*segretaria Circolo Prc di Parigi
Il documento sulla cui base é stata convocata la Conferenza muove dal riconoscimento del diritto di resistere all’occupazione del proprio paese, un diritto peraltro sancito dalla Dichiarazione dell’Assemblea Generale dell’Onu votata all’unanimità nel 1970.
Lo scorso 15 maggio si é tenuta a Parigi, presso la sede della Casa dello studente (Fiap) e davanti a circa 400 persone, la prima Conferenza Internazionale di Solidarietà con i Popolo Iracheno.
L’iniziativa è stata lanciata sulla scia di un appello già firmato da autorevoli rappresentanti del mondo della cultura, di dirigenti sindacali, di esponenti di forze politiche comuniste e di sinistra: da Ben Bella, già presidente algerino e primo firmatario, a Vasco Gonçalves, ex premier del governo portoghese insediato con la rivoluzione dei garofani, da Samir Amin a Michel Chossudovsky, da Emir Sader a George Labica, da Fausto Sorini a Jaime Ballesteros. Numerose le adesioni anche tra gli italiani: Luciana Castellina, Giulietto Chiesa, Valentino Parlato, Giovanni Pesce, Giorgio Bocca, Mario Tronti, Luciano Canfora, Maurizio Zipponi, Raniero La Valle, Domenico Losurdo e molte altre.
Il documento sulla cui base é stata convocata la Conferenza muove dal riconoscimento del diritto di resistere all’occupazione del proprio paese, un diritto peraltro sancito dalla Dichiarazione dell’Assemblea Generale dell’Onu votata all’unanimità nel 1970, e formula una condanna senza appello della barbarie bellica scatenata dalle mire dell’imperialismo Usa. Nonostante l’opposizione di una larga maggioranza dell’opinione pubblica mondiale e di molti governi, in dispregio di qualsiasi regola di convivenza tra i popoli e del diritto internazionale, é stato imposto un “diritto di ingerenza” che autorizza a bombardare popoli inermi e deporre “manu militari” regimi e governi non graditi. A di là delle menzognere attestazioni addotte a giustificazione di tale ennesimo massacro, l’attacco all’Iraq è ormai diffusamente percepito per quello che in realtà è: in primo luogo, controllo di risorse energetiche e imposizione dell’influenza statunitense in una zona strategica dello scacchiere internazionale.
Nel corso della mattinata – dopo l’introduzione del filosofo marxista George Labica – si sono succeduti gli interventi degli ospiti internazionali presenti, a cominciare da quelli iracheni. Particolarmente significativo quello d’esordio, di Al Kubaisi – presidente dell’Alleanza Patriottica Irachena – grazie al quale l’uditorio ha potuto apprendere dalla voce di un diretto testimone la drammatica condizione della popolazione irachena, sottoposta alla spietata brutalità dell’aggressione bellica. A Falluja si contano 850 vittime civili, di cui 130 bambini e 250 donne: tra queste ultime – ha specificato l’esponente della resistenza irachena – una cinquantina presentavano sul loro corpo fori di proiettile, chiaro segno di mirate uccisioni a sangue freddo ad opera di cecchini. “I 150 mila occupanti non sono medici, non sono architetti né operatori sociali: essi non costruiscono ma distruggono. Non un ospedale è stato edificato, non un edificio: ospedali ed edifici sono stati distrutti. Oggi non abbiamo più nulla da perdere, perchè loro hanno già preso tutto quello che c’era da prendere”.
In tali condizioni é paradossale che coloro i quali si sono resi responsabili di tali devastazioni nonché di pratiche criminali quali la tortura possano continuare a parlare di ricostruzione, di missioni umanitarie e civilizzatrici. Altrettanto importante il sostegno espresso da un esponente del mondo sindacale siriano e dall’ultimo ambasciatore di Cuba a Bagdad, a nome di popoli a tutt’oggi nel mirino dell’aggressività Usa e primi beneficiari dell’azione di resistenza in Iraq. Per l’ernesto è intervenuto il direttore Fosco Giannini che ha sottolineato l’importanza del contributo della resistenza irachena e della sua ritrovata unità per la causa di tutti i popoli.
I lavori della Conferenza si sono conclusi con l’approvazione di una risoluzione che ripropone l’impegno internazionalista dei partecipanti e con l’insediamento di un Comitato di continuità incaricato di promuovere e coordinare ulteriori iniziative in altri paesi.