Quale socialismo per il XXI secolo?

il Partito comunista del Sudafrica (PCSA) resta profondamente impegnato nell’obiettivo strategico di far avanzare e approfondire la rivoluzione nazionale e democratica (RND), le cui finalità costituiscono, nella situazione sudafricana e partendo dalla prospettiva strategica dei comunisti, anche la via più diretta verso una transizione al socialismo.
Nel IX Congresso Nazionale del 1995, oltre a ribadire il nostro impegno per la RND (“Far avanzare, approfondire e difendere la rottura democratica”), noi abbiamo anche adottato un’altra parola d’ordine : “Il socialismo è il futuro, cominciamo a costruirlo fin da ora”. Che cosa significa e perché il PCSA ha adottato questa parola d’ordine strategica?

A partire dagli anni ’90, il PCSA ha abbandonato (se mai l’aveva pienamente accettata) un’impostazione meccanicistica “a due fasi”, con una muraglia cinese (o piuttosto, un’ulteriore presa del potere rivoluzionaria) tra RND progressiva e transizione al socialismo. Tuttavia, nella nostra teoria e nella nostra prassi persistono ancora elementi analitici impostati sulle fasi. E’ questo il contesto nel quale abbiamo discusso, a partire dagli anni ’90, sul come coniugare al meglio il rapporto strategico tra RND e transizione al socialismo, arrivando all’adozione della nostra nuova parola d’ordine, che di fatto ha segnato una svolta concettuale e programmatica nella teoria del PCSA.
Tale svolta è stata determinata da diversi fattori, interni ed esterni al nostro Paese.

Il collasso del blocco sovietico

Tra i fattori più importanti occorre collocare il collasso del blocco sovietico dei Paesi socialisti, all’inizio degli anni ’90. Nel precedente trentennio, nelle analisi tanto del PCSA quanto dell’ ANC (African National Congress), l’esistenza di questo blocco socialista costituiva un fondamentale contrappeso su scala mondiale al predominio del blocco imperialista; contrappeso che, a nostro avviso, creava per i movimenti progressivi di liberazione nazionale del Sud del mondo quelle condizioni per cui, una volta preso il potere, avrebbero avuto maggiori prospettive nel percorso di avanzamento delle RND, caratterizzate da elementi “non capitalistici”, o ad “orientamento socialista”.
Sia l’ANC sia il PCSA hanno sostenuto che una RND più radicale era non solo più realizzabile (dato il contrappeso del blocco socialista su scala globale), ma assolutamente essenziale per superare il retaggio di quel genere particolare di colonialismo caratteristico del nostro Paese. I rapporti di forza meno favorevoli su scala mondiale prevalenti dopo il 1990 non hanno modificato la persistente necessità di una radicale RND su basi “non capitalistiche”, anche se le prospettive di successo sono diminuite.
Negli anni ’90, tuttavia, vi era il rischio di ridefinire le necessità alla luce delle reali possibilità di successo o, peggio ancora, di fare questo senza alcuna valutazione ed analisi strategica concreta e collettiva. La parola d’ordine programmatica “Il socialismo è il futuro, cominciamo a costruirlo fin da ora” era, in parte, un tentativo di ribadire la validità della prospettiva socialista all’interno della RND e del superamento del retaggio del nostro modello coloniale, benché dopo il 1990 l’avanzamento della RND fosse divenuto considerevolmente più difficile.

Conquiste e insuccessi del sistema sovietico. Un secondo fattore importante che ha indotto il PCSA ad adottare, nel 1995, la parola d’ordine “Il socialismo è il futuro, cominciamo a costruirlo fin da ora”, è stata la nostra analisi relativa alle conquiste ed agli insuccessi dello stesso sistema socialista sovietico. E’ questa un’analisi discussa all’interno del partito, che è stata (ed è) anche uno sforzo collettivo realizzato congiuntamente ad un’ampia schiera di altri partiti e raggruppamenti comunisti, operai e progressisti a livello internazionale, in un grande numero di incontri bilaterali e multilaterali.

