Perché ho aderito all’Appello in difesa di Cuba

Assieme ad oltre 200 (divenuti in poco tempo oltre 2.000) fra intellettuali, artisti e testimoni del nostro tempo, ho firmato anch’io l’appello teso a respingere il consueto tentativo degli USA di far censurare Cuba dalla Commissione “Diritti umani” dell’ ONU. La mia adesione nasce da un’analisi razionale e, insieme, da un’esigenza etica. Mi chiedo: può il governo di Washington, che con il suo esercito di occupazione in Iraq ha violato ogni codice di comportamento e di rispetto umano giungendo agli orrori di Falluja e di Abu Ghraib, ergersi a giudice dei diritti umani? Può chiedere di far condannare un paese come Cuba, discutibile come ogni altro, ma dove mai si sono verificate le sparizioni, le torture, le esecuzioni extragiudiziali perpetrate dai comandanti e dai soldati USA in Iraq? Ha il necessario livello morale un governo come quello americano, responsabile degli orrori di Guantanamo – il luogo dove ogni legge e ogni pietà si sono spente e in cui regna la disumanità – per chiedere la censura per un paese come Cuba, segnato da una lunga lotta in difesa del proprio popolo e dei suoi diritti, e dalle conquiste sociali nel campo dell’educazione, della sanità, della cultura, da considerarsi anch’esse a tutti gli effetti diritti umani, diritti sempre ignorati in tutta l’America Latina e spesso anche negli USA?
Per questo sono perplesso riguardo all’apertura di credito sui diritti umani accordata recentemente al governo Bush da Piero Fassino, proprio poche settimane dopo il rilascio di Giuliana Sgrena e l’ assassinio di Nicola Calipari, morto per una “deprecabile sventagliata di fuoco amico”! Avrei sperato, infatti, in una maggiore accortezza da parte del segretario Ds, visto che, appena alla fine di gennaio, Eason Jordan, per 23 anni executive della Cnn (il più prestigioso network d’informazione del mondo), aveva dovuto lasciare l’azienda che aveva fatto grande per una rivelazione che gli era scappata dalla bocca durante uno dei panel ristretti del summit di Davos, il forum economico dei paesi ricchi: “Le truppe in Iraq non vanno tanto per il sottile. Sono a conoscenza dei casi di 12 giornalisti uccisi deliberatamente dai soldati americani proprio in quanto reporter”. Jordan, per coerenza, non aveva ritrattato, e aveva preferito andarsene. Ma qualcuno negli Stati Uniti, per etica, ha ricostruito l’identità di ognuno di questi cronisti uccisi dal “fuoco amico”. Purtroppo però, per molti, quando una violenza viene commessa dagli Usa sembra perdere la sua gravità.
Per anni, per esempio, abbiamo assistito al miserando “mercato dei diritti umani”, come lo ha definito Rigoberta Menchú, Nobel per la Pace, nel quale il governo di Washington magari teneva, come due anni fa, sotto ricatto l’imbelle ex presidente dell’Uruguay, Battle, che non avrebbe ricevuto un aiuto economico di cui il suo paese aveva disperato bisogno, se non avesse presentato la risoluzione contro la Revolución come voleva Bush jr. Per sostenerlo gli offrirono come partner in questa operazione spericolata il Guatemala. Una scelta azzardata, perché in quel momento il paese centroamericano aveva come presidente del parlamento il generale Efrain Rios Montt, responsabile negli anni ’80 e fino agli inizi degli anni ‘90, con i suoi due colleghi Lucas García e Mejias Victores, del genocidio perpetrato in quel disgraziato paese contro le popolazioni maya, un genocidio mai condannato dall’Europa o dall’Onu che produsse 30 mila desaparecidos, 627 massacri accertati e oltre 2.000 cimiteri clandestini.
Eppure l’Europa, che da tredici anni ogni autunno con altri 150 paesi vota ipocritamente il suo rifiuto dell’immorale e quarantennale embargo economico a Cuba (approvato solo da Stati Uniti, Israele, Micronesia e Isole Marshall), si dimentica sempre, cinque mesi dopo, delle ragioni che le hanno fatto condannare l’assedio all’isola. E vota la censura al governo dell’Avana per non dispiacere gli Stati Uniti.
Due anni fa, in quindici giorni, si verificarono nell’isola i dirottamenti di tre aerei passeggeri e del ferry boat della baia dell’Avana, certamente non opera di dissidenti o presunti tali, ma il risultato di una strategia di destabilizzazione messa in opera (come ha confermato pubblicamente lo stesso George W. Bush) dal Dipartimento di Stato Usa con uno stanziamento di 53 milioni di dollari l’anno per favorire a Cuba un cambio politico “rapido e drastico”. L’Europa in quell’occasione stigmatizzò legittimamente la reazione brutale del governo dell’Avana, che aveva rotto quell’assedio fra l’altro condannando a morte tre degli 11 sequestratori (con coltelli alla gola dei turisti) del ferry boat, ma si dimenticò di censurare anche l’attitudine e l’operato degli Stati Uniti, che facevano strame di ogni diritto di autodeterminazione di un popolo. È questa doppia morale che risulta inaccettabile, a me e agli altri firmatari dell’appello. Un governo che ha violato diritti umani di ogni genere in Iraq e nella base di Guantanamo, e che non sa dare una spiegazione riguardo ai 3.000 cittadini nordamericani desaparecidos negli ultimi 3 anni per le leggi antiterrorismo volute da Bush jr. dopo l’11 settembre 2001, non ha alcuna autorità morale per chiedere la condanna di altri paesi.

