Per il 60° anniversario della vittoria della Rivoluzione cinese*

*Membro dell’ufficio politico del Partito comunista dell’India (marxista)

Nel 2009 ricorre il 60° anniversario del trionfo della rivoluzione cinese. La creazione della Repubblica popolare cinese è il terzo più importante momento della linea di sviluppo della civiltà umana nel XX secolo: la grande rivoluzione socialista di Ottobre nel 1917, la sconfitta del fascismo nella seconda guerra mondiale nel 1945 con la conseguente decolonizzazione del mondo e la rivoluzione cinese hanno avuto un impatto indelebile sul corso della civiltà umana. Nel corso degli ultimi tre decenni, la Cina si è sviluppata a passi da gigante in modo incomparabile con qualsiasi altro paese nella storia contemporanea. Il tasso medio annuo di crescita a due cifre nel corso di questi trenta anni ha trasformato la Cina socialista in una potenza economica del mondo. Quando la Cina ha avviato il suo processo di riforma, nel 1978, molti ironizzavano sul fatto che la Cina socialista richiedesse il capitalismo per il suo sviluppo. Oggi, in seguito alla recessione globale del capitalismo, probabilmente la peggiore, la sensazione generale è che il capitalismo mondiale abbia bisogno della Cina per salvarsi da questa crisi. Come è stato possibile uno sviluppo così notevole? Soprattutto in un periodo in cui la potenza dell’Unione Sovietica socialista è stata smantellata due decenni fa. Quando tutti i pennivendoli dell’imperialismo e della borghesia erano occupati a cercare di conficcare il chiodo sulla bara del socialismo, sostenendo che il capitalismo è eterno, la Cina socialista ha continuato a svilupparsi economicamente con successo. Gli intellettuali di destra, con la loro teoria della “fine delle ideologie” si sono affrettati a sostenere che i successi della Cina non hanno nulla a che fare con il marxismo o il socialismo. Alcuni nella sinistra si chiedono ugualmente se il successo della Cina non rappresenti la restaurazione del capitalismo. Alcuni si chiedono: la Cina di Mao è stata gettata a mare? Hanno preso il sopravvento in Cina “i seguaci della via capitalistica”? Qual è il futuro del socialismo in Cina?

In questo 60° anniversario della rivoluzione cinese, alcune di queste domande devono essere esaminate e valutate. Il trionfo della rivoluzione socialista in Russia (e successivamente, dopo la sconfitta del fascismo durante la seconda guerra mondiale, nella relativamente meno sviluppata Europa orientale; nella semi-feudale e semi-coloniale Cina, in Corea del Nord, Vietnam e Cuba) non significò e non avrebbe mai potuto significare la trasformazione automatica di queste economie arretrate e con bassi livelli delle forze produttive in economie con un alto livello (superiore a quello del capitalismo) dei mezzi di produzione socializzati. Ai fini della nostra discussione, tuttavia, occorre ricordare che ogni ri- voluzione socialista, sulla base di una analisi concreta delle condizioni concrete, ha elaborato un suo approccio alla questione del rapido sviluppo delle forze produttive. Come questo sviluppo possa essere realizzato dipende dalle peculiari realtà concrete, sia nazionali che internazionali, di fronte a cui si trovano le rivoluzioni con le loro specificità.

Lenin stesso rilevava nel 4° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre:

“Trasportati dall’ondata dell’entusiasmo e avendo risvegliato l’entusiasmo popolare – prima genericamente politico e poi militare – noi contavamo di adempiere direttamente, sulla base di questo entusiasmo, anche i compiti economici non meno grandi di quelli politici e di quelli militari. Noi contavamo – o forse, più esattamente, ci proponevamo, senza aver fatto un calcolo sufficiente – di organizzare, con ordini diretti dello Stato proletario, la produzione statale e la ripartizione statale dei prodotti su base comunista in un paese di piccoli contadini. La vita ci ha rivelato il nostro errore. Occorreva una serie di fasi transitorie: il capitalismo di Stato e il socialismo per preparare – con un lavoro di una lunga serie di anni – il passaggio al comunismo. Non direttamente sull’entusiasmo, ma con l’aiuto dell’entusiasmo nato dalla grande rivoluzione, basandovi sullo stimolo personale, sull’interesse personale, sul calcolo economico, prendetevi la pena di costru i re dapprima un solido ponte che, in un paese di piccoli contadini, attraverso il capitalismo di Stato, conduca verso il socialismo, altrimenti voi non arriverete al comunismo, altrimenti voi non condurrete decine e decine di milioni di uomini al comunismo. Questo ci ha detto la vita. Questo ci ha detto il corso obiettivo seguito dalla rivoluzione”.[1]

