L’Unione Sovietica e Alcide De Gasperi

Sono lieto dell’iniziativa de “l’ernesto” di promuovere una discussione sul socialismo “realizzato. Il tema è immenso, e pochissimi ormai a sinistra amano parlarne. Invece, a destra, è quello il cavallo di battaglia. Non perdoneranno mai ai comunisti e agli operai in particolare di aver conquistato il potere per qualche decennio. La presa del portere contro le vecchie classi fu durissima, e la lotta per difenderlo – una volta conquistato – lo fu ancor di più. Si commisero errori, ma soprattutto si realizzarono grandi passi avanti verso l’uguaglianza umana. Il mondo coloniale si sollevò contro gli imperialisti perché sapeva di poter contare su un contrappeso ai padroni di sempre: e l’Urss seppe, con grandi sacrifici del proprio tenore di vita, aiutare i popoli che si sollevavano contro gli sfruttatori plurisecolari, i quali avevano compiuto, nei secoli, con la tratta degli schiavi e con massacri terroristici, “olocausti” sterminati. Clinton ne ha chiesto perdono durante l’ultima sua visita in Africa.
Anche Spartaco osò vincere e tenere in scacco i Romani. Non gli fu perdonato. Erano stati durissimi, coi padroni, gli schiavi ribelli e vincitori. A loro volta furono massacrati tutti, uno per uno. E il sistema economico dominate, dopo quella sconfitta della rivoluzione degli schiavi, durò per molto tempo ancora, durò secoli. E non cadde per una nuova rivoluzione. Forse dobbiamo prepararci a qualcosa del genere.
Ma la storia non si ripete mai tal quale. Non va dimenticato che un esperimento comunista dagli sviluppi imprevedibili è vivo nel più grande e popolato paese del mondo, la Cina. E che Cuba e il Vietnam non hanno piegato la testa.
Coloro che a sinistra cancellano o sviliscono l’esperienza del socialismo reale sono suicidi e forse anche molto ignoranti. Per loro vi accludo un equilibrato giudizio di Alcide De Gasperi sull’Urss.

La Democrazia Cristiana e il momento politico

di Alcide De Gasperi

E’ il primo discorso di Alcide De Gasperi dopo la liberazione. Fu tenuto al Teatro Brancaccio di Roma il 23 luglio 1944 in occasione della prima Assemblea della Sezione romana della Democrazia Cristiana. Riportato da Il Popolo (25 luglio 1944 ,n°48), fu poi pubblicato nei “Quaderni della Democrazia Cristiana, n° 4” (Roma 1944), Società editrice libraria italiana. Seguiamo questa redazione che fu riveduta dallo stesso De Gasperi. A. De Gasperi, Discorsi politici, a cura di Tommaso Bozza, Roma, Cinque lune, 1956, pp. 1-20

