Una quarantina di persone, tra cui diversi giovani e donne, hanno riempito la saletta didattica del centro polivalente “La Pandurèra” ( nome dialettale dell’antico stabilimento per la lavorazione del pomodoro che preesisteva all’attuale edificio), partecipando, con un dibattito vivace e a tratti anche aspro, alla prima iniziativa pubblica organizzata unitariamente dai comunisti in provincia di Ferrara. L’iniziativa è stata voluta, pervicacemente, dall’Ernesto, che – dopo aver dovuto rinunciare per ostacoli non politici all’iniziativa programmata in città il mese scorso – si è sperimentato qui per la prima volta sia come rivista che come area. Il grande lavoro profuso, insieme a noi, sia dai compagni nostri (in primo luogo Fosco Giannini, che ringraziamo di cuore per l’impegno profuso, dal livello nazionale, anche per assicurare (insieme al compagno Zanisi, a cui ugualmente va il nostro caloroso ringraziamento) all’iniziativa una “copertura” adeguata sulla stampa di sinistra – da Liberazione al Manifesto) che dai compagni del PdCI (in particolare nelle persone di Paolo Guerrini, coordinatore regionale Emilia Romagna e Marco Piva, segretario cittadino) ha portato ad un risultato che consideriamo soddisfacente, anche se si tratta soltanto di un primo passo, a cui speriamo di riuscire a far seguire altri momenti significativi. Va detto che Cento è una realtà, nel panorama ferrarese, abbastanza difficile per i comunisti: il circolo del PRC, decimato da quella che chiamiamo “diaspora”, è piccolissimo (poco più di una decina di iscritti, che hanno scelto l’area dell’Ernesto all’ultimo congresso ma vengono da una lunga storia di lacerazioni e di abbandono da parte della federazione provinciale, a cui si tenta da poco di porre rimedio) e il circolo del PdCI si è praticamente dissolto essendo il suo intero gruppo dirigente fuoriuscito dal partito per seguire la frazione di Katia Belillo.In questa situazione, tentare la strada della costruzione di discorso attorno alla necessità di unire i comunisti poteva apparire una sfida al di sopra delle nostre forze. Il risultato della serata ci sembra invece confermare che quella sfida va in ogni caso tentata, perchè la risposta degli uomini e delle donne che costituiscono la nostra base ed il nostro elettorato di riferimento, non manca nemmeno nelle situazioni più…disperate. Proprio su questo hanno fatto leva le conclusioni, convincenti e ascoltate con estremo interesse fino a tarda ora anche da chi aveva mosso aspre contestazioni ai gruppi dirigenti -locali e nazionali – dei due partiti , del nostro Giannini, conclusioni che stiamo sbobinando e che pubblicheremo integralmente appena pronte. Assente per imprevisti impegni nazionali Roberto Soffritti, dell’Ufficio nazionale del PdCI, l’apertura della serata è toccata al segretario del circolo del PRC, Pino Bellanova (la invieremo successivamente in allegato), che ha catturato anche il cuore dei presenti dicendo, a partire dalla sua esperienza (di formazione cattolica, è arrivato al PRC da posizioni moderate) che cosa significa essere comunisti oggi, anzi diventarlo e cercare di restarci, sapendo di avere alle spalle una storia più che decennale di divisione. L’intervento introduttivo (che invieremo appena trascritto) è toccato dunque alla compagna Delfina Tromboni (che scrive queste note) la quale, sia pure recuperando il necessario discorso sul processo unitario in atto (lista e simbolo unico per le europee, ma per Ferrara anche per le amministrative, e prime “prove” di cammino comune tra i due partiti a livello locale) non ha rinunciato al “taglio” particolare che era stato concordato per il suo contributo, e ha letto la crisi e la prospettiva politica a partire dallo sguardo particolare che su di esse posano le donne, un soggetto sociale e politico per il quale i processi in atto assumono caratteristiche peculiari, di cui chi si dice comunista (o anche semplicemente di sinistra) non può non tenere conto. A seguire l’intervento di Dominic, nigeriano che vive nel Ferrarese da molti anni e fa parte del movimento immigrati dell’Emilia Romagna. Dominic, che si è definito un “non politico”, ha raccontato con spontaneità le difficoltà che le persone migranti incontrano ad essere accettate e quindi ad integrarsi nella nostra società, pur arrivando qui per lavorare e lavorando in genere in posti di lavoro rifiutati dagli italiani. Ha denunciato l’immagine che nel senso comune si tenta di far passare degli immigrati, persone additate come violente o tendenti a delinquere in ogni caso, sulla base di un pregiudizio che poggia unicamente sul diverso colore della pelle. Da “non politico” ha quindi deciso di impegnarsi con il PdCI per costruire insieme ai nativi la prospettiva di una società in cui le differenze di cultura, di nazionalità di colore della pelle, di usi e costumi, non siano più fonte di discriminazione. Il coordinatore regionale del PdCI Emilia Romagna, Paolo Guerrini, ha speso