La nostra analisi include il crescente convincimento che parte delle ragioni del collasso del blocco sovietico è stata determinata dall’inadeguata comprensione dei nessi tra la transizione al socialismo ed un capitalismo dominante su scala globale. Dopo il 1917, per effetto combinato del “cordone sanitario” imperialista attorno all’Urss e dei crescenti tentativi di destabilizzazione dell’Unione Sovietica, con le scelte strategiche effettuate negli anni di Stalin (“socialismo in un solo paese”), la costruzione del socialismo in URSS si stava sempre più configurando come un progetto più o meno autarchico, isolato dal sistema capitalistico globalmente dominante.

Dopo il 1945, l’opzione strategica della costruzione del “socialismo in un solo paese” è stata estesa (non senza contraddizioni interne, tra cui gravi divergenze tra Cina e URSS) configurando il tentativo di costruzione del “socialismo in un solo blocco”. Nel periodo staliniano venne abbandonata la prospettiva marxista del socialismo che emerge dialetticamente sul terreno del capitalismo dominante (“nel ventre” del capitalismo stesso), mentre si teorizzò che il socialismo avrebbe potuto essere edificato solo in seguito ad una “conquista del potere” da parte del proletariato e ad una sua conseguente “dittatura”.

All’interno di tale concezione si sono sviluppate poi diverse incoerenze sul piano teorico. Ad esempio, alla luce delle esperienze rivoluzionarie nel Sud del mondo durante gli anni ’60, ‘70 e ’80, si svilupparono i concetti ibridi di via “non capitalistica” e ad “orientamento socialista”. Tali esperienze riguardavano i movimenti progressisti di liberazione del Sud del mondo, con le loro potenzialità e tensioni in direzione di una introduzione di elementi di socialismo in condizioni dove la classe operaia non era ancora maggioritaria, dove il potere politico era detenuto non già da una “dittatura del proletariato”, bensì da un blocco di forze interclassiste di orientamento nazional-democratico.

La Cina e Cuba oggi

La difesa delle conquiste socialiste a Cuba e nella Repubblica Popolare Cinese. La riflessione critica entro il PCSA circa l’edificazione del socialismo e le ragioni alla base del collasso del blocco sovietico è avvenuta contestualmente a grandi sforzi sul piano pratico e programmatico, in paesi come la Cina e Cuba, in difesa delle loro conquiste socialiste, e per rinnovare la propria analisi socialista nel quadro della più sfavorevole situazione determinatasi sul piano mondiale a partire dal 1990.
In questi ed altri casi la difesa del socialismo, unita ad un rinnovamento e rinvigorimento della strategia socialista, implicava un rapporto attivo e strategico col capitalismo globale, ma NON, come invece è avvenuto nella Russia di Eltsin, una resa di fronte ad esso.

A Cuba si è compreso che la difesa ed il rinnovamento del socialismo avrebbero dovuto essere condotti, almeno fino ad un certo punto, “nel ventre” (o piuttosto sul terreno) del sistema capitalistico dominante su scala mondiale, e non in una sorta di blocco isolato.
In Cina, questa prospettiva strategica era già stata almeno parzialmente adottata a partire dal 1978.
Queste esperienze in atto hanno ulteriormente rafforzato il PCSA nella convinzione che il futuro socialista doveva essere difeso e costruito a partire da un presente dominato dal capitalismo.