Mi riferirò adesso anche all’esperimento russo. Con ciò non voglio menomamente diminuire il merito immenso, storico,secolare delle armate organizzate dal genio di Giuseppe Stalin.
Lo riconosco questo merito e ho fiducia, ho speranza, che dal concorso delle forze operaie russe e delle forze occidentali, nasca un nuovo mondo. Bisogna però che c’intendiamo su parecchie questioni importanti e pregiudiziali. E’ stato scritto da parte autorevole comunista che “ l’Unione delle repubbliche sovietiche è la prefigurazione vivente della futura unione dei popoli stretti in un a economia mondiale unica”. E sia. C’è qualche cosa di immensamente simpatico, qualche cosa d’immensamente suggestivo in questa tendenza universalistica del comunismo russo. Quando vedo che mentre Hitler e Mussolini perseguitavano degli uomini per la loro razza, e inventavano quella spaventosa legislazione antiebraica che conosciamo e vedo contemporaneamente i russi composti di 160 razze cercare la fusione di queste razze superando le diversità esistenti fra l’Asia e l’Europa, questo tentativo, questo sforzo verso l’unificazione del consorzio umano, lasciatemi dire: questo è cristiano, questo è eminentemente universalistico nel senso del cattolicesimo.
E cristiano è anche il formidabile tentativo di accorciare le distanze fra le classi sociali, questo sforzoper la elevazione del lavoro manuale. Mi capitò una volta fra mano un documento segreto dello stato maggiore tedesco sulle impressioni che riportavano gli ufficiali in Russia. Conclusione: quel che fa impressione ai soldati tedeschi è trovare un paese ove nessuno vive senza lavorare. Ora questo è un principio a cui tendiamo e che deve applicarsi anche in Italia. A questo scopo tendiamo noi e altre democrazie che si basano sul lavoro.
Le varie fasi attraversate dal comunismo negli ultimi 25 anni, le trasformazioni avvenute ci rendono difficile precisare che cosa ora nell’esperimento attuato, sia considerato proprietà privata e fino a qual punto sia giunto l’assorbimento collettivista; onde senza fermarci su tali problemi diremo che se comunismo s’intende nel senso generico che i beni della terra devono essere comunicati a tutti, ut communicentur, direbbe il teologo medioevale, o che a tutti, secondo la formula americana , sia dato eguale accesso alla proprietà , questo comunismo è anche nostro. In quanto alle applicazioni pratiche, ci sarebbe da sperare che la presenza di Togliatti in Italia potrebbe in ogni caso servire a evitare gli esperimenti negativi e gli errori del sistema russo. Accenno qui alle varie trasformazioni subite dal comunismo russo, dal comunismo di guerra raggiunto, fra l’altro, non soltanto con la soppressione della moneta e dell’oro, ma anche con la soppressione fisica dei capitalisti alla NEP che ridà il commercio intero ai privati, e fa fiorire la classe dei contadini medi (kulaki) finchè la volontà di industrializzare la Russia per farne il paese ideale del socialismo,e, più ancora poi, la minaccia rivelata dal Mein Kampf spingono i capi sovietici alla grande impresa economica coi tre famosi piani del ’28, del ’33 e dell’ultimo ancora in corso quando scoppiò la guerra. Se nel 1917 si erano colpiti tre o quattro milioni di latifondisti, nel 1929 si porta uno sconquasso in tutta la classe dei piccoli e medi proprietari trasformando in poderi collettivi le proprietà private, incaricando la polizia federale della liquidazione dei renitenti che vennero trasportati a distanza di migliaia di
chilometri a fare gli operai nelle miniere, sui canali e nelle fabbriche. Altro fenomeno , la denomadizzazione: milioni di nomadi che vengono costretti ad abbandonare il loro secolare sistema di vita. Ed eccovi ad un tratto il sabotaggio nelle miniere. Vi ricordate che noi credevamo che i processi fossero falsi, che le testimonianze fossero estorte: e invece no. Eccovi che oggettive informazioni americane assicurano che non si trattava di un falso, e che i sabotatori non erano truffatori volgari, ma vecchi cospiratori idealisti, che mal si adattavano ai concetti più democratici della costituzione del ’36 e che affrontavano la morte piuttosto che adattarsi a quello che per loro era tradimento del comunismo primitivo.
Accenno a tutto questo per due ragioni: l’una per ricordare che il sistema comunista è stato ed è, economicamente parlando, in continua trasformazione, e quindi non può venir giudicato come una forma definitiva; vi sono errori, rifacimenti, demolizioni e ricostruzioni. La seconda perché in tutte queste trasformazioni quello che rimane costante è l’eccessiva coazione e l’eccessivo intervento dello Stato e della sua polizia. Se la dittatura trova resistenza, diventa violenta e sanguinaria: e non lo fa per capriccio e per istinto brutale, ma lo fa perchè è costretta dalla logica interna del suo compito innaturale, che è quello di determinare i destini morali, economici e materiali di tutti i cittadini. Per raggiungere l’ideale comunista ci vuole o un’altissima temperatura morale o una immensa coercizione. E il fatto dei sabotaggi compiuti dai vecchi idealisti prova che la morale che si può dedurre dal concetto materialistico della storia è insufficiente a dirigere le coscienze.

Ma che cos’è dunque che sentiamo come un insuperabile limite sul cammino di queste esperienze sociali? Prima di tutto la libertà, che non è semplicemente la libertà di parola e di riunione; la libertà per il popolo è essenzialmente l’esser padroni in casa propria, dunque proprietario o almeno mezzadro e affittuario, il poter allevare i figli secondo le proprie condizioni e il poter risparmiare per loro: libertà del risparmio trasmissibile. Ma come può esser libero l’uomo se dalla mattina alla sera lo Stato interviene attraverso i suoi commissari a regolare tutta la sua vita? I nostri sforzi devono tendere all’uomo proprietario e libero.
Il nemico della libertà è il totalitarismo di Stato. Si parla sempre di diritti dello Stato come fossero diritti sovrani e superiori a qualunque altro diritto mentre la verità è che prima viene l’uomo e poi lo Stato.
Collega Togliatti, abbiamo apprezzato, come meritava, la tua dichiarazione di rispetto per la fede cattolica della maggioranza degli italiani, e confidiamo che nella pratica tutto il Partito ne tirerà le conseguenze. La tolleranza mutua nelle forme della civile convivenza che voi proponete e noi volentieri accettiamo, costituisce in confronto al passato un notevole progresso, che potrà farci incontrare più spesso lungo l’aspro cammino che dovremo percorrere per il riscatto del popolo italiano 1.

Ma lassù sull’erta, e mi par di vedere con gli occhi della fede la Sua luminosa figura, cammina un altro Proletario, anch’Egli israelita come Marx; duemila anni fa egli fondò l’Internazionale basata sull’eguaglianza, sulla fraternità universale, sulla paternità di Dio, e suscitò amori ardenti, eroismi senza nome, sacrifici fino all’immolazione. Ma l’uomo, incline al male, resiste; è avido (mammona iniquitatis) , superbo (superbia vitae) e sanguinario: alla vigilia della guerra invano risuonò la voce del Papa.

Note

1) Togliatti nel Discorso sopra ricordato aveva detto: “ rispettiamo la fede cattolica, fede tradizionale del popolo italiano”. E nell’intervista di qualche giorno dopo al New York Times aveva dichiarato che la Chiesa cattolica e il Comunismo dovrebbero essere “reciprocamente tolleranti”. “Noi rispettiamo la religione, aveva aggiunto, e chiediamo che la Chiesa ci rispetti sulla base della mutua tolleranza”.