Il dato prevalente del risultato elettorale evidenzia che il bipartitismo fa un balzo in avanti anche in Italia. All’ala “democratica” va la funzione di una “opposizione” di facciata, sullo sfondo di una convergenza con la destra per rendere impermeabile il piano istituzionale e per ridisegnare “regole” che s’appresteranno a rendere ancora più formale la prassi democratica. Il quadro è poi finito “drammatizzato” dal disastro elettorale della “sinistra arcobaleno” e, con essa, del PRC; un risultato elettorale che cancella, per la prima volta dal dopoguerra, la presenza dei comunisti in Parlamento e che s’aggiunge alla dichiarata intenzione della maggioranza del gruppo dirigente del PRC di diluire la “diversità comunista” e la sua autonomia in un aggregato indistinto, fuori dalle motivazioni fondanti del partito. Responsabilità dirette di questa situazione pesano sul gruppo dirigente nazionale, che va superato, risparmiando al partito ogni scorciatoia “correttiva” che insistesse sostanzialmente verso lo stesso fallimentare obiettivo dell’Arcobaleno, così come va smascherata e contrastata ogni tendenza “trasformistica” e di “riciclaggio”. Adesso è vitale che la parola torni al corpo reale del partito e ai suoi militanti. E’ tempo che una nuova “direzione politica”, frutto della convergenza pluralistica fra tutte le tendenze motivate a garantire la continuità dell’identità rifondativa del PRC e la sua autonomia, si ponga rapidamente l’obiettivo di coagulare un riferimento credibile e risposte concrete rispetto alla delusione, al disorientamento generalizzato e alla demotivazione crescente nella base e nella parte più avanzata del popolo della sinistra. Per tutto questo è vitale un coerente ed autonomo riferimento comunista, capace di interloquire e coordinarsi, a partire da questo dato identitario, con tutte le altre tendenze anticapitalistiche e di classe presenti ed operanti alla base del paese reale.