molta parte del suo intervento per spiegare le ragioni per cui, pur dissentendo su molte scelte, i comunisti hanno deciso di sostenere il governo Prodi, un governo costretto a lavorare senza aver vinto le elezioni, quindi senza una reale maggioranza parlamentare (solo 24.000 voti in più alla Camera e nemmeno quelli al Senato).Su questo punto ha marcato la differenza di giudizio rispetto alle cose dette da Bellanova nel suo intervento di apertura, ma ha sottolineato la convinzione che posizioni diverse, anche su questioni di tale importanza, possono convivere all’interno dello stesso partito.Si è poi soffermato sulle contraddizioni del PD che, nel mentre lamenta la possibilità alle prossime elezioni di perdere una trentina di provincie, non esita ad appoggiare il referendum a favore del bipartitismo secco, così come non ha esitato a lavorare per lo sbarramento del 4 per cento alle europee con l’obiettivo di far fuori la sinistra e in particolare i comunisti, senza comprendere che è proprio la logica maggioritaria ad aver cacciato nell’angolo la possibilità di costruzione di una seria alternativa al governo delle destre. Ha infine chiuso tornando a sottolineare che oggi non c’è più spazio per due partiti comunisti e che l’unità va perseguita per dare voce e gambe agli interessi dei lavoratori, ai diritti sociali e civili, alla crescita democratica del Paese. La discussione, come detto, è stata partecipata e vivace. Diverse interruzioni, soprattutto all’intervento di Guerrini avevano già preannunciato un clima non idilliaco,ma di confronto vero: l’unità dei comunisti, soprattutto la ricomposizione della diaspora, venivano indicati come obiettivo condiviso e da perseguire, ma le difficoltà apparivano ad alcuni più forti della possibilità concreta di arrivarci a breve. Questioni di carattere locale e anche antiche divisioni personali venivano portate in campo per sottolineare disillusione e sfiducia, e ad un certo punto le questioni sono state poste anche da un punto di vista generazionale: come se dalla crisi della sinistra e dalle divisioni tra comunisti si potesse uscire semplicemente chiudendo i conti con i vecchi gruppi dirigenti e imponendo un ricambio generazionale nettissimo, chissà perchè ritenuto di per sé salvifico . Altri interventi riportavano la discussione ai temi proposti dall’iniziativa. Magistrale è stata (va detto per amor di verità) la capacità di Fosco – senza negare gli elementi di difficoltà e crisi – di ricondurre le analisi sul piano della politica, contestualizzando scelte, decisioni, errori e anche rotture, e rimettendo nella giusta prospettiva la domanda sui destini del comunismo nel mondo attuale, segnato da processi rivoluzionari in gran parte dei paesi dell’America latina, dell’Africa e dell’Asia e, contestualmente, dall’involuzione della prospettiva rivoluzionaria in Europa, dove il fallimento del modello socialdemocratico – non meno della caduta dei paesi comunisti dell’Est – ha aperto la strada ad una prospettiva liberista ormai vissuta come unica “sponda”, in cui il mercato assume caratteristiche quasi di naturalità, anziché mantenere quelle di creazione umana all’interno di un preciso sistema di organizzazione della produzione, quello capitalistico. La sua analisi è stata molto articolata, come si potrà leggere appena invieremo la sbobinatura.
Tra i presenti, il segretario del PdCI bolognese e una esponente di Socialismo 2000, già vicepresidente del Consiglio Nazionale DS. Particolarmente apprezzata da noi ferraresi l’attenzione con cui il coordinatore regionale dell’Ernesto, Stefano Franchi, ha seguito l’iniziativa, telefonando in tempo reale a Fosco e a Dante Giordano, nonostante fosse impegnato nel Comitato politico provinciale di Bologna. Abbiamo così saputo, sempre in tempo reale, dell’ottima conclusione di quel cpf, con la approvazione di liste unitarie nel Comune capoluogo, in Provincia e nei comuni superiori ai 15.000 abitanti. Anche a Stefano, che si è prodigato per la riuscita della nostra iniziativa centese, va il nostro sentito ringraziamento.
La pizza finale (la tarda ora ha impedito a Fosco di gustare i nostri famosissimi “cappellacci” causa chiusura delle cucine) ha concluso, anch’essa politicamente, la serata. Personalmente mi sono deliziata nell’ascoltare i battibecchi politici tra Fosco e Guerrini, conditi dal sarcasmo marchigiano che tutti conosciamo, nonché alcuni racconti dello stesso Guerrini (che infine ho scoperto essere il marito di una carissima compagna, Anna Bassi, conosciuta nell’autoconvocazione nazionale dell’UDI) sulle sue esperienze nel Partito e nel governo, mentre accanto a noi Dante Giordano per l’Ernesto e Marco Piva per il PdCI discutevano alcuni problemi relativi alla lista unica di Ferrara e programmavano alcuni percorsi elettorali. Come dire? Nel fine serata, a loro il lavoro, a noi il piacere… Finalmente, alle 2 di notte passate, tutti quanti siamo riusciti ad infilarci sotto le coperte!