Comunisti Uniti della Lombardia ha promosso una iniziativa che si è svolta sabato 29 novembre a Milano, dal titolo” sfruttamento e classe- la condizione del lavoro nella società italiana oggi”.
L’iniziativa, prevista da tempo, per varie vicissitudini ha subito uno spostamento di data ed è venuta a coincidere con la manifestazione della scuola contro il decreto Gelmini.
Questa contemporaneità ha creato una sorta di benevolo conflitto di interessi, in quanto ha determinato il rammarico per i compagni che hanno partecipato al dibattito di non poter essere presenti alla manifestazione, e ad altri che invece sono stati alla manifestazione di non aver potuto partecipare all’iniziativa.
Comunque la presenza è stata di tutto rispetto, circa 130 compagne/i.
Ma il dato politicamente più rilevante è stato, pur nelle differenze di accentuazioni ed approfondimenti, la grande sintonia di contenuti, di approccio ed anche di prospettiva che è emersa da tutti gli interventi, pur essendo il campo degli oratori ampio ed articolato.
L’introduzione è stata svolta da Amerigo Sallusti, membro del gruppo di coordinamento di “Comunisti uniti della Lombardia”, che ha illustrato le ragioni dell’iniziativa che si proponeva di costruire non solo elementi condivisi di comprensione della attuale condizione di lavoro, ma soprattutto di promuovere, sulla base di tale conoscenza, forme di organizzazione e di iniziativa che consentano ai comunisti ed alle forze più coerenti in ambito sindacale di svolgere una azione positiva ed efficace nella direzione del cambiamento dello stato delle cose presente.
In tal senso Sallusti ha proposto, a nome del gruppo di coordinamento, di promuovere la formazione di un coordinamento di lavoratori e delegati.
In particolare per quanto riguarda la questione comunista, Sallusti ha detto che per ripartire dalla crisi in cui siamo precipitati occorre operare un bilancio dei vari tentativi rivoluzionari volti a realizzare il socialismo: inteso come società autogestita dai lavoratori.
Per tutto questo il contributo che le comuniste ed i comunisti hanno dato è enorme: per la affermazione di nuovi assetti sociali liberi dallo sfruttamento economico, quindi coscienti ed autodeterminati. Così come enorme è stato il contributo nella lotta delle donne contro l’oscurantismo patriarcale, anch’esso figlio del capitalismo.
Il primo intervento è stato di Ciro Argentino, operaio, delegato Rsu Fiom della Thyssen Krupp di Torino. Nelle sue parole hanno trovato espressione assieme alla dura condizione del lavoro operaio e non solo, anche la forte preoccupazione per la situazione che si sta preannunciando in conseguenza della crisi economica, che già sta determinando licenziamenti e massiccio impiego di cassa integrazione. Questi due aspetti sono stati legati alla necessità di ricosturire gli strumenti attraverso cui i lavoratori possono modificare questa situazione: un sindacato non più concertativo ma di lotta e di classe, e soprattutto un partito comunista che sia adeguto allo scontro politico e sociale che ci aspetta.
Dopo di lui è toccato a Giorgio Gattei, economista, della Rete dei comunisti, che ha fatto un intervento che ha molto colpito i presenti in quanto non capita tutti i giorni di ascoltare un economista che non solo offre strumenti di approfondimento e di comprensione dell’economia e della crisi, unendo ad essi una passione politica da “militante”. Gattei ha sviluppato una analisi della crisi e dei suoi possibili sviluppi, sottolineando in particolare la sua natura “strutturale” al complesso del sistema economico e sociale capitalista e non semplicemente ( e neppure prevalentemente ) finanziaria, legandola anche agli attuali rapporti internazionali, ed in particolare al ruolo che in essi ha l’economia USA. Sottolineando, infine, in tale quadro, la necessità e l’urgenza di rilanciare la ricostruzione di un sindacato di classe, rivendicativo, conflittuale e non concertativo.
E’ quindi intervenuto Gianni Paglierini, della Segreteria Nazionale del PDCI, responsabile del dipartimento lavoro.Il primo elemento che ha voluto sottolineare è che la questione del lavoro (l’insanabile contraddizione capitale/lavoro: chi sfrutta e chi è sfruttato) è tuttora centrale, quanto e più di
prima. I capitalisti , ha detto, non hanno mai smesso di studiare “Il Capitale” di Carlo Marx, anzi lo hanno analizzato profondamente per capire come indebolire e sfiancare chi produce il lavoro vivo. Loro sì, non hanno dismesso Marx, lo hanno studiato più e meglio di noi.
Occorre quindi , ha proseguito Pagliarini, che i comunisti si riapproprino di tutta una serie di strumenti di comprensione e di analisi della realtà che hanno , a volte, dismesso in questi anni, attualizzandoli e calandoli nella società attuale, ma senza frettolose liquidazioni.
Pagliarini ha inoltre sottolineato la necessità che nella difficile situazione sociale e politica in cui ci troviamo si sviluppino processi di riaggregazione dei comunisti, sia nell’ambito delle lotte e del conflitto sociale che stanno crescendo, che di fronte alle prossime scadenze elettorali, in particolare le elezioni europee.
