Risponde EMILIO FRANZINA

1).Il 6-7 giugno si vota sia per le elezioni europee che per elezioni comunali e provinciali. Qual è a tuo avviso la principale posta in gioco dal punto di vista delle dinamiche nazionali?

La posta in gioco a mio avviso, ma credo di chiunque abbia un minimo di senso della realtà, è altissima e si può sintetizzare in poche parole: al di là dell’esito in rapporto alla formazione di una rappresentanza italiana di sinistra anticapitalistica nel Parlamento europeo, quelli che ci stiamo giocando sono visibilmente i minimi equilibri democratici all’interno del nostro paese. Già più che precari e ridotti ogni giorno che passa dalle dinamiche devastanti del sondaggismo, del populismo e della devastazione culturale (la politica in mano ai media e alla spettacolarizzazione più volgare, le guerre tra poveri innescate dall’esibizionismo sedicente riformista dei peggiori arnesi del craxismo di ritorno da Sacconi a Brunetta ecc.) questi equilibri potrebbero essere definitivamente spezzati e anzi spazzati via per almeno una decina d’anni dal combinato disposto leghista e neo fascista anche perché non varrebbero certo a contrastarne l’azione né le iniziative sempre più sconcertanti di un Pd in probabile caduta libera e ormai strutturalmente inadatto a decifrare il reale nonché la propria collocazione in esso né le proteste rudimentali e di nicchia (una nicchia però capace di arrivare con ogni probabilità al 9% dell’elettorato) dell’IdV dell’ex giudice (ed ex poliziotto) Di Pietro.

2).Le elezioni per il Parlamento europeo hanno evidenti risvolti sul piano della politica continentale e internazionale. Quali sono a tuo avviso, le questioni più importanti in gioco in questo ambito?

La (negata) regolamentazione dei mercati intesa solo come liberalizzazione o meglio deriva liberista alla Bolkestein, la subalternità in politica estera alle decisioni prese a Washington foss’anche da un presidente, come Obama, senz’altro migliore di Bush jr. e di conseguenza l’incapacità di tracciare autonomamente , in un organismo numericamente dilatato e rissoso, una linea originale propria e incisiva sui temi, e sono molti (dall’aggravarsi della situazione israelo palestinese alle guerre in Afghanista e in Iraq, dalle competizioni a distanza con l’India e con la Cina ecc.), nei quali l’Europa ha [avrebbe] competenza a cominciare dal diritto di legiferare a monte rispetto agli Stati nazionali su un ventaglio di questioni cruciali. Lavoro, welfare e ambiente, ma anche immigrazione e integrazione dei lavoratori extracomunitari rischiano di essere gestiti anche in futuro con provvedimenti di cornice carenti e funzionali alle pratiche di governo più miopi e restrittive lasciando così mano libera agli eccessi plateali (anche se magari condannati a parole) di paesi fatti diventare dall’alto razzisti e xenofobi come appunto l’Italia.

3).Su quali punti è maggiormente caratterizzata la tua campagna elettorale nella tua circoscrizione ?

Inevitabilmente mi muovo sul terreno dell’antimilitarismo e della lotta contro i nuovi insediamenti bellici americani, un po’ perché diversamente [psicologicamente] non potrei fare, ma un po’ anche perché ritengo che la vertenza tanto sul piano simbolico che su quello politico vada al di là dei confini di una città e di un territorio che gravita su di essa, ossia Vicenza e il Vicentino dove vivo e dove già opero come Consigliere provinciale di opposizione nel gruppo che ho chiamato col nome di “Vicenza Libera” per scongiurare l’impianto di una mostruosa base USA al Dal Molin (la più grande d’Europa e sede del Comando Africom). Il problema che nel Nord Est è sentito anche altrove, si pensi solo ad Aviano, non va disgiunto nella mia ottica da altri che in qualche modo vi si collegano (come la difesa dell’ambiente ad esempio e il no al ritorno del nucleare) e in ogni caso integra quelli ai quali con maggiore frequenza mi riferisco nei luoghi d’incontro e di confronto anche non “istituzionali”: assieme alla tutela degli interessi e dei diritti dei lavoratori italiani e di quelli migranti (sono en passant da quarant’anni uno studioso professionale dei movimenti migratori di massa), una battaglia un po’ speciale “in soccorso” – mi verrebbe da dire – così dei cittadini (operai, ma anche imprenditori piccoli e medi, artigiani ecc.) come di quel vasto comparto del lavoro dipendente che mi pare oggi preso di mira più di tutti gli altri dalle misure classiste del governo Berlusconi. Il pubblico impiego da un lato e la scuola e la ricerca da un altro mi paiono cruciali anche perché è qui che si sta materializzando l’attacco frontale e mirato a uno dei cardini della nostra convivenza democratica. Farraginosità burocratiche in serie e una eccessiva pressione fiscale – una pressione cioè che a fronte delle evasioni costanti e generalizzate di una parte del mondo produttivo, del commercio, dello stesso terzo settore ecc. affligge innanzitutto le fasce più deboli della popolazione e risulta oltre che iniqua sempre più intollerabile a tutto svantaggio dei soli contribuenti virtuosi per forza – mi portano a individuare fra i rimedi auspicabili da un lato alcuni interventi non demagogici o ferocemente classisti a rovescio (in Italia da oggi, auspice Brunetta, si rischiano ad es. anni di galera per reati non commendevoli o giustificabili ma senz’altro minori e assai meno frequenti di quanto non si dica, mentre nessuna prospettiva di sanzione s’intravede all’orizzonte per i crimini finanziari veri e propri dopo la derubricazione del falso in bilancio et similia) e da un altro il ripristino immediato delle condizioni di minima agibilità dei saperi e dei processi educativi e formativi. Si tratta insomma di riaffermare, a beneficio della cittadinanza e della politica, il ruolo pubblico dell’insegnamento scolastico e universitario (e di finanziarlo senza incrinarne la funzionalità) arginando le sempre più odiose e dannose facilitazioni o concessioni fatte al privato (religioso e non solo) perché tra le altre cose è con l’abbassamento del livello culturale e conoscitivo medio ossia con il dilagare per ogni dove di una bieca ignoranza (la quale rasenta persino nelle Università le soglie della decenza e quelle dell’analfabetismo) che si consolida nell’Italia di oggidì il primato di un qualunquismo destinato a farsi visione corrente e dominante delle cose al cui confronto il movimento storico dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini rischia di apparire il prodotto di una iniziativa intellettuale nobile e di altissimo livello.