Per una costituente della sinistra

Il politologo di origine giapponese, il famoso Fukuyama, ha avuto certamente torto (e lo ha anche riconosciuto) quando ha detto che siamo alla fine della storia. Non è affatto vero, ma, certo, la botta che abbiamo preso non è da poco. Molti miei amici sostengono che siamo alla fine del ciclo apertosi nel 1989: io credo che minimizzino. Siamo alla fine di un ciclo lungo, cominciato nel 1917 o, addirittura, nel 1848 quando fu pubblicato il Manifesto vero, quello di Marx e di Engels. Siamo seri, non solo è stato sconfitto (per ora) quell’assalto al cielo che era rappresentato dal comunismo, ma anche la socialdemocrazia classica, quella che metteva al primo posto il movimento operaio. In Italia, e non solo, siamo alla eclissi del conflitto industriale; vi ricordate i metalmeccanici? Non solo in Italia, ma anche in Germania e in Inghilterra nelle ultime elezioni i partiti socialdemocratici, messisi sulla terza via, hanno registrato perdite consistenti. E viene il dubbio che quei due partiti si siano messi sulla terza via perché quella che avevano seguito fino a quel momento era diventata aspra e difficile. Ma anche fuori di quella che una volta si chiamava la lotta di classe, almeno in Italia, le cose non vanno bene. Pensate alla cultura, allo stato delle scienze sociologiche ed economiche e giuridiche. Pensate ai romanzi che si pubblicano: di esaltante c’è veramente poco. Siamo in una fase di grandi trasformazioni e grande disordine: crisi e ricambi di gruppi dirigenti ci sono anche nel fronte capitalistico. La finanziarizzazione – lo ha detto anche il Governatore di Bankitalia – aumenta le possibilità di grandi guadagni, ma anche di grandi fallimenti. E anche i partiti di destra, per l’Italia penso alla coalizione capitanata da Berlusconi, non mostrano grandi capacità di governo. Disordine interno ai singoli paesi e anche disordine internazionale. Gli Usa hanno più difficoltà dell’impero romano (che poi crollò) di costruire un ordinato governo mondiale. In questo stato di disordine guerre e autoritarismi sono nel calendario dei nostri prossimi anni. In Italia il presidenzialismo guadagna terreno ogni giorno di più. Se tutte queste cose sono vere o, almeno, ipotesi credibili ne consegue che il lavoro di progettazione e ricostruzione di un nuovo antagonismo, che vada oltre la semplice difesa di quel che abbiamo conquistato nel ciclo precedente sarà lungo e difficile. Se ci concentriamo solo sulle vicende politiche italiane e non guardiamo e studiamo la società, il capitalismo nostrano e quello internazionale, resteremo a lungo pietosi e subalterni. Tuttavia non possiamo ritirarci a studiare: qui e ora dobbiamo agire, non solo per la coerenza dei fatti, ma anche per conoscere. Senza una sperimentazione pratica gli uffici studio (pur necessari) non servono a nulla. Ma qui e ora come stanno le cose e che cosa si deve tentare di fare per cambiare e imparare a cambiare? Da noi, in Italia, la situazione è terribilmente chiara: le tre sconfitte successive del centro sinistra, alle europee, alle regionali e ai referendum hanno bocciato la strategia del centro sinistra e dei Ds. E poiché si può dare per scontata la sconfitta alle prossime elezioni politiche, nel 2001 o prima, la prospettiva è quella di una dissoluzione dei Ds o di una loro breve persistenza del tutto residuale. E poiché è difficile (l’astensionismo insegna) che i voti perduti dai Ds vadano a Rifondazione, saremmo a una sostanziale scomparsa della sinistra in Italia. Certo è importante che Rifondazione resista, ma il rischio che diventi una riserva indiana è forte, e non bastano ad aver forza quegli altri centri di aggregazione e resistenza che si raccolgono intorno ai centri sociali, al volontariato, al terzo settore, ai nostri compagni di Carta. Al glocale, cioè il mix di globale e locale, non ci credo molto. In questa situazione l’interrogativo sul che fare della sinistra italiana è proprio ineludibile. O si risponde o si va a casa e si aspetta il prossimo diluvio universale. Per provare a rispondere occorre innanzitutto vedere quel che accade nella sinistra tutta, anche in quella che – come dice Ingrao – tanto sinistra non è più. La direzione dei Ds, che non si capisce perché non abbia seguito l’esempio del suo leader carismatico, cioè Massimo D’Alema, non si è dimessa e insiste nel diabolico perseverare nell’errore. D’altra parte, non avendo nessuna idea in testa, che potrebbe fare se non ripetere catatonicamente quel che ha già detto? Nei Ds però c’è quale sussulto; da destra, dal centro e da sinistra. Non c’è solo l’intervista di Salvi pubblicata dal manifesto, ma anche gli articoli su l’Unità di Reichlin e De Giovanni che denunciano il vuoto politico e sempre su l’Unità di mercoledì 31 maggio un ottimo articolo di Alberto Asor Rosa che sottolinea la differenza tra riformismo e trasformismo. I Ds non sono proprio pecore che vanno al macello (alcuni milioni si sono astenuti) e anche tra i dirigenti c’è maretta. Bisogna ascoltarli e interloquire con loro, cercare insieme: non è né un’ingenuità, né un’astuzia togliattiana. Ma anche dentro Rifondazione ci si rende conto delle opportunità e della pericolosità del momento. Fausto Bertinotti dopo aver dichiarato urbi et orbi che Rifondazione da sola non ce la fa, ha avanzato proposte di consulta, di federazione e nell’ultima riunione di direzione una ancora più ampia disponibilità a cercare insieme. Su un altro territorio Luigi Pintor, dalle colonne della rivista del manifesto, ha lanciato l’idea di una costituente (qualcosa di più di una consulta o di una federazione) della sinistra. La situazione è tale – sostiene Pintor – che tutte le forze della sinistra non governativa potrebbero mettersi insieme per promuovere in assemblea costituente la formazione di una nuova forza di sinistra, che sia, per struttura e organizzazione, una cosa molto diversa dai partiti tradizionali: un soggetto da inventare, ma necessario. Questo processo costituente dovrebbe investire innanzitutto Rifondazione (che dovrebbe rinunciare alla massima del primum vivere) e poi tutti gli altri sparsi soggetti di sinistra, manifesto compreso. A me pare che l’operazione costituente, per quanto audace, sia molto opportuna, ma proprio perché costituente, e non patto tra forze e soggetti già esistenti, dovrebbe investire anche l’area dei Ds e non solo: tra i verdi, gli ambientalisti e anche tra le residue forze socialiste si può – se ci si lavora – ottenere ascolto e partecipazione. Come ha scritto Alberto Asor Rosa la prossima – prevedibile – sconfitta non sarà di breve durata e sarà anche pericolosa, poiché mancando a Forza Italia effettive capacità di governo, cioè di gestione e composizione dei diversi interessi, sarà forte e condivisa la spinta autoritaria: piuttosto che il disordine che fa male a tutti, che almeno ci sia uno che comanda e tenga l’ordine. E siamo sulla via del presidenzialismo, che dai comuni e poi dalle regioni può salire fino alla vetta del governo nazionale.