E inoltre:

“Il capitalismo è un male in confronto al socialismo. Il capitalismo è un bene in confronto al periodo medioevale, in confronto alla piccola produzione, in confronto al burocratismo che è connesso alla dispersione dei piccoli produttori. Poiché non abbiamo ancora la forza di passare immediatamente dalla piccola produzione al socialismo, il capitalismo è, in una certa misura, inevitabile, come prodotto spontaneo della piccola produzione e dello scambio; e noi dobbiamo quindi utilizzare il capitalismo (soprattutto incanalandolo nell’alveo del capitalismo di Stato), come anello intermedio tra la piccola produzione e il socialismo, come un mezzo, una via, un modo, un metodo per aumentare le forze produttive.”[2]

IL CAPITALISMO DI STATO IN UNO STATO PROLETARIO

Ma, significa forse questo la restaurazione del capitalismo? A questo Lenin rispose molto chiaramente, durante il periodo della NEP (nuova politica economica):

“Vale a dire che noi, in una certa misura, ricreiamo il capitalismo. E lo facciamo del tutto apertamente. Si tratta del capitalismo di Stato. Ma capitalismo di Stato in una società in cui il potere appartiene al capitale, e capitalismo di Stato in uno Stato proletario sono due concetti diversi. In uno Stato capitalistico, capitalismo di Stato significa capitalismo riconosciuto e controllato dallo Stato a vantaggio della borghesia contro il proletariato. Nello Stato proletario, vien fatta la stessa cosa a vantaggio della classe operaia, allo scopo di resistere alla borghesia ancora forte e di lottare contro di essa. È ovvio che dovremo cedere molte cose alla borghesia e al capitale straniero. Pur non snazionalizzando nulla, cederemo ai capitalisti stranieri miniere, boschi, pozzi petroliferi , per ottenere in cambio prodotti industriali, macchine, ecc, per ricostruire in tal modo la nostra industria”[3].

In una certa misura, ciò che troviamo nella Cina socialista post-riforma è un riflesso delle posizioni teoriche che Lenin aveva preso per quanto riguarda il capitalismo di Stato durante il periodo della NEP. La questione principale è quella di aumentare le forze produttive in un’economia arretrata ad un livello che possa sostenere su larga scala la costruzione socialista. Lenin, durante il suo tempo, sulla base della situazione concreta internazionale e nazionale, ha costantemente cercato di colmare rapidamente il divario tra le forze produttive arretrate e i rapporti di produzione socialisti avanzati. Tuttavia, il percorso di questa storia sovietica della costruzione socialista ha avuto luogo in circostanze storiche differenti. L’accerchiamento dell’Unione Sovietica, la guerra civile, i preparativi per la seconda guerra mondiale da parte delle forze fasciste, non hanno concesso all’Unione Sovietica il periodo di pace necessario per un lungo periodo di transizione verso il consolidamento delle forze produttive socialiste. Il ritmo della socializzazione dei mezzi di produzione doveva essere accelerato per la sopravvivenza stessa del socialismo. Il fatto che essa sia riuscita a socializzare i mezzi di produzione attraverso la “collettivizzazione”, che abbia sostenuto il peso maggiore degli assalti fascisti durante la seconda guerra mondiale e abbia definitivamente sconfitto il fascismo, sarà assunto come una delle più notevoli esperienze di liberazione del 20° secolo. Ciò che oggi viene richiesto in Cina è raggiungere la corrispondenza tra i livelli di sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione nel socialismo. Gli avanzati rapporti di produzione socialisti non possono essere sostenibili con livelli inferiori delle forze produttive. Un prolungato periodo di bassi livelli delle forze produttive potrebbe dar luogo a una grande contraddizione tra i bisogni materiali e culturali del popolo quotidianamente crescenti sotto il socialismo e le forze produttive arretrate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha concluso che, se questa contraddizione rimane irrisolta, il socialismo stesso in Cina sarebbe stato in pericolo. In seguito agli sconvolgimenti politici che hanno avuto luogo durante la rivoluzione culturale e dopo la detronizzazione della “Banda dei Quattro” il PCC avviò una seria analisi al suo interno sulle questioni politiche ed economiche. Nel 1978, sgombrando il campo dalla confusione e dalla comprensione errata di molte questioni politiche e pratiche, il PCC ha adottato una linea ideologica generale che ha portato a quello che viene chiamato “un compito centrale e due punti fondamentali”. “Un compito centrale” è lo sviluppo economico, i “due punti fondamentali” sono l’aderenza ai quattro principi cardine (marxismo-leninismo e Mao Zedong; via socialista; dittatura democratica del popolo; direzione del Partito comunista) e l’attuazione delle riforme e della politica della porta aperta. Poco dopo l’avvio del processo di riforma, in una conversazione con Kim Il Sung nel 1982, Deng Xiaoping affermò:

