nessuna resa incondizionata

Caro compagno Giordano,
senza stupore alcuno (la consapevolezza della recente gestione del partito mi impedisce di stupirmi e quindi essere ipocrita), leggo sull’ANSA le TUE decisioni su liste uniche e simboli, decisioni che comunichi al corpo militante di Rifondazione Comunista secondo un rituale ormai tristemente consolidato il mezzo stampa!
So bene che se parlassi di democrazia interna, del “chi” decide “cosa”, dei militanti scientemente bypassati, dei simboli del lavoro, del congresso eluso, probabilmente sarei tacciato di ridicola ortodossia, di incapacità ad innovare e via dicendo, con il solito corollario che si conclude con la perla delle perle, la mitica esortazione: “o cosi, o quella è la porta…” (in fondo la delicatezza e lo stile si esprimono nei luoghi più disparati, dalla platea congressuale alla festa di compleanno di Ciriaco De Mita).
In fondo caro Franco, sono gli uomini e le donne che trasformano le parole in fatti concreti, sono uomini e donne quelli che a Carrara teorizzavano un rinnovato spirito unitario (ma in realtà volevano e riuscivano ad anestetizzare un dissenso di merito e di metodo), sono sempre uomini e donne quelli che il venti ottobre, sotto bandiere non interpretabili, tentano di far “rinascere la speranza” (e dieci giorni dopo scavano la buca dove seppellirla) e sono gli stessi uomini e le stesse donne che con grande umiltà, senso democratico e con l’abusato vessillo della partecipazione (ormai un sipario dietro al quale mettere tutto e il suo contrario), liquidano in un sol colpo anni e anni di altrui sacrificio militante, di impegno, di rinunce, di storia.
Ecco Franco, ecco uomini e donne (prima ancora che compagni), cosa non riesco proprio a perdonarvi, non vi perdono il calpestare indifferenti le tante interminabili riunioni rosicchiate con difficoltà, e a volte rammarico, alla quotidianità della vita familiare, non vi perdono l’aver deriso l’impegno umile e sincero di tanti compagni alle feste di Liberazione, l’aver ridicolizzato una militanza che si estrinseca quotidianamente in un impegno straordinario finalizzato al cambiare lo stato di cose presente, finalizzato al sostegno leale e sincero ad un ideale
Ma soprattutto non riesco proprio a perdonarvi la voluta e consapevole sopraffazione degli altri, la volontà pianificata di imporre, l’arroganza e la sufficienza nell’interpretare lo statuto come un dogma indiscutibile quando si tratta di comporre gli organismi dirigenti e di saltare le pagine scomode quando si tratta di bassi rinnovi di candidature, di interpretare i congressi come una grande selezione a numero chiuso dove poter scegliere con il pollice verso in funzione della fedeltà interessata.
Cosa risponderò ai compagni e alle compagne che hanno già rinnovato la tessera di Rifondazione Comunista per il 2008? No, stavolta, non sarò la sentinella militante in difesa del fortino, il fortino l’ho difeso a lungo, da sempre, anche quando si trattava di difendere l’indifendibile (anche quando dovevano piangere i ricchi e invece attorno a me piangevano i compagni), no, non difenderò il fortino anche perché da dentro, con un sapiente grimaldello, qualcuno ha già spalancato la porta…
Sia chiaro però, queste poche righe non vengano interpretate come una resa incondizionata, con l’assuefazione alla rassegnazione che già dilaga nei circoli o come l’ennesimo schiaffo ben assestato che induce alla fuga, è no, queste poche righe rappresentano semplicemente la piena consapevolezza di ciò che è stato fatto, di come è stato fatto e da chi è stato fatto (in fondo il pesce puzza sempre dalla testa fosse anche la testa narcisa della presidenza della camera), queste poche righe rappresentano il rinnovo di un impegno verso un ideale e la conferma della ferrea volontà: da quella porta, dalla porta di Rifondazione Comunista (finché esisterà), se ci riuscirete dovrete sbattermi fuori voi.

Un saluto.

Massimo Marcelli Flori