Meglio fare opposizione

Daniele Farina è nato a Milano il 23 settembre 1964, eletto deputato alla camera nelle liste di Rifondazione comunista. Vicepresidente della II Commissione (Giustizia), componente della Giunta per le Autorizzazioni. Sostenitore del centro Leoncavallo di Milano.

Domanda. Il pensiero di Daniele Farina sul nuovo partito di Berlusconi.
Risposta. La cosa che colpisce di più è il riferimento al popolo, vocabolo e concetto di tradizione sinistrorsa. Poi la genialità e la spregiudicatezza del personaggio, da politico e imprenditore con pochi scrupoli.

D. Che faranno ora Fini, Casini e Bossi?
R. Farei superare un breve periodo. D’accordo che, come diceva Kant, sul lungo periodo siamo tutti morti, è pur vero che passato l’effetto dell’annuncio bisognerà vedere se ci sia dentro qualcosa di vero, o se invece si tratta di uno schema o di un apparato già visto.

D. Non avete paura che due partiti come quelli di Berlusconi e di Veltroni, che mirano entrambi di più al centro, vi possano un po’ emarginare?
R. Il passaggio da un sistema bipolare a un sistema bipartito inquieta e fa riflettere qualunque forza politica. C’è un problema più generale che riguarda questo paese e che inquieta: la possibilità non remota che queste due vecchie e speculari forze contrapposte possano avere gli stessi intenti.

D. Assomiglia più alla Dc il partito democratico o quello del popolo?
R. Se devo essere sincero ci trovo poca corrispondenza. Si tratta di partiti che sanno contenere all’interno i propri interessi sociali, cioè tutto e il contrario di tutto. Ma i riferimenti alla Dc mi sembrano impropri.

D. Questo governo ce la farà ad arrivare fino in fondo?
R. Adesso è probabile. Questo coincide con l’abbandono di quel contratto con gli italiani che si sta dimostrando il programma dell’Unione. Navighiamo a vista, il tempo delle riforme è quello che scandisce il cronometro. Quindi è assai probabile che, se non alla fine della legislatura, si arrivi al 2009.

D. Come fa ad andare d’accordo con Di Pietro?
R. Non andiamo d’accordo.

D. Però state assieme al governo…
R. Tutte le famiglie hanno le proprie sventure. Noi abbiamo
quella di uno che dalla pubblica sicurezza è diventato magistrato,
poi da magistrato a politico, con una visione della società ridotta al
codice penale.

D. I salari degli italiani segnano rosso fisso. Il potere d’acquisto si
è dimezzato. Quando ci sarà, se ci sarà, una ripresa?
R. Io non vedo dove sia la sorpresa. Questo è un dato che si denuncia da tantissimi anni. Però se lo dice Draghi diventa degno d’attenzione, se
lo dicono alcune forze politiche o i cittadini non è una notizia. Compito di questo governo sarebbe contrastare questa tendenza. Sarebbe, perché per ora qualcosa si è fatto, ma non abbastanza.

D. Che cosa pensa di Grillo e del clima antipolitico?
R. Non mi sembra sia appropriato il termine antipolitico nel caso di Grillo. Mi sembra un disegno politico spettacolare. molto preciso che in una parte si è esaurito con la fine della sua tournée, dall’altra proseguirà facendo gioco facile su alcuni elementi di incomprensibile privilegio del paese. Ma se tocchiamo i privilegi del paese non c’è solo la politica, ci sono categorie del privato e del pubblico che bene si accompagnano alla casta.

D. La sfiducia della gente verso la classe politica c’è, a prescindere da Grillo.
R. C’è la sfiducia quando la politica diventa palude e non si capisce la differenza tra uno schieramento e l’altro. È evidente che tutte le soluzioni alternative sono buone.

D. È meglio stare al governo o all’opposizione?
R. Senza dubbio all’opposizione.

D. Rifondazione quanto è Bertinotti-dipendente?
R. Domanda difficile. Rifondazione è una forza politica molto complessa che ha saputo far tesoro di un’esperienza di movimento. Credo che oggi Bertinotti rimanga, e sia, un punto di riferimento straordinario, ma nessuno è insostituibile né in politica né in altro.

D. Non è un po’ strano che le forze di sinistra scendano in piazza per protestare quando facciano pure parte del governo?
R. Un tempo c’era il partito di lotta e di governo. Oggi credo che ci siano forze per cui sarebbe più ragionevole stare all’opposizione. Ma la nostra sfida di governo è una sfida di riduzione del danno. Sfida difficile che può essere poco compresa. Mi sembra che manifestazioni come quella del 20 ottobre e quella recente di Genova dimostrino che c’è un popolo che a volte è più avanti della politica, che ne capisce i limiti e ne sostiene le ragioni, che non ha paura di sporcarsi le mani anche nelle piazze, come è giusto che sia.

D. Il ricordo più bello del Leoncavallo?
R. Una vita ben spesa. Lo frequento da 25 anni. Difficile isolare un ricordo. Da quelli più tumultuosi al sottile lavoro quotidiano, sociale, con i soggetti più deboli. Sono ricordi belli quando i progetti hanno la certezza di proseguire.

D. E i più brutti?
R. Quando ci si trova davanti a uno stop drastico. Agli sgomberi.

D. Le pesano le condanne ricevute?
R. No perché interamente circoscritte all’interno di un processo sociale che la città di Milano ha profondamente appoggiato sulle piazze e sul piano elettorale.

D. Lei si dichiara sostenitore di politiche alternative per la sicurezza. Quali?
R. Se si vuole perseguire realmente la sicurezza dei cittadini bisogna avere il coraggio di fare due cose: 1) riformare la questione emigranti, 2) riformare la questione antiproibizionistica sulle droghe.

D. Quale ricetta per la violenza negli stadi?
R. Abbiamo contrastato l’ultima legislazione sugli stadi perché andava nella stessa direzione delle altre. Che allora fosse inefficace ce lo dicono i fatti di oggi. La ricetta è riprendere il dialogo con le curve, non la via solitamente repressiva perché nelle curve non ci sono solo delinquenti ma tantissima gente che coltiva una passione vera.