Non ci siamo. Spinto dall’iniziativa del Partito Democratico, il governo Prodi va sempre più a destra. Una deriva rovinosa liquida ogni giorno di più le speranze di quanti avevano creduto che questo governo potesse farci uscire dalla palude dell’esperienza berlusconiana. Non è così e a sinistra, invece di cincischiare in tatticismi e “cose rosse”, occorrerebbe prenderne atto. Nell’arco di pochi giorni abbiamo dovuto sorbirci: la proposta di arresto dei lavavetri proveniente dalla giunta di Firenze, la richiesta di arresto dei graffittari di Cofferati, la richiesta di mettere mano alla prostituzione, con chi a sinistra non trova di meglio che proporre i “parchi dell’amore”, l’iniziativa di Amato sulla tolleranza zero, l’estensione della custodia cautelare, in difformità da elementari principi di diritto.
Da ultimo la vergogna di sindaci del PD che chiedono che a livello locale siano loro assegnati poteri di polizia.
A questo punto bisogna chiedersi: quale è la differenza significativa (e non formale) che esiste fra queste posizioni e quelle sostenute in questi anni dalla destra? Non c’è. Ed, infatti, già ora vi è a destra chi, come Alemanno, trova condivisibili molte proposte di Amato, chi come Fini rivendica alla destra il primato della proposta originale, chi nei vari comuni, pur essendo di destra, plaude all’iniziativa del centro-sinistra. Bel risultato! D’altronde questa deriva, perché di questo si tratta – con buona pace delle rassicurazioni di Rutelli, D’Alema, Prodi e via dicendo – era annunciata da tempo. La sinistra della coalizione l’ha abbondantemente sottovalutata.
Quando vi fu il Prodi bis, il gruppo dirigente di Rifondazione non trovò di meglio che chiedere ai suoi iscritti di andare nelle piazze per giustificarsi per il voto contrario di Turigliatto, anziché rivendicare con nettezza la necessità di una modifica della politica del governo. Plaudì ai 12 punti di Prodi. Adesso cominciamo a capire cosa annunciava quella piattaforma. Così come è stata sottovalutata la lezione tratta dal PD sulla sconfitta delle elezioni amministrative. Gli esponenti dell’Ulivo l’avevano detto. Perdiamo perché non sosteniamo il taglio delle tasse e perché non ci occupiamo di sicurezza. Ora lo stanno facendo e con una solerzia che non ha pari. Lo stesso dicasi per le questioni sociali. E’ vero o non è vero che fra i 12 punti di Prodi c’erano gran parte delle questioni oggi in discussione, a partire dalla vicenda pensioni?
Che fa la sinistra dell’Unione di fronte a questo disastro?
Un po’ di baccano. Dichiarazioni anche condivisibili, ma poi? Tutto, alla fine, si arresta di fronte a due vincoli considerati ineludibili: il mantenimento di questo quadro politico e la difesa, contro ogni logica, dell’operazione della “cosa rossa”.
Siamo faziosi? Non cogliamo gli sforzi profusi? E il nostro settarismo o – qualcuno potrebbe dire – la nostra vocazione “identitaria” che ci spinge a letture così di parte?
Non lo crediamo. Ed anzi abbiamo alcune domande da porre.
Primo: la manifestazione del 20 si farà? Ci dicono di si ma aggiungiamo: con quale piattaforma? Perché è evidente che per tenere dentro Mussi è in corso un lavorìo molto preoccupante sui contenuti della manifestazione. Non vorremmo che, pian pianino, alcuni contenuti sparissero. Nella piattaforma che la nascente “cosa rossa” presenta al governo a proposito di pensioni si pone l’alternativa fra quote ed età minima e si richiede che non vi sia limitazione ai lavoratori “usurati” che dovrebbero andare in pensione. Ma in questo modo si da per scontato, comunque, l’elevamento dell’età pensionabile, che potrebbe alla fine oltrepassare limiti fissati da Maroni. Ci sbagliamo? E sul meccanismo previsto nell’accordo che stabilisce nel tempo il graduale elevamento dell’età pensionabile per gli usurati che si dice?
Né ci convince la controproposta per evitare la detassazione degli straordinari, e cioè quella della detassazione degli aumenti salariali derivanti dalla contrattazione nazionale. In sostanza, si da per acquisito che parte degli oneri che dovrebbero essere a carico delle imprese debbano essere posti a carico della finanza pubblica. Bene, e poi che si fa con la spesa sociale sempre più decurtata?
Secondo: ci si intende impegnare per il no nella consultazione dei lavoratori sugli accordi di luglio fra governo e sindacati, oppure – sempre per non mettere in crisi il rapporto con Sinistra Democratica – si punta a tenere un basso profilo, in nome del rispetto (sbagliato) dell’autonomia del sindacato? O peggio, si punta ad evitare un impegno diretto per potere poi a consultazione conclusa (e prevedibilmente persa) fare di necessità virtù per giustificare l’”accordicchio” nel governo?
Andare avanti così non si può. Ci vuole chiarezza.