Esperienze dei partiti comunisti nei paesi capitalistici. La vittoria democratica del 1994 nel nostro paese ed i cambiamenti di governo incontrati dal nostro movimento, hanno costretto il PCSA a prestare molta più attenzione all’attuale prassi socialista ed alle conquiste socio-economiche raggiunte dai partiti comunisti (e da altre forze di progresso) in seguito a successi elettorali in paesi che restavano sotto il dominio del capitalismo.
Abbiamo studiato ed attivamente interagito con esempi diversi tra loro quali le amministrazioni comunali governate dai comunisti o progressisti in Francia e in Brasile, le regioni una volta governate dall’ex PCI in Italia, il movimento cooperativo a Cipro, gli esempi di quegli Stati che in India sono governati dai comunisti (Kerala e Bengala Occidentale).
Questi e molti altri casi pure suggestivi di maggiori trasformazioni socio-economiche sono, a nostro avviso, esempi di avanzamento verso elementi di socialismo sul terreno di società ancora dominate dal capitalismo; esempi che hanno corroborato il nostro convincimento della giustezza della nostra prospettiva programmatica “costruire il socialismo fin da ora”.

La socialdemocrazia. I tre lustri che hanno preceduto il 1990 hanno evidenziato non solo una crescente stagnazione ed un progressivo collasso nella maggior parte delle cosiddette istituzioni socialiste sovietiche, ma pure il regresso della maggior parte delle grandi conquiste sociali e democratiche ottenute in alcuni paesi capitalisticamente avanzati.
Dopo i venticinque anni della ricostruzione post-bellica e dello sviluppo successivo al 1945, le grandi multinazionali capitalistiche dei singoli paesi (in Germania, Italia, Svezia, Regno Unito, ecc.) hanno registrato una sempre maggiore mobilità su scala globale ed una crescente inclinazione a sfuggire al rispetto degli accordi sociali nazionali. Sotto l’impatto del “reaganismo” e del “thatcherismo” (poi definiti politiche neoliberali), in seguito alla vittoria elettorale di schieramenti di centrodestra in molti di questi paesi, la stessa socialdemocrazia è largamente arretrata.

Queste tendenze hanno avuto esiti contraddittori nella socialdemocrazia, l’altra grande corrente socialista che trae le proprie origini dal marxismo del 19° secolo. In alcuni casi si è accentuato l’opportunismo elettoralistico identificato da Lenin e da altri come un tratto caratteristico della socialdemocrazia, con l’illusoria prospettiva di una “terza via” e l’abbandono di ogni riferimento al socialismo.
Tuttavia, i tentativi di cancellare le conquiste dello “Stato sociale”, la devastante privatizzazione di enti di pubblica utilità, la deindustrializzazione di cospicui settori del mondo capitalistico sviluppato, l’aggravarsi della disoccupazione e della povertà, la flessibilità del mercato del lavoro, la transnazionalizzazione della produzione, hanno avuto come risultato il moltiplicarsi di campagne progressiste e di mobilitazioni organizzate da formazioni riconducibili a tradizioni socialdemocratiche. In questo contesto numerose campagne congiunte hanno coinvolto i lavoratori del Sud e del Nord del mondo (spesso dipendenti dalle stesse aziende transnazionali).

Oggi il COSATU (la Confedera-zione dei sindacati sudafricani – ndr) è una componente importante della Confederazione internazionale del Sindacati Liberi (CISL); e l’ ANC è un membro recente, ma attivo e prestigioso, dell’Internazio-nale Socialista. Ovviamente, la CISL e l’IS sono stati, nel periodo della Guerra Fredda, importanti organismi internazionali del movimento socialdemocratico, in attiva opposizione al comunismo ed ai partiti comunisti. Nel contesto delle nuove realtà globali, il PCSA ha giudicato favorevolmente la partecipazione dei nostri due alleati a tali soggetti internazionali.
Pensiamo che una disamina critica, ma anche aperta, dei successi, dei limiti e degli insuccessi della socialdemocrazia assuma grande importanza per il rilancio di un progetto socialista.

