Di contratto se ne fa un gran parlare ultimamente e, in qualche caso, se ne abusa, confondendo il significato stesso della parola e annullando il valore sociale del contesto che gli è proprio. Per la Fiom, per le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici, il contratto ha un significato preciso e attraversa un secolo di storia, in quanto indica un elemento costitutivo proprio dall’inizio della sua costruzione, quando i lavoratori si coalizzano tra di loro e cominciano a proporre rivendicazioni, miglioramenti della loro condizione di vita e di lavoro, aumenti salariali e norme e diritti che li possano difendere. In questi cento anni il motivo fondante dello sviluppo del sindacato industriale è stata la trasformazione del singolo operaio, della singola operaia, dei singoli operai in un vero e proprio soggetto contrattuale.
Di questo parliamo. Il Contratto collettivo nazionale del lavoro e la sua storia coincidono, nel bene e nel male, con la storia del sindacato. La lunga storia dei contratti nazionali, le loro evoluzioni, le fasi anche diverse che hanno attraversato, hanno portato a una precisa struttura contrattuale, che individua due livelli autonomi tra di loro: il contratto nazionale e il contratto aziendale. Il primo garantisce per tutti un sistema di diritti compreso quello redistributivo, il secondo interviene sulle concrete condizioni di lavoro e sul premio di risultato.
Non è un mistero che da qualche anno si è rafforzata l’idea del mon do imprenditoriale, affiancata in questo, dallo schieramento politico di centrodestra, che pensa di poter eliminare l’essenza stessa del contratto, e cioè la sua natura collettiva e il suo carattere nazionale. Non mi stancherò mai di dire che senza queste due qualità la parola contratto perde totalmente il suo significato.
Alla Confindustria, e quindi alla Federmeccanica, sembra non interessare più un sistema di relazioni industriali così come l’abbiamo conosciuto, perché la loro idea di competitività inserita nei processi di globalizzazione impone un pieno e assoluto comando sul lavoro, considerato ormai un puro e semplice fattore di costo.
Da questo nasce la difficoltà maggiore della trattativa in corso sul Biennio economico del contratto dei metalmeccanici.
Fim, Fiom e Uilm hanno elaborato una piattaforma che per tutelare il potere di acquisto delle retribuzioni, come prevede l’accordo del luglio del ’93, rivendica il riconoscimento dell’inflazione programmata per il biennio 2001- 2002, il recupero della differenza fra inflazione programmata e quella reale, per il 1999-2000, e il riconoscimento di una quota per il buon andamento del settore industriale metalmeccanico che ha generato negli ultimi anni grandi profitti per le imprese.
Federmeccanica ha respinto la nostra piattaforma rifiutandone la struttura stessa. Ha infatti sempre delimitato il perimetro della discussione all’inflazione, eliminando qualsiasi riferimento all’andamento del settore. Inoltre non vuole riconoscere l’inflazione reale perché sostiene che è dovuta all’aumento delle materie prime, che rappresentando un fattore importato non sarebbe di competenze del contratto nazionale.
Invece, mentre i salari hanno interamente pagato l’aumento dei prezzi del petrolio e dell’energia in generale, proprio la svalutazione dell’Euro ha consentito alle imprese una forte capacità competitiva nei paesi extraeuropei; le stesse imprese hanno perso quote di mercato in Europa cedendole ai paesi dell’Est, proprio a causa della scelta di non competere sulla qualità ma solo sui prezzi con la conseguenza della compressione delle condizioni di lavoro e dei salari.
Per la Fiom è inaccettabile procedere nella trattativa se non vengono rimosse pregiudiziali come quelle che Federmeccanica ha posto e che ne impediscono una positiva conclusione. Sottostare a una logica per cui nel Contratto nazionale si può discutere solo di inflazione, significa non tutelare il potere di acquisto dei salari.
Questo è tanto più vero oggi, visto che le previsioni dell’inflazione per il 2001-2002 vanno molto al di là di quanto era stato programmato.
Ma c’è stato, e anche questo appartiene alla storia del sindacato, un fatto nuovo: lo sciopero del 18 maggio scorso, che è riuscito al di là di ogni più ottimistica previsione esso ha avuto una caratteristica che lo rende speciale, perché ha visto insieme diverse generazioni di lavoratori fino ad arrivare ai giovanissimi e diverse tipologie di lavoro, dalla fabbrica classicamente intesa ai call center, e ha dimostrato come il Contratto nazionale di lavoro sia riconosciuto dalla generalità delle lavoratrici e dei lavoratori come lo strumento più alto per la difesa dei diritti e di espressione di un’identità autonoma. Questo ci vincola ancora di più alle motivazioni della piattaforma che abbiamo presentato.
Federmeccanica, da parte sua, chiede e propone ”sforzi di fantasia” per aggirarne i contenuti , ad esempio la questione degli assorbimenti salariali per chi ha fatto contrattazione aziendale o dei superminimi che unilateralmente le imprese elargiscono in modo da comprimere in un solo livello la contrattazione nazionale e quella aziendale. Ma deve essere chiaro a tutti che a questo punto non esistono per noi alternative.
O si accetta il confronto sull’impianto generale della piattaforma, oppure sarà necessaria una risposta che utilizzi tutte le necessarie forme di lotta e che, nella consapevolezza del livello di scontro in atto che oltretutto non riguarda solo i metalmeccanici, non esclude la possibilità di ricorrere allo sciopero generale.