“In un paese così grande e povero come il nostro, se non cerchiamo di aumentare la produzione, come possiamo sopravvivere? Come può essere superiore il socialismo, quando il nostro popolo ha tante difficoltà nella sua vita? La banda dei quattro reclamava il “socialismo povero” e “il comunismo povero”, dichiarando che il comunismo era soprattutto una cosa spirituale. Questo è semplicemente assurdo! Diciamo che il socialismo è la prima fase del comunismo. Quando un paese arretrato sta cercando di costruire il socialismo è naturale che durante il lungo periodo iniziale le sue forze produttive non saranno al livello di quelle dei paesi capitalistici sviluppati e che non sarà in grado di eliminare la povertà completamente. Pertanto, nella costruzione del socialismo, dobbiamo fare tutto il possibile per sviluppare le forze produttive ed eliminare gradualmente la povertà, migliorando costantemente il tenore di vita della popolazione. Altrimenti, come potrà il socialismo essere in grado di trionfare sul capitalismo? Nella seconda fase, ovvero la fase avanzata del comunismo, quando l’economia sarà molto sviluppata e vi sarà una schiacciante abbondanza materiale, saremo in grado di applicare il principio: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. Se non facciamo tutto il possibile per aumentare la produzione, come possiamo espandere l’economia? Come possiamo dimostrare la superiorità del socialismo e del comunismo? Siamo stati nel processo rivoluzionario per molti decenni e abbiamo costruito il socialismo per più di tre. Tuttavia, nel 1978, la retribuzione mensile media per i nostri lavoratori era ancora solo 45 yuan, e la maggior parte delle nostre aree rurali era ancora impantanata in condizioni di povertà. Può questo essere chiamato superiorità del socialismo? Per questo motivo ho insistito sul fatto che il focus del nostro lavoro dovrebbe essere rapidamente spostato verso lo sviluppo economico. Una decisione rivolta ad ottenere questo effetto fu presa alla terza sessione plenaria dell’XI Comitato Centrale (1978) e ha rappresentato un importante punto di svolta. La nostra pratica da allora ha dimostrato che questa linea è corretta, e tutto il paese ha assunto un aspetto completamente nuovo”[4].