Nell’intervento successivo, Ada Miceli delegata RSU/RLS Fiom della ditta Frimont di Milano, ha esposto le problematiche del lavoro in fabbrica legandole alla battaglia che la Fiom sta conducendo per la difesa del contratto nazionale di lavoro, ma arricchendole con le problematiche e la condizione delle donne lavoratrici, che subiscono anche in modo più rilevante e diretto le conseguenze dello smantellamento dello Stato sociale, nelle sue varie articolazioni ( sanità, scuola, assistenza alla persona ecc.).
Sulla problematica del lavoro e della condizione femminile è stato distribuito nel convegno anche un contributo scritto di Maria Carla Baroni, del gruppo di coordinamento Comunisti uniti della Lombardia.
Dopo Ada Miceli è venuta la volta di Tiziano Tussi, insegnante del Liceo “Severi” di Milano, che ha portato un contributo sul tema della scuola e dell’Università, del movimento che vi si sta sviluppando, approfondendo anche i contenuti del Decreto Gelmini, ma soprattutto la concezione ed il modello di scuola e di istruzione che attraverso questi passaggi la destra esprime, con tutte le conseguenze che ne derivano per chi ci lavora, per chi ci studia, ma in generale per tutta la società. Tussi non ha perso l’occasione per sottolineare l ‘importanza della cultura e della cosidetta sovrastruttura nella formazione del consenso e nell’egemonia dell’ attuale sistema sociale, e quindi di converso dell’altrettanto determinante funzione che esse devono svolgere per le forze del lavoro e del cambiamento.
Mamadou Wone della Fiom di Sesto San Giovanni ha approfondito la situazione attuale del lavoro e dello scontro sindacale in atto, ma ha anche affrontato la problematica della condizione dei lavoratori di origine straniera, legandola anche alla questione che ormai diventa sempre più di attualità dei figli di questi lavoratori. I quali, nati o comunque cresciuti in Italia, si sentono naturalmente cittadini italiani, ma vengono visti come stranieri, per la loro pelle, la loro appartenenza religiosa ecc.: con una dinamica rispetto alla quale o si interviene da subito in modo corretto oppure, come l’esperienza di altri paesi insegna, si rischieranno esplosioni sociali che, anziché rivolgersi contro i reali responsabili di questo malessere social, finiranno per generare contraddizioni e scontri all’interno dei ceti popolari e dei lavoratori.
Va segnalato anche un altro passaggio dell’intervento di Mamadou Wone che ha riscosso grande consenso in sala quando, rivolgendosi alla sinistra che ha sostenuto il governo Prodi , in relazione alla questione dell’immigrazione ma non solo, ha detto che quando ci si è resi conto che non si ottenevano risultati positivi, anziché pararsi dietro una sorta di “ vorrei ma non posso” , si sarebbe dovuto fare come fa il sindacato quando non si arriva a capo di una trattativa: alzarsi ed abbandonare il tavolo.
Dopo Wone è intervenuto Bruno Casati, responsabile del dipartimento politiche industriali del PRC, dell’area “Essere Comunisti”, assessore al lavoro della Provincia di Milano. Nel suo intervento ha fornito utili elementi di analisi ed approfondimento della situazione produttiva e del lavoro nella provincia di Milano, evidenziando in tal modo dinamiche in atto su scala nazionale, come l’afflusso in crescita di forza lavoro anche molto qualificata ( con laurea o con diploma ) in particolare dall’est europeo ( in primo luogo Romania e Bulgaria ), che le aziende utilizzano con mansioni anche molto qualificate, ma con stipendi e garanzie contrattuali molto basse.
Casati ha rilevato come nelle molte situazioni di crisi e lotte aziendali che ha seguito in questi anni in qualità di assessore provinciale, non abbia mai trovato una presenza organizzata dei partiti della sinistra, e da questo dato ha fatto derivare in primo luogo la debolezza dei comunisti e della sinistra nella fase attuale, di cui i dati elettorali sono una conseguenza .
E proprio nel recupero di un rapporto diretto e di un radicamento nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nel territorio, ha detto ancora Casati, si fonda la possibilità per i comunisti e la sinistra di rilanciare un proprio ruolo e la loro stessa esistenza, più che sul terreno delle alchimie elettorali.
Mario Maddaloni operaio, delegato RSU della Eni di Napoli, ha svolto delle considerazioni sulla condizione del lavoro nel Sud d’Italia, dove una condizione sociale più debole e disgregata si intreccia anche con la presenza di mafie e malavita organizzata , che diventano un soggetto di mediazione ed egemonia sociale, ed interagiscono con la stessa problematica del lavoro, non solo nella forma del lavoro nero, ma anche nella intermediazione della manodopera, negli appalti e nella gestione di parti importanti dell’economia.
Maddaloni ha anche ripreso con forza la necessità di rilanciare e sviluppare la mobilitazione che sta crescendo nei luoghi di lavoro, ed il ruolo, che pur con tutte le contraddizioni che conosciamo, possonosvolgere in esso la CGIL e la Fiom, e quindi l’importanza di portare avanti in questi sindacati una battaglia politica che non nasce oggi ma ha radici profonde, senza sottovalutare l’analoga azione politica da condurre anche nelle altre realtà sindacali.