In difesa di Cuba e della sua rivoluzione il giorno 20 marzo è apparso sul giornale spagnolo El Pais un Appello di 200 intellettuali, dirigenti del movimento operaio, attivisti politici, artisti ed esponenti tra i più noti e prestigiosi del mondo ( tra i quali quattro premi Nobel). L’Appello dei 200, già sottoscritto da altre migliaia di esponenti internazionali del mondo politico e intellettuale, è uscito alla vigilia del verdetto della Commissione Onu sui diritti umani e nel tentativo di sventare la possibile censura contro Cuba cui punta l’Amministrazione Bush. Di questo Appello ci sembra doveroso riproporre l’intero testo e alcune delle firme.

IMPEDIAMO UNA NUOVA MANOVRA CONTRO CUBA

Dal 14 marzo fino al 22 aprile 2005 si svolgerà a Ginevra il 61º periodo di sessioni della Commissione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU, dove ancora una volta il governo degli Stati Uniti, esercitando pressioni sui paesi membri, cercherà di fare approvare una risoluzione contro Cuba. Si tratta di manipolare selettivamente il tema per giustificare l’intensificazione della politica di blocco e aggressioni che, in violazione del Diritto Internazionale, porta avanti la maggiore superpotenza del pianeta contro un piccolo paese. La Commissione deve rappresentare tutti i popoli delle Nazione Unite e vegliare sul rispetto dei diritti di tutti gli uomini e di tutte le donne al mondo. Tuttavia, risulta significativo che nel seno della Commissione, durante il periodo di sessioni dell’anno scorso, non sia stato possibile valutare, neanche dibattere, le atroci violazioni dei diritti umani che avvengono nelle prigioni statunitensi di Abub Ghraib e Guantánamo.
Il governo degli Stati Uniti non ha l’autorità morale per erigersi a giudice dei diritti umani a Cuba, dove non c’è mai stato nemmeno un caso di desaparecido, di tortura o esecuzione estragiudiziale e dove, nonostante il blocco, sono stati raggiunti indici di salute, istruzione e cultura internazionalmente riconosciuti. Chiediamo ai governi dei paesi rappresentati nella Commissione di non permettere che la medesima sia utilizzata per legittimare la aggressività anticubana dell’amministrazione Bush, in momenti in cui l’attuale politica bellicista di Washington fa prevedere un’eventuale escalation di conseguenze in estremo gravi. Convochiamo, inoltre, giornalisti, scrittori e scrittrici, artisti, professori e professoresse, maestri e maestre e attivisti sociali a rivolgersi ai suddetti governi e a manifestarsi attraverso tutte le vie possibili per impedire questa pericolosa manovra.

Tra i primi firmatari:
Adolfo Pérez Esquivel; José Saramago; Nadine Gordimer; Rigoberta Menchù; Ettore Scola; Claudio Abbado; Dario Fo, Luciana Castellina; Gianni Minà; Harry Belafonte; Mario Benedetti; Ernesto Cardenal; Pablo Ignacio Ramonet; Danielle Miterrand; Eduardo Galeano; Ramsey Clark; Leonardo Boff ; James Petras; Frei Betto; Alfonso Sastre; Luis Sepúlveda; Almudena Grandes; Manu Chao; Georges Labica; Red Ronnie; Piero Gleijes; Francesco Maselli; Alessandra Riccio; Marta Harnecker; Domenico Losurdo; Oscar Niemayer