OGNI GIORNO HA LA SUA PENA

Se non si rischiasse di apparire disfattisti, si dovrebbe dire che non c’è proprio limite al peggio. Se volessimo non infierire, dovremmo comunque riconoscere che la linea di questo governo in tema di politiche sociali è non solo inadeguata ma anche inossidabile. Nel senso che non c’è verso di cambiarla. In questi giorni, come abbiamo già sottolineato su questo sito, l’accordo sulle pensioni è stato accolto con grande malessere dai lavoratori. Un governo che guarda anche a sinistra ne dovrebbe essere seriamente preoccupato. Ma, a quanto pare, non è così. Sono passati solo alcuni giorni e con l’intesa raggiunta in tema di mercato del lavoro si è fatta una nuova frittata.

Riprendiamo per sommi capi il contenuto dell’ accordo fra le parti sociali. In primo luogo, sul precariato si prevede la non reiterazione di assunzioni a tempo determinato per soggetti che hanno lavorato già 36 mesi per una azienda. Dopo quella data scatta l’assunzione a tempo indeterminato, ma attenzione, vi è comunque la possibilità di contratti successivi, se stipulati presso la Direzione provinciale del lavoro
Nel contempo, alla faccia di tante dichiarazioni rese dal Ministro del lavoro, le timide aperture in tema di riduzione delle forme di lavoro precario, vengono rimesse in discussione. Viene cancellato il “job and call”, ma mantenuto (fino a prova contraria) lo “staff leasing”.
In buona sostanza, il lavoro precario rimane in piedi praticamente in tutte le forme oggi effettivamente usate, vi sarà solo qualche difficoltà in più per l’impresa a reimpiegare senza limite i lavoratori.

Su un altro piano ancora una volta a guadagnarvi saranno le imprese. La decontribuzione degli straordinari, che a questo punto saranno equiparati al lavoro normale, consentirà alle imprese di farne un uso ampio e a buon prezzo. Con buona pace per le richieste di nuove assunzioni. In aggiunta, la contrattazione integrativa riceverà un ulteriore impulso, in virtù della estensione degli sgravi contributivi previsti per il salario di secondo livello. Inoltre, le retribuzioni erogate a titolo di premio di risultato saranno valide ai fini pensionistici, attraverso il meccanismo dei contributi figurativi, sostenuto da apposito fondo istituito con risorse statali. In sostanza, lo stato interviene a sostegno dalla contrattazione di secondo livello, attraverso sgravi contributivi.

A ben vedere, cosa informa queste proposte, quale ne è la filosofia di fondo ? La solita, e cioè la centralità dell’impresa, considerata perno dello sviluppo, soggetto a cui subordinare le altre finalità dell’azione di governo, nel presupposto – ideologico e tutto liberista – che il successo competitivo della stessa alla fine rechi generali benefici alla società. Nel caso specifico, i punti fondamentali sono: da un lato l’esigenza di oliare il meccanismo competitivo, tagliando le spese che le imprese devono sostenere e depotenziando la contrattazione nazionale. L’impresa, cioè, non solo viene sgravata da oneri sociali, che ricadono quindi sulla finanza pubblica, ma deve dare in funzione degli specifici vantaggi competitivi di cui gode. L’interesse generale deve quindi fare un passo indietro di fronte alle esigenze specifiche dell’impresa, che restano comunque prioritarie.

Analogamente, dove si prevedono misure tese a scoraggiare le forme più degradate di lavoro, la centralità non è posta sulla tutela dei diritti del lavoratore, ma sul grado di compatibilità delle misure adottate con le esigenze imperative dell’impresa. E poichè tali esigenze sono molteplici e molto significative, quello che si può fare – alla fine – è ridurre al minimo i vincoli a cui sottoporre le stesse imprese, limitandosi a sollecitarle ad assumere comportamenti virtuosi. Le misure sul precariato hanno questo senso. E’ evidente che simili provvedimenti costituiscono pannicelli caldi rispetto agli attuali problemi del modo del lavoro: sia per quanto riguarda il superamento del dramma della precarietà, sia per quanto riguarda il recupero salariale o la certezza del lavoro. Gli effetti prevedibili, quindi, non solo sono poco virtuosi ma possono diventare addirittura negativi. È il caso della decontribuzione degli straordinari, che costituisce un esplicito freno all’assunzione di nuovi lavoratori e la sollecitazione ad uno sfruttamento più esteso di quelli attualmente impiegati.

Di fronte ai primi malesseri espressi da settori del sindacato e da alcune forze politiche della sinistra, il Ministro del lavoro Damiano ha precisato che l’accordo non può essere modificato. La CISL si è affrettata a garantire il pieno appoggio alle misure assunte Qualche giorno fa, peraltro, lo stesso Bonanni suggeriva al governo di porre la fiducia sulla questione delle pensioni. Più in generale da parte della maggioranza delle forze di governo , di quelle sindacali , nonché di quelle imprenditoriali, si ripropone la non modificabilità degli accordi. Ma a questo punto – ci chiediamo – la consultazione che i sindacati dovrebbero promuovere fra i lavoratori sulle materie in oggetto sarà effettivamente un libero esercizio dell’espressione di questi ultimi? Con che criteri si effettuerà la verifica delle opinioni? In che misura si terrà conto del pronunciamento finale ? Forse una risposta chiara da parte dei sindacati, a tale proposito, sarebbe necessaria. Ma dovrebbe comunque essere chiaro che a quell’appuntamento se (come speriamo) si giungerà, la sinistra della coalizione dovrà arrivarvi determinata e con grande impegno, perché non solo vanno date ai lavoratori tutte le informazioni necessarie ma bisogna anche assumersi la responsabilità di una proposta, che non può essere – a questo punto – che quella del rifiuto di questi accordi.