E’ quindi intervenuto Fosco Giannini, della Direzione nazionale del Prc e direttore de l’Ernesto. Giannini ha fatto discendere il ruolo e i compiti attuali dei comunisti e delle forze anticapitaliste dalla grave crisi in atto. La crisi, ha detto, non è descrivibile con il concetto di mondializzazione, come si tende ad affermare. E’ una crisi di sovrapproduzione che si basa su un vasto processo di spoliazione capitalista e imperialista che getta nella miseria i popoli dei paesi sfruttati e in un grave disagio sociale anche i lavoratori dei paesi capitalistici. Dunque un fenomeno di vasto impoverimento che restringe fortemente i mercati e pone il capitale di fronte al problema di una costante caduta tendenziale del saggio di profitto, che lo costringe a tentare massicciamente la via perniciosa della speculazione finanziaria, anch’essa – alla fine – impossibilitata a reggere nel tempo.
La fase attuale – per Giannini – descrivibile come quella della competizione globale e cioè della lotta economica durissima tra diversi poli capitalistici e imperialistici mondiali – non offre segnali per praticare vie neokeynesiane di redistribuzione del reddito. Il capitale è all’attacco e tende ad abbattere il costo delle merci, abbattendo salari, diritti e Stato sociale. Compito primario dei comunisti, dunque, è quello di mettersi alla testa di un nuovo ciclo di lotte sociali, volto al cambiamento dei rapporti di forza e di classe, senza illusioni o scorciatoie istituzionaliste.
E se questo è il compito, occorre che i comunisti si rafforzino e si uniscano, ad iniziare dall’unità tra Prc e PdCI, come elemento catalizzatore della più vasta diaspora comunista. Giannini auspica una unità dei comunisti che proceda dal basso e dall’alto. Importante – anche se certo non esaustivo del progetto – sarebbe giungere alle elezioni europee con una lista comunista, che certo non fornirebbe la risposta definitiva all’unità dei comunisti, ma rappresenterebbe un passo avanti, simbolicamente e politicamente significativo e chiaramente percepibile dal popolo comunista e dai lavoratori.
Nell’intervento conclusivoVladimiro Merlin, a nome del coordinamento Comunisti uniti della Lombardia, ha espresso soddisfazione perché il dibattito ha pienamente corrisposto agli obiettivi che ci si era dati: da un lato fornire utili elementi di comprensione e di approfondimento, dall’altro promuovere strumenti per l’iniziativa politica come il coordinamento di delegati e lavoratori che si è deciso di promuovere.
Nel merito della discussione Merlin ha esordito affermando che pur sapendo, i promotori, che la questione della crisi economica avrebbe avuto negli interventi grande peso e rilevanza, si era deciso di non metterla nel titolo dell’ iniziativa per un motivo ben preciso, e cioè per sottolineare che la condizione di chi lavora sta peggiorando da almeno 25 anni a questa parte, anche in periodi di crescita economica.
Quindi anche se la crisi senza dubbio peggiorerà tale situazione, le cause sono da ricercare a monte.
Quando il movimento sindacale ha imboccato la strada della concertazione, ha accettato l’idea che gli interessi dei lavoratori e dei padroni potessero essere conciliabili tra loro.Invece in questi anni i profitti sono aumentati a spese del lavoro, attraverso un aumento dello sfruttamento. Per questo abbiamo voluto richiamare tale nozione già nel titolo dell’iniziativa, ha detto Merlin, perché se si riconosce che c’è sfruttamento si riconosce che vi è chi sfrutta e chi è sfruttato.
Il secondo termine che abbiamo utilizzato nel titolo è quello di “classe”, perché secondo noi la sconfitta del movimento dei lavoratori è stata ottenuta anche grazie alla distruzione della nozione e della identità di “classe”.
E’ paradossale che, mentre si diceva, con la concertazione, di voler conciliare gli interessi di lavoratori e padronato, contemporaneamente si dividevano i lavoratori tra stabili e precari, tra produttori di beni materiali e immateriali, tra pubblici e privati ed infine tra italiani e stranieri: cercando, e a volte riuscendo, a contrapporre gli uni agli altri.
La distruzione del concetto di classe è servita anche a condurre in porto la trasformazione del PCI in PD, ma è stata anche la base su cui la Lega ha potuto costruire la propria ideologia, per cui l’operaio “padano” si sente affine al suo padrone “padano” (che lo sfrutta), contro l’immigrato che è un lavoratore sfruttato come (e più) di lui.
Questi concetti devono tornare nella coscienza dei lavoratori, ha concluso Merlin, e sono la base su cui ricostruire sia un sindacato di classe che un nuovo partito comunista. Questi due processi hanno una loro reciproca autonomia, ma sono legati tra loro: nessuno dei due procede veramente se non avanza anche l’altro.
A cura del coordinamento Comunisti Uniti Lombardia