REPORT della MANIFESTAZIONE contro la base USA – VICENZA 15 dicembre 2007

La manifestazione di sabato scorso a Vicenza contro la costruzione della base statunitense al Dal Molin ha evidenziato una serie di elementi positivi, ma anche alcune contraddizioni ed alcuni punti su cui articolare una seria e ponderata riflessione, per poi rilanciare un’immediata iniziativa politica.

Il dato positivo principale è senza dubbio quello della straordinaria partecipazione che ha attraversato le strade vicentine, nonostante la sistematica e scientifica censura delle televisioni e dei giornali nazionali, che anche al termine della grande giornata di lotta, hanno accuratamente evitato di darle lo spazio necessario, tranne i quotidiani Il Manifesto e Liberazione. Come infatti è stato riportato da questi due giornali, i manifestanti secondo gli organizzatori (come annunciato anche dal palco) sono stati fra gli 80 e i 100.000, mentre le cifre che più si avvicinano al dato reale si possono considerare tra le 30 e le 40.000 unità. Un livello di partecipazione che – considerato il particolare periodo pre-festivo, le condizioni meteo poco favorevoli e la censura costruita attorno all’evento – è stato elevatissimo ed eccezionale.

Il richiamo forte che ancora fortunatamente esercita la mobilitazione contro il Dal Molin dimostra che quando si tratta di lottare concretamente contro la guerra, in Italia c’è ancora una forte sensibilità fra le cittadine ed i cittadini, specie fra le giovani generazioni. Se poi la battaglia antimperialista complessiva si lega saldamente con le rivendicazioni locali di tutela e difesa del territorio – così come è avvenuto in questo ultimo anno a Vicenza – e coinvolge trasversalmente le comunità locali, il richiamo proiettato all’esterno diventa ancora più forte e le possibilità di creare un fronte più ampio e partecipato sono sempre maggiori. In questo contesto i comunisti hanno il dovere di inserirsi garantendo il massimo possibile per quanto riguarda il contributo alla lotta, non solo dal punto di vista politico, ma anche e soprattutto dal lato organizzativo. E’ questa non può e non deve rimanere una battaglia locale, può e deve diventare una battaglia nazionale ed internazionale alla cui testa devono starci anche i comunisti, semplicemente perché è una battaglia antimperialista prioritaria e decisiva, una di quelle battaglie che in Europa e nel mondo sono fondamentali dal punto di vista della concretezza politica (soprattutto per quanto concerne la visibilità ed il radicamento) e del valore simbolico prodotto nell’immaginario collettivo: l’opposizione netta e senza remore alla costruzione di una base militare statunitense, un avamposto imperialista foriero di guerra e terrore, di rischi per le popolazioni locali.

Fortunatamente i compagni e le compagne che dirigono la Federazione del Prc di Vicenza (in prevalenza dell’area dell’Ernesto), sin dal primo momento sono stati protagonisti della lotta contro il Dal Molin, sia con iniziative di lotta al fianco dei comitati ed all’interno del Presidio Permanente, sia con mobilitazioni autonome organizzate dai circoli e dalla Federazione. I compagni e le compagne del Prc di Vicenza e della provincia (Schio in primis) hanno dovuto fare i conti in primo luogo con l’ostilità dei vertici di maggioranza del Partito, che dopo il diktat di Prodi che ha imposto al governo la volontà degli Usa di costruire la base senza alcun ripensamento, hanno sostanzialmente abbandonato la lotta del popolo di Vicenza, avallando ancora una volta l’atteggiamento prevalente del Prc nazionale adottato nei confronti di questo governo sin dal suo esordio: non disturbare troppo il manovratore…

La determinazione delle compagne e dei compagni vicentini però ha fatto in modo che le bandiere del partito siano state sempre dignitosamente presenti nelle mobilitazioni contro il Dal Molin e lo spezzone della Federazione di Vicenza – che sabato apriva lo spezzone nazionale del Partito – era uno dei più grandi del corteo ed era costituito in prevalenza da giovani e giovanissimi, a dimostrazione dell’importante e costante lavoro svolto in questi ultimi mesi, nonostante le enormi antipatie ed ostilità suscitate da Rifondazione per le sue continue scelte subalterne al Governo Prodi.

Scarsa è stata la partecipazione complessiva dei militanti del Prc (tra le delegazioni più grosse presenti e visibili, oltre ovviamente alla già citata federazione di Vicenza, c’erano le federazioni di Bologna, Firenze – con la sola presenza dei compagni dell’Appello – e poco altro), ma bisogna evidenziare la presenza di diversi compagni, anche della maggioranza, dell’esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti.

Purtroppo al di sotto delle nostre aspettative è stata anche la partecipazione dei compagni dell’Ernesto da altre parti d’Italia. Probabilmente è necessario sollecitare di più una declinazione concreta dell’analisi teorica sull’imperialismo. Una delle applicazioni concrete dell’imperialismo è la costruzione delle basi americane e della Nato sul nostro territorio, così come, per esempio, effetto concreto dell’imperialismo è il fenomeno dell’immigrazione, su cui scontiamo ritardi di mobilitazione. La difficoltà nel passare dalla teoria alla pratica è uno dei limiti da superare per chi vuole costruire un partito comunista, cioè una organizzazione di lotta anticapitalistica ed antimperialista più che un luogo di sola discussione.

Nonostante tutto ciò, però, come al solito in questi casi, alla manifestazione di sabato scorso a Vicenza i militanti e le bandiere del Prc sono stati preponderanti rispetto agli altri partiti della sinistra (quasi del tutto assenti sia il Pdci che i Verdi, per non parlare di Sinistra Democratica). La cosiddetta Sinistra Arcobaleno ha la lotta per la pace solo nel simbolo che, probabilmente, serve a sostituire la falce e martello, più che a indicare la propensione pacifista, come si è visto, infatti, sia nella insofferenza con la quale l’assemblea degli Stati generali ha accolto il Comitato No dal Molin, sia nella scarsa importanza data alla manifestazione di Vicenza.

Da segnalare infine, una forte contestazione in chiusura della manifestazione subita dallo spezzone del partito e messa in atto da un centinaio di militanti legati perlopiù ad alcuni centri sociali fiorentini, a cui si sono aggiunti alcuni anarchici ed alcuni “incappucciati”. Si è trattato di una vera e propria aggressione praticata con mazze e lanci di monetine e lattine, che è andata ben oltre la semplice contestazione verbale o fischiata. Il pericolo di una degenerazione e di uno scontro fisico è stato reale. L’intervento dei compagni di Bologna, di Vicenza e di alcuni compagni dell’esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti è stato provvidenziale. Situazione davvero beffarda quella di essere contestati per una collocazione al governo, cosa che la maggior parte dei compagni presenti alla manifestazione contesta giustamente al gruppo dirigente del Partito. Mai come in questo caso, le responsabilità del gruppo dirigente nazionale sono ricadute sulla testa della base, che come sempre paga le scelte dei propri dirigenti nazionali e sempre ci mette la faccia in prima linea. Anche questo episodio ci dice che non si può continuare ad andare avanti così e ci deve spronare a cambiare radicalmente la linea politica e gruppi dirigenti non più credibili.

Gianni Turcato – Coordinatore provinciale GC di Vicenza

Agostino Giordano – Coordinatore provinciale GC di Bologna

Giuseppe Quaranta – Segreteria provinciale PRC di Bologna