Riflessioni sul KKE

Sotto questo piccolo omaggio che il nostro Sito, molto opportunamente, rende al Partito Comunista di Grecia ( KKE) vorrei aggiungere solo queste brevi note: nei primi anni ’90 andai – quale membro del Dipartimento Esteri del PRC e quale responsabile nazionale per i rapporti con le forze comuniste e di sinistra europee – al Congresso del KKE, il Congresso successivo alla scissione da destra da parte del Synaspismos. Era un Congresso difficile : la scissione del Synaspismos, condotta da Maria Damanaki su posizioni filo “occhettiane” e volte al superamento dell’autonomia comunista e alla trasformazione del KKE in un “ Partito di Sinistra” ( l’eterno ritorno, si potrebbe dire, per rimanere nello spirito ellenico e pensando a ciò che avviene da decenni in Itala, dalla “Bolognina” di Occhetto sino all’odierno Vendola e ai suoi variegati simpatizzanti all’interno del PRC, passando per Bertinotti ) aveva creato non pochi problemi al KKE, che si era presto ripreso soprattutto in virtù di un davvero vasto e profondo radicamento, specie tra la classe operaia e i contadini.

Al Congresso mi colpì, tra l’altro, una frase del compagno Thanassis Papariga ( allora caporedattore del Rizospastis, quotidiano del KKE e marito – purtroppo deceduto – della segretaria generale del KKE, Aleka Papariga e uomo di grandissimo spirito) che mi disse: “ Sono così tanti anni che non vediamo un compagno italiano che pensavamo che ormai voi foste un’invenzione della CIA”.

In effetti già il PCI degli anni ‘80 ( tutto preso dall’eurocomunismo e poi dai rapporti privilegiati con le socialdemocrazie di Willy Brandt e Olof Palme) aveva molto diluito – come avrebbe poi fatto anche il PRC – i rapporti con il KKE, considerato, sia dall’ultimo PCI che dalla futura Rifondazione, troppo “ ortodosso”, poco incline alle “innovazioni” ( di Occhetto, della Damanaki, di Bertinotti…).

Oggi siamo di fronte ad un (apparente) paradosso: i partiti dell’eurocomunismo o provenienti culturalmente da esso ( italiani, francesi, spagnoli) che snobbavano e prevedevano una fine imminente per i partiti comunisti “ortodossi”, marxisti e leninisti ( portoghese e greco in testa) oggi sono al lumicino, vicini all’estinzione. Mentre i compagni greci, portoghesi, ciprioti e ceco-moravi ( nonostante la “Lustrace”) sono vivi e vegeti, in crescita elettorale e alla testa delle lotte anticapitaliste e antimperialiste ( poiché è di questa natura la lotta che conduce il KKE contro l’ Unione europea).

Rispetto a questo apparente paradosso ci sarebbe da riflettere, soprattutto su un punto centrale: l’abbandono e la liquidazione del patrimonio teorico, storico e politico del movimento comunista aiuta davvero a rilanciare una strategia anticapitalista e antimperialista efficaci e conseguenti o porta piuttosto al declino e alla sussunzione nella cultura e nella prassi della sinistra moderata? Rispetto a ciò che ci dice la storia la risposta appare scontata…

C’è anche da dire che l’odierna capacità di lotta del KKE ( che, come si vede, va oggi celermente conquistando simpatie tra i giovani, tra i lavoratori e i movimenti anti Maastricht, anticapitalisti e antimperialisti di tutta Europa) non viene certo dal nulla, non sorge improvvisamente. Questa capacità di lotta ( lotta di massa, ben diversa dal radicalismo settario ed estremista, che i compagni greci rifiutano) il KKE la trova nella sua stessa storia, una storia segnata dal grande, eroico tentativo rivoluzionario del secondo dopoguerra ( quando il KKE tentò – nonostante Yalta – la presa rivoluzionaria del potere, mettendo a dura prova l’esercito inglese di occupazione, giungendo, con i suoi partigiani armati e le sue bandiere rosse, ad un passo dal centro del potere di Atene, pagando peraltro un enorme prezzo di sangue: 300 mila comunisti morti nella lotta rivoluzionaria e di liberazione nazionale); una storia, quella del KKE, segnata dalla strenua lotta antifascista contro i colonnelli greci che, in combutta con il governo USA e con la CIA, il 21 aprile del ’67, giunsero al “golpe” e alla durissima repressione antioperaia, antipopolare e anticomunista; una storia, quella dei comunisti greci, contrassegnata dalla resistenza – politica e teorica – ai profondi moti anticomunisti successivi alle derive “gorbacioviane”, al fallimento della “perestrojka” e alla caduta dell’URSS; una storia contrassegnata – anche nell’ultimo quindicennio – dall’ essere stato la guida, la testa – il KKE – delle grandi lotte operaie e contadine che si sono succedute ( queste delle ultime settimane non sono certo le prime) in Grecia contro le politiche iperliberiste di Maastricht e contro le guerre imperialiste in Iraq e nella Jugoslavia.

Se oggi i compagni greci che dall’Acropoli occupata possono lanciare un messaggio di speranza e di lotta per i popoli europei e da questi possono essere ascoltati; se oggi possono proporre a tutti i popoli e ai lavoratori europei una lettura dell’Unione europea ben diversa da quella conciliante espressa anche dalla sinistra comunista italiana, e possono parlare –ascoltati – partendo dai fatti e dalle dure condizioni del popolo greco, di “neoimperialismo europeo”; se possono spazzare via le nubi di diffidenza da cui erano stati cosparsi dall’ultimo PCI in odore di “occhettismo”, dal PDS, dal PRC e da certa “ nuova sinistra” europea è perché il KKE ha saputo resistere, negli anni durissimi della controrivoluzione successivi all’89, alle sirene del trasformismo di sinistra, mantenendo, attraverso le lotte e l’autonomia politica e culturale, la propria credibilità verso il movimento operaio greco e il proprio radicamento sociale.

Fosco Giannini
Direzione Nazionale PRC; coordinatore nazionale area de l’ernesto