La vittoria democratica del 1994

Sulla nostra parola d’ordine programmatica hanno influito molte delle considerazioni in precedenza riportate, ma essa è stata anche, e soprattutto, una risposta ai nuovi compiti ed al terreno assai più propizio determinatosi nel nostro paese a seguito della vittoria democratica del 1994.
Secondo la nostra analisi (e quella dell’ ANC), la vittoria democratica del 1994 ha portato al potere un blocco di forze avanzate, che rappresenta una pluralità di classi e ceti oppressi, ma nel quale la forza motrice essenziale è costituita dalla classe operaia. Un’impostazione meccanicistica “a due tappe” avrebbe potuto indurci alla conclusione falsa (e foriera di divisioni) che la transizione al socialismo avrebbe richiesto un’altra rivoluzione politica, nella quale la classe operaia, in nome del “socialismo”, avrebbe rovesciato il proprio Stato democratico-nazionale, mettendo ai margini i propri alleati più prossimi.
Benchè la nostra parola d’ordine strategica (“Il socialismo è il futuro, cominciamo a costruirlo fin da ora”) non faccia appello ad un’immediata transizione al socialismo, essa mette in rilievo il fatto che la vittoria democratica del 1994 ha aperto una situazione che rende possibile, a partire dal presente, una battaglia per una transizione graduale al socialismo, come parte costitutiva della prosecuzione, dell’approfondimento e della difesa della nostra rivoluzione nazionale democratica.
La costruzione di “elementi di socialismo”. Dal punto di vista della prospettiva del PCSA, tutti gli obiettivi programmatici elaborati nel nostro documento congressuale sono parte costitutiva ed integrante della prosecuzione della RND e della costruzione di un percorso volto alla introduzione di elementi di socialismo.
Per costruire “elementi di socialismo” appare essenziale:
1) Consolidare il potere popolare a direzione operaia, mediante il rafforzamento di uno stato nazionale, democratico, sviluppato che si caratterizzi per la capacità strategica di condurre la lotta contro il sottosviluppo imposto dal capitalismo;
2) Far regredire il mercato capitalistico, a partire dalla demercificazione dei bisogni fondamentali. Acqua, elettricità, sanità, casa, trasporti, cultura ed informazione non dovrebbero per eccellenza essere delle merci. Il PCSA è impegnato a lottare contro la schiacciante supremazia del mercato capitalistico, che cerca di convertire tutto in merce, e fare di tutti noi meri compratori e venditori. Dobbiamo batterci per la demercificazione di ambiti sociali sempre più vasti;
3) Trasformare il mercato: la demercificazione di settori fondamentali della nostra società non significa la completa abolizione del mercato, ma piuttosto il contenimento del suo dominio. Nella misura in cui i mercati continuano ad essere importanti regolatori della distribuzione, dobbiamo fare i conti anche con essi. I mercati non sono realtà “neutrali”, che riflettono semplicemente il “libero gioco” di offerta e domanda: essi riflettono oggi il potere di classe accumulato dai capitalisti. Noi dobbiamo intervenire su di essi col potere collettivo della società per modificare e trasformare i rapporti di potere vigenti. Le battaglie per trasformare il potere del mercato includono:
– uno sviluppo del mercato del lavoro attivo, potenziando il potere dei sindacati, la formazione professionale e l’educazione di base degli adulti, provvedimenti questi intesi a cambiare in qualche misura i termini del confronto tra operai e capitalisti sul mercato del lavoro:
– l’utilizzo effettivo dei sussidi statali, delle politiche monetarie, dei controlli regolatori, della legislazione sui reinvestimenti comunitari, ecc., per trasformare i mercati in senso democratico;
– l’istituzione di forum di consumatori con poteri negoziali e relativi organismi di difesa civica.
4) Socializzazione della funzione proprietaria: abbiamo già sottolineato i molti modi in cui la funzione proprietaria può essere socializzata, tra cui:
– costruzione di un forte settore pubblico, nel quadro del consolidamento di uno Stato nazionale, democratico, sviluppato;
– promozione di un ampio settore cooperativo;
– potenziamento dell’effettivo controllo strategico dei lavoratori sul capitale sociale (p.es. pensioni e fondi di previdenza).
5) Rinnovamento morale della nostra società, sulla base della solidarietà con/per i lavoratori ed i poveri : i valori morali dominanti del capitalismo odierno (individualismo rampante, sciocca imitazione dei dogmi più arretrati e commerciali propri dell’ideologia USA, carrierismo come combinazione di volontarismo e fortuna, sistema patriarcale e militarista, esibizione di ricchezza e consumismo, cinismo rispetto alle istituzioni pubbliche) influiscono sulla nostra stessa società con esiti disastrosi. La risposta a questo sistema di valori aggressivo e “globalizzato” spesso consiste nel ripudio della modernità, con l’adozione di una qualche variante di fondamentalismo reazionario o di un’angusta “etica” individuale che rifugge dalle grandi realtà socioeconomiche. Questo genere di regressioni sono assolutamente inadeguate per costituire le fondamenta di un rilevante rinnovamento morale della nostra società. Secondo il PCSA, l’affermazione di valori sociali quali uguaglianza, libertà, solidarietà con/per i lavoratori ed i poveri, deve costituire un ruolo essenziale nel “programma di ricostruzione e sviluppo delle coscienze”, componente integrante della complessiva RND.

