L’oro azzurro: il Medio Oriente e il controllo dell’acqua

Nel 1980 Ariel Sharon dichiaro’ che, secondo lui, la causa principale dello scoppio della guerra dei sei giorni fu il tentativo, nel 1965, da parte di tecnici siriani di deviare il flusso d’acqua del Giordano facendo mancare una parte dell’acqua a Israele. Il progetto sarebbe riuscito parzialmente ma il fatto fu una delle cause determinanti allo scoppio della guerra 2 anni e mezzo dopo.
L’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Ghali disse piu’ volte, durante il suo mandato, che la prima causa di guerra in M.O. sarebbe stata la difesa delle risorse idriche.
Dopo aver firmato la pace di Camp David nel 1979 il presidente egiziano Sadat disse che se avesse dovuto proteggere le riserve idriche non avrebbe esitato a combattere contro chiunque e l’allora Re di Giordania Hussein dichiaro’ che l’unica causa che lo avrebbe condotto alla guerra con Israele sarebbe stata la difesa dell’acqua.
Oramai da qualche anno nel mondo si parla di salvaguardia dell’ambiente, del protocollo di Kyoto e della scarsita’ d’acqua ma in medio oriente se ne parla da molto piu’ tempo.
Il clima mediorientale e’ arido e secco e l’unico tipo di agricoltura possibile e’ quella mediterranea, che ha bisogno di ingenti volumi di acqua. Un’altra causa e’ la costante crescita dell’industria, settore che consuma circa l’80% dell’acqua dolce utilizzata.
Turchi, arabi, persiani, curdi ed ebrei sono popoli che hanno vissuto in guerra da almeno 60 anni. Ogni futuro accordi di pace dipendera’ in modo sempre piu’ forte dagli accordi sullo sfruttamento dei bacini idrici.
La Turchia ha costruito una gigantesca diga per bloccare gli affluenti dei fiumi Tigri ed Eufrate il cui volume d’acqua e’ diminuito sensibilmente, lasciando gli iracheni all’asciutto.
Israele vigila con fermezza che i palestinesi non possano sfruttare le falde acquifere nei loro territori ma fornisce i coloni delle piu’ sofisticate attrezzature di pompaggio per l’estrazione di circa l’80% delle acque dei palestinesi. La Siria e la Girodania hanno presentato un progetto per il controllo delle acque del Giordano, progetto al quale Israele ha risposto con la minaccia di un’intervento militare.
Lo stesso Israele poi mantiene l’occupazione del Golan piu’ per lo sfruttamento delle sue acque a fini agricoli che per la sua posizione strategica in chiave militare, oltre a mantenere l’occupazione su parte del territorio libanese di fatto deviando parte delle acque del fiume Litani.
La storia di questo conflitto e’ iniziata molto tempo fa. Basti pensare che nel 1953 l’allora presidente degli Stati Uniti Eisenhower invio’ una delegazione in M.O. al fine di proporre una soluzione quanto meno relativa allo sfruttamento delle acque del fiume Giordano. Gli americani si impegnarono molto per aumentare il volume d’acqua destinata ad Israele ma Giordania e Siria rifiutarono la proposta con decisione.
Lo stesso Eisenhower disse poi tempo dopo che le basi per una guerra decennale furono gettate in quella occasione.
Il fiume Nilo fornisce di acqua ben 9 paesi il cui volume d’acqua disponibile e’ in diminuzione a caua dello sfruttamento incontrollato.
I paesi arabi del GCC – consiglio del golfo (Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi, Kuwait e Oman) stanno investendo dagli anni ’70 in dissalatori che provvedono a dissalare l’acqua marina per fornire di acqua dolce l’industria, l’agricoltura e anche per uso domestico. L’acqua dissalata e’ potabile (di fatto vengono poi aggiunti alcuni sali minerali) ma queste apparecchiature sono estremamente costose.
La Turchia e la Siria hanno firmato nel 1987 un protocollo che garantisce alla Siria un getto minimo di 500 metri cubi al secondo, circa la metà del volume del fiume Eufrate al confine. La Siria vuole aumentare questa quota, una richiesta che la Turchia ha sinora rifiutato. Si dice che lo scorso anno il primo ministro turco, riferendosi alla richiesta siriana, abbia osservato: “Noi non diciamo che dovremmo condividere il loro petrolio. Loro non possono dire che dovrebbero condividere la nostra acqua”.[…]
In tutte le occasioni in cui arabi ed israeliani si sono incontrati non hanno mai (nemmeno una sola volta!) trovato un accordo sulla spartizione delle risorse idriche contese e lo stesso e’ avvenuto tra paesi non in guerra tra loro come Iraq e turchia, Siria e Turchia, Egitto e Sudan ecc….
Non solo non si e’ mai trovato un accordo ma addirittura gli stati in questione hanno sempre proceduto ad azioni aggressive unilaterali come la costruzione di dighe e il pompaggio delle falde acquifere del sottosuolo.
Il 45% dei paesi del mondo condividono le loro risorse idriche con altri stati (Messico e Stati Uniti si disputano il Colorado, India e Bangladesh il Gange, Cechia e Ungheria il Danubio solo per citarne tre).
In Egitto la situazione e’ poi emblematica: 75 milioni di persone dipendono unicamente dal Nilo che e’ generato per l’85% dalla piovosita’ in Etiopia e per la restante parte dall’affluente del Nilo Bianco dal Lago Vittoria in Tanzania.
E’ ovvio che un accordo sullo sfruttamento dell’acqua e’ e sara’ sempre di piu’ l’unica chiave di svolta del processo di pace. Le guerre del futuro (che gia’ sono iniziate di fatto oggi) potrebbero essere spaventose.
Gli americani sono in medioriente anche per il controllo del petrolio. Gia’ che si sono….

di Abdullah Al Atrash –nostro corrispondente da Dubai (Emirati Arabi)