Mitologia europea*

Negli ultimi due anni molti miti sono crollati. È risultato chiaro che, come nel 1929, il capitalismo, funzionando in accordo con le sue leggi, ha generato una gigantesca crisi mondiale. E che si sta facendo di tutto per salvare il grande capitale finanziario, responsabile delle enormi proporzioni della crisi. Ai lavoratori toccherà la disoccupazione, agli stati nazionali (a conferma di chi sono al servizio) toccheranno i danni, i debiti, i “titoli tossici” e i rischi. Senza esigere nulla in cambio, senza alterare le “regole del gioco”, senza limitare il potere e i profitti del grande capitale. Ora affermano che la situazione finanziaria degli stati è insostenibile. Ma ciò è il risultato diretto del salvataggio del grande capitale finanziario. E così non solo in Grecia o in Portogallo, ma in numerosi paesi, a cominciare da Stati Uniti e Inghilterra. Ma oggi anche altri miti si sfaldano. È ovvio che non stiamo “uscendo dalla crisi”. Chi accreditava l’idea che “l’Europa con noi” e l’euro fossero un “porto sicuro” nel cui nome si doveva sacrificare la sovranità nazionale, si trova di fronte la realtà di mercati speculativi. A coloro che credevano nel “modello sociale europeo” o nella “solidarietà dei nostri partner europei” la Commissione Europea impone l’abbassamento dei salari, il taglio delle pensioni, il licenziamento di migliaia di impiegati pubblici, l’abbattimento dei servizi sociali. Nulla viene fatto per “aiutare” i paesi in difficoltà nel pagamento del debito, ma si aiutano le banche creditrici, che sono soprattutto francesi e tedesche. Per coloro che affermano che la UE e l’euro sono “inevitabili” e “irreversibili”, ecco la notizia di El Pais (14.5.10): secondo Zapatero, Sarkozy avrebbe minacciato (con un pugno sul tavolo) l’abbandono dell’euro da parte della Francia, nel caso in cui la Germania non dia via libera al più recente pacchetto di misure. O le dichiarazioni di Angela Merkel, secondo le quali alcuni paesi potrebbero essere esclusi dall’euro. Il che abbatte un altro mito, quello della “sovranità condivisa”. La “sovranità” nella UE è delle grandi potenze. È quello che si è visto quando è toccato a Germania e Francia di essere multate per aver superato il limite del 3% del deficit di bilancio: hanno deciso di sospendere le regole. È proprio il caso di dire che alcuni sono più eguali di altri. È evidente oggi che la lotta di classe, lungi dall’essere una cosa del passato, è la parola d’ordine della Commissione Europea e dei suoi referenti in ogni paese. Sta approfittando della crisi per accelerare quelle misure di classe che già si era deciso di adottare e per nuovi salti di qualità nella sempre più tirannica “integrazione europea” al servizio del grande capitale delle grandi potenze. Il capitalismo senile dei nostri giorni, lungi dall’essere un sistema “efficiente”, “dinamico”, che “crea ricchezza e che la “distribuisce dall’alto verso il basso”, è un gigantesco aspiratore che succhia tutta la ricchezza del pianeta ed esattamente come la piaga delle cavallette distrugge tutto quello che incontra sulla sua strada: industrie, regioni, paesi, continenti. Nessun popolo è immune da questa piaga, né nei paesi della periferia né in quelli del centro del sistema. Che nessuno si lasci ingannare dal mito secondo cui “tutti dobbiamo fare sacrifici per uscire dalla crisi”. Non ci saranno sacrifici del grande capitale. E neppure ci sarà l’uscita dalla crisi. Le misure ora assunte non sazieranno gli appetiti del mostro. È già ovvio che il pacchetto di 750 mila milioni di euro della UE e del FMI, approvato per “tranquillizzare i mercati” (che alla vigilia erano “speculatori”) non risolverà nulla (Martin Wolf, Financial Times, 12.5.10). Se il problema è l’eccesso del debito, un indebitamento ancor maggiore, accompagnato dalla contrazione dell’attività economica, aumenterà solo le dimensioni del problema. Chi ha venduto la UE ai portoghesi, ha venduto l’illusione che ci saremmo potuti trasformare in una piccola Germania. La verità è che ci stiamo trasformando in una piccola Argentina. Invece della produzione nazionale, ci troviamo a fare i conti con i debiti. Al posto della sovranità, ci troviamo i controllori della UE che sostituiscono l’Assemblea della Repubblica. È venuto il tempo di respingere i miti e di affrontare la realtà. I popoli hanno solo una strada: resistere, lottare, sollevarsi.

* Pubblicato su Avante, settimanale delPartito Comunista Portoghese, nº 1.903, 20 maggio 2010

** Professore dell’Università di Lisbona e analista di politica internazionale