COSTRUIRE IL SOCIALISMO CON CARATTERISTICHE CINESI

Si tratta essenzialmente di comprendere ciò che ha portato ad una concettualizzazione teorica della prima fase del socialismo. Questo infatti è conforme a ciò che Marx ed Engels stessi avevano affermato e che è accettato da tutti i marxisti successivi: che il socialismo è la fase transitoria tra capitalismo e comunismo e costituisce quindi la prima tappa di una società comunista. Il PCC, tuttavia, ha fatto un passo ulteriore per formulare che all’interno di questa fase transitoria, ci saranno fasi che dipendono dal livello delle forze produttive al momento della rivoluzione. Ciò è stato chiarito in modo sistematico al 13° Congresso del PCC. Fondamentalmente, ciò significa che la Cina, essendo al tempo della rivoluzione un paese arretrato semifeudale, semi-coloniale, era in una fase in cui la trasformazione socialista della sua economia avrebbe dovuto essere condotta da livelli molto bassi. La Banca Mondiale ha inviato nel 1980 una squadra investigativa in Cina, che ha stimato che il PIL pro capite nel 1952 è stato di US $ 50, addirittura inferiore a quello dell’India, e solo poco più di un quinto di quello dell’Unione Sovietica nel 1928. In un paese che ha la popolazione più numerosa del mondo, l’impegno per la trasformazione in una moderna economia socialista è, infatti, un’impresa straordinaria. Il PCC stimava che questo processo avrebbe richiesto almeno un centinaio di anni dal momento della rivoluzione per raggiungere lo stadio di una moderna economia socialista. È questo il processo che chiamano (si chiama), “costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi”. Al fine di realizzare tale trasformazione, il PCC avanzò un’altra formulazione teorica: la costruzione di un’economia socialista di mercato. Ormai, è chiaro che, fintanto che la produzione di merci esiste, ci sarà bisogno di un mercato per lo scambio di queste merci. Sarebbe errato concludere che nel socialismo il mercato cesserà di esistere. Fin tanto che sono prodotte le merci, esiste il mercato. La questione cruciale non è la contrapposizione di piano versus mercato, ma chi do – mina. Nel socialismo, il mercato è uno dei mezzi per la distribuzione del prodotto sociale. La pianificazione centralizzata, utilizzando le forze di mercato e gli indicatori di mercato, sarà in grado di sviluppare efficacemente le forze produttive e soddisfare le esigenze di benessere del popolo. Quindi, ignorare gli indicatori di mercato porta ad un uso irrazionale delle risorse, cosa che inciderà negativamente sul processo stesso della pianificazione. Ciò che si è cercato di creare in Cina è un’economia di mercato sotto il controllo dello stato socialista, dove la proprietà pubblica dei mezzi di produzione rimarrà il pilastro; con ciò il PCC intende dire “in primo luogo, che il capitale pubblico predomina nel capitale sociale complessivo, in secondo luogo, che il settore statale dell’economia controlla l’indirizzo economico e svolge un ruolo dominante nell’economia nazionale”. Su questa base il PCC cerca di evitare la polarizzazione economica e le crescenti disuguaglianze create da un’economia di mercato privata e di garantire la comune prosperità del popolo lavoratore. Come risultato di queste riforme, la Cina nel corso di questi decenni ha ottenuto enormi successi. Gli standard materiali di vita sono cresciuti a passi da gigante. Il livello di povertà è sceso drasticamente. Nel settore della salute, dell’istruzione superiore, della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico, la Cina è andata avanti a un ritmo di sviluppo encomiabile. Ha fatto molta strada dal 1978, quando il prodotto interno lordo, a prezzi correnti, era pari a 364,5 miliardi di yuan. Nel 2007, esso era cresciuto di 68 volte, a 25,1 trilioni di yuan. Nel 1978, la media annua del reddito disponibile delle famiglie urbane era 343,4 yuan, mentre nel 2007 è stato 13.786 yuan, 40 volte di più. Per le famiglie rurali, l’aumento è stato di 31 volte, 4.140 yuan rispetto ai 133,6 yuan. La popolazione povera del paese è stata ridotta da 250 milioni nel 1978 a 14,79 milioni nel 2007. Nel 2008, il PIL è aumentato del 9% rispetto all’anno precedente, la produzione di grano ha proseguito la sua crescita negli ultimi cinque anni, il reddito pro capite annuo netto degli abitanti delle zone rurali è aumentato dell’8%, mentre il reddito pro-capite annuo disponibile dei residenti urbani è aumentato dell’8,4%. Nei Giochi Olimpici di Pechino nel 2008, che sono stati tra i più spettacolari e ben organizzati, la Cina ha ottenuto il maggior numero di medaglie d’oro, spodestando gli Stati Uniti. La Cina ospita anche il maggior numero di utenti Internet nel mondo, oltre 300 milioni, tra i quali 270 milioni connessi a banda larga. I risultati scientifici della Cina possono essere meglio messi in luce dalla passeggiata nello spazio compiuta dagli astronauti cinesi usciti dalla navicella spaziale Shenzhou 7, il che colloca il paese in una fascia di pochi eletti. La velocità con cui il paese ha reagito ad uno dei terremoti più devastanti nella zona di Wenchuan, portando soccorso e ripristinando pienamente le attività, attesta non solo gli enormi progressi compiuti dal paese, ma parla anche dei volumi del suo impegno sociale. Tutte queste cose sono state possibili non perché la Cina “ha rotto con il passato maoista”, ma perché si è sviluppata sulle solide fondamenta costruite dalla Repubblica popolare cinese nel corso dei primi tre decenni di pianificazione centralizzata. Tuttavia, sono anche emersi nuovi problemi a seguito di questi sviluppi. Essi sono principalmente le crescenti disuguaglianze, la disoccupazione e la corruzione. Il PCC, consapevole di questi pericoli, sta adottando misure per affrontare questi problemi. Ma resta il fatto che con l’attuale trasformazione delle imprese di proprietà statale, vi è un aumento di disoccupati ogni anno. Quantunque lo Stato mantenga un assegno minimo di sussistenza e offra programmi di riqualificazione per i lavoratori licenziati, la disoccupazione rimane un problema serio. La questione principale che si pone è se queste crescenti disuguaglianze porteranno alla formazione di una incipiente classe capitalistica. Lenin, parlando del capitalismo di Stato e sottolineando la necessità di espandere rapidamente le forze produttive, metteva tuttavia in guardia sui rischi per lo Stato socialista che un tale periodo di transizione avrebbe portato. Paragonando il processo di costruzione del capitalismo di Stato ad una guerra, egli dice:

“Ecco in che cosa consiste tutta la guerra attuale: chi vincerà? Chi saprà approfittare prima della situazione? Il capita – lista, al quale noi stessi apriamo la porta e perfino alcune porte (e molte porte che noi non conosciamo si aprono a nostra insaputa e contro di noi) oppure il potere statale proletario?”[5]

E procede:

“Il problema è tutto qui: chi arriverà prima? Riusciranno i capitalisti a organizzarsi per primi? In questo caso cacceranno i comunisti, e questo sarà la fine di tutto. Bisogna vedere le cose come sono: chi avrà il sopravvento? Oppure il potere statale proletario, appoggiandosi ai contadini, dimostrerà di essere capace di tenere ben ferme le redini al collo dei signori capitalisti, per guidare il capitalismo lungo la via tracciata dallo Stato e creare un capitalismo subordinato allo Stato e posto al suo servizio.”[6]

Allo stesso modo, Deng Xiaoping in un discorso durante la sua visita nella Cina meridionale, dice:

“Il nocciolo della questione è se la strada è capitalista o socialista. Il criterio principale per giudicare tale questione dovrebbe essere questo: se il processo in corso aiuta a promuovere la crescita delle forze produttive in una società socialista, se aiuta ad aumentare la forza complessiva dello stato socialista e contribuisce ad accrescere gli standard di vita[7]”.

Inoltre, nel 1985, affrontando la questione delle crescenti e preoccupanti disuguaglianze Deng Xiaoping dice:

“Per quanto riguarda il requisito che non ci deve essere polarizzazione [leggi: le crescenti disparità economiche], abbiamo pensato molto a questa questione nel corso della formulazione e nell’attuazione delle nostre politiche. Se vi è polarizzazione, la riforma sarà stata un fallimento. È ‘possibile che emerga una nuova borghesia? Una manciata di elementi borghesi possono apparire, ma essi non formeranno una classe. In breve, la nostra riforma richiede che noi manteniamo prevalente la proprietà pubblica a salvaguardia dalla polarizzazione. Negli ultimi quattro anni siamo andati avanti in questa direzione. Cioè, abbiamo mantenuto il socialismo[8]”.

Chiaramente, il PCC è nel bel mezzo di un serio sforzo di costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi. Il PCC si sforza di espandere rapidamente le forze produttive e, quindi, consolidare e rafforzare il socialismo in Cina attraverso queste riforme. D’altro canto, come osservato in precedenza, questo stesso processo genera indubbie tendenze, che cercano di indebolire o addirittura distruggere il socialismo. Come risultato, emergeranno idee e valori estranei al socialismo. Il capitale finanziario imperialista è presente in Cina, non per rafforzare il socialismo, ma per realizzare profitti e creare condizioni avverse al socialismo. Vorrebbe certamente indebolire il socialismo o smantellarlo, al fine di realizzare maggiori profitti. Questa è la lotta in corso tra l’imperiali – smo e il socialismo, che si svolge nel tea – tro della Cina. E, in questa lotta, in occasione del 60° anniversario della rivoluzione cinese, gli sforzi per rafforzare e consolidare il socialismo riceveranno la solidarietà nostra e dei
comunisti di tutto il mondo.

* Traduzione (a cura di A.C.) dell’articolo Chinese Revolution: Evaluating The 60 Years pubblicato su “People’s Democracy”, organo settimanale del Partito comunista dell’India (marxista), vol. XXXIII, n. 40, http://pd.cpim.org/ 2009/1004_pd/10042009_4.html

Note

1 V. I. Lenin, “Per il quarto anniversario della rivoluzione d’Ottobre” (14.10.1921), in Opere complete, vol. 33, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 43-44. Il corsivo è mio (S.Y.).

2 Lenin, “Sull’imposta in natura” (maggio 1921), in Opere complete,cit., vol. 32, p. 330.

3 Lenin, op. cit., vol. 32, p. 466.

4 Selected Works of Deng Xiaoping, Beijing, Foreign Languages Press, vol. 3, pp. 21-22.

5 Lenin, “La NEP e i centri di educazione politica” (17.10.1921), in Opere complete,cit., vol. 33, p 51.

6 Ivi, pp. 51-52.

7 Social Sciences in China, Vol. XX, N. 2, p. 29.

8 Deng Xiaoping, op. cit., vol. 3, pp. 142-143