La strategia del Partito può essere così ricapitolata:
– approfondire e difendere la RND come fondamento e via più diretta per la costruzione del socialismo;
– costruire una tensione ed un percorso verso la costruzione di elementi di socialismo quali mezzi più coerenti per approfondire e difendere la RND.
Queste due dimensioni della nostra strategia, nazional-democratica e socialista, non sono contraddittorie ma sinergiche, tali da rafforzarsi reciprocamente.

Il nostro approccio al socialismo

Abbiamo parlato di costruire una tensione ed un percorso verso l’edificazione di elementi di socialismo a partire dal presente. Ma che cosa intendiamo per “socialismo”?
Esso è, anzitutto, un sistema economico nel quale la proprietà sociale costituisce l’elemento predominante, in termini sia di capacità produttiva strategica, sia di determinazione effettiva del PIL. Questo settore di produzione dovrà comprendere svariate forme di proprietà: statale (nazionale, regionale, locale), parastatale, a capitale sociale (p.es. fondi posseduti e controllati dai lavoratori), e varie forme di proprietà cooperativa.
Un’economia socialista è di per sé transitoria e mista; nella prospettiva strategica del partito comunista costituisce un contesto nel quale, facendo leva sul predominio della proprietà sociale, sussistono effettive possibilità di procedere speditamente verso la democratizzazione della società, di superare il sistema di sfruttamento costituitosi intorno all’accumulazione capitalistica, e di conferire progressivamente alle donne il potere che loro spetta, abolendo il sistema patriarcale.
L’obiettivo a lungo termine del PCSA è quello di passare attraverso una transizione socialista, per poi procedere nella direzione di una società comunista, che implichi l’abolizione di ogni forma di sfruttamento capitalistico sia nel nostro paese, che su scala mondiale.

In termini politici, una società socialista è quella in cui la classe operaia si è costituita insieme ad i suoi alleati in un blocco di governo, con un sostegno popolare di massa quale base per rintuzzare gli inevitabili tentativi di reprimere o sabotare una tale vittoria. Sarà questo blocco di governo sotto l’egemonia della classe operaia a determinare, in un ordinamento realmente democratico, le modalità di distribuzione del plusvalore sociale a favore della grande maggioranza della popolazione, con il preciso obiettivo di superare l’oppressione di classe, nazionale e patriarcale.
L’evoluzione di una teoria e di un programma per una transizione al socialismo non potrebbe nè dovrebbe determinarsi sulla base di uno schema precostituito: il modo in cui ciascuna società avanzerà nella lotta per il socialismo, con una ricaduta diretta anche sul cammino da seguire, sarà determinato sulla base delle singole e peculiari condizioni.

