Libertà per Hanefi, solidarietà a Emergency

*Coordinamento Giovani Comunisti di Bologna

– Per quale motivo Emergency ha deciso di chiudere tutte le strutture ospedaliere presenti in Afghanistan? Vi siete sentiti abbandonati dal governo italiano?

Partiamo dall’ultimo fatto, che è quello che ha fatto precipitare la situazione. Mercoledì 25 aprile scorso, alcuni funzionari della polizia di Kabul si sono presentati all’ospedale di Emergency nella capitale afgana ed hanno chiesto a cinque internazionali, che erano tornati da qualche giorno lì per una serie di motivi – compreso per esempio pagare gli stipendi al personale afgano -, i passaporti. Ovviamente i passaporti non sono stati consegnati e subito gli internazionali si sono messi in contatto con l’ambasciatore italiano Sequi, coinvolgendo la responsabile dell’Unità di crisi della Farnesina. L’ambasciatore Sequi ha mandato immediatamente le auto dell’ambasciata a prendere i nostri per portarli in ambasciata. Questa non era più una minaccia, era una cosa che andava oltre e che veniva di seguito ad una situazione chiaramente intimidatoria che era cominciata con l’intervista del capo dei servizi segreti afgani al giornalista del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi, in cui diceva che Emergency non è un’organizzazione umanitaria, ma fiancheggiatrice dei terroristi, dei talebani ed anche di Al Qaida, solo perché curiamo anche i talebani. Cosa che in Italia può far sorridere. Ci mancherebbe altro che in Italia domandassimo ai feriti che si presentano davanti ai nostri ospedali che cosa hanno votato, cosa pensano, etc… In Afghanistan non è una cosa che fa sorridere, in Afghanistan ciò significava una grave minaccia per la nostra organizzazione; perché Emergency, che è lì dal 1999, ha sempre potuto sentirsi sicura per la sua fama di organizzazione assolutamente neutrale. Noi abbiamo costruito fin da allora un ospedale nel nord – nel periodo del comandante Massud -, l’anno dopo abbiamo costruito anche un ospedale a Kabul in pieno regime talebano. In situazioni di guerra Emergency costruisce sempre un ospedale da una parte e dall