e difficoltà, avremmo almeno salvato la dignità e la speranza. Ci avete tolto anche quelle! Non ci resta che la nostra tragedia di un popolo in ginocchio, ma all’occidente cosa importa, i vostri focolari sono caldi e i vostri figli conoscono la gioia e perfino la noia.
Ma chissà, forse un giorno il vento cambierà e anche l’occidente imparerà cosa significa perdere e soffrire. VERGOGNA NATO! VERGOGNA OCCIDENTE! Per te/voi, nostri compagni e fratelli, un abbraccio di fratellanza”.
E noi, “che fare?”, tra indifferenza, disattenzione, poca memoria storica? Semplicemente perseverare, in un impegno di solidarietà cosciente, concreta e internazionalista, anche solo con le poche forze, sensibilità e disponibilità presenti.
Modestamente ma tenacemente….fare la nostra parte.
Enrico Vigna – Associazione SOS Yugoslavia