In Sudafrica, la vittoria democratica del 1994 ci permette di impegnarci nell’educazione socialista di massa tra la classe operaia e la grande maggioranza del nostro popolo, che possono trarre beneficio dai vantaggi di un’economia socialista.
L’esistenza di una classe operaia numerosa, strutturata e combattiva – tra le maggiori dell’intero continente africano -, relativamente ben organizzata e forgiata da grandi tradizioni di lotta, costituisce un patrimonio enorme con cui il partito deve costantemente rapportarsi, tentando di costruire mobilitazioni su un programma socialista. Il maggior sindacato, il COSATU, si è pronunciato apertamente per il socialismo, e questo è un altro baluardo su cui dobbiamo poggiare i nostri sforzi. Il nostro primo obiettivo è quello di costruire nella classe operaia coscienza e fiducia politiche, non già in termini astratti, ma nel vivo delle lotte per migliorare le condizioni di vita.
Il retaggio del colonialismo e del “capitalismo modello apartheid “ ha creato un terreno fecondo per la costruzione di una coscienza, di idee e di una propaganda socialiste. Il fatto poi che attualmente il capitalismo vada esasperando, invece di superare, i molti aspetti nazionali, di classe e di genere del retaggio dell’apartheid, soprattutto nei confronti delle masse lavoratrici e popolari del nostro paese, è motivo supplementare per una profonda e relativamente spontanea simpatia verso il socialismo. L’elevato tasso di disoccupazione, le politiche liberiste di austerità e riduzione delle spese, la crescente povertà soprattutto femminile stanno imponendo, malgrado le significative riforme ottenute, un processo di pauperizzazione dell’intera classe operaia, ed in particolare della sua maggioranza di colore.
Legato al terreno fecondo per una vasta iniziativa di educazione socialista, vi è il bisogno di ampliare, integrare ed approfondire il programma autonomo del PCSA, affinché esso divenga patrimonio dei più estesi settori della classe operaia e delle masse dei contadini senza terra. Ad esempio, la nostra campagna attualmente in corso per la trasformazione del settore finanziario dovrebbe essere esplicitamente legata al suo carattere capitalistico ed all’esigenza di costituire un settore di servizi finanziari alternativo, di tipo socialista, in grado di rispondere ai bisogni dei lavoratori e dei poveri. Il nostro programma dovrebbe altresì cercare di utilizzare le esperienze “socialiste” già esistenti delle associazioni di risparmiatori ed altre per connetterle ad una più ampia coscienza della costruzione di un settore finanziario socializzato.
Tutte le nostre campagne – trasformazione del settore finanziario, costruzione di un forte e trasparente settore pubblico e cooperativo, politiche di sviluppo industriale, fornitura gratuita di servizi di base – devono essere coscientemente connesse sia alla critica ed all’educazione circa i mali del capitalismo e dell’oppressione di genere, a partire dalla natura retriva del mercato capitalistico, sia alla necessità di sottrarre alla mercificazione il soddisfacimento dei bisogni fondamentali e di costruire contestualmente elementi di socialismo nella fase attuale.
Queste campagne devono essere sostenute da una rinnovata attenzione verso l’elaborazione e diffusione della letteratura di partito nelle file della classe operaia e tra le masse popolari del nostro paese. Tutte le nostre strutture devono rendersi conto che senza un’efficace diffusione della letteratura di partito la nostra prospettiva e la nostra lotta per il socialismo risulteranno gravemente compromesse. Nei prossimi anni, bisognerà inventare rapidamente sistemi meno convenzionali per la diffusione del materiale di partito, come elemento indispensabile per la costruzione di una coscienza socialista e per guadagnare ulteriore fiducia all’interno della classe operaia.

(Tratto dai materiali di discussione per l’11° congresso del Partito comunista sudafricano del luglio 2002. Traduzione a cura di Marcello Graziosi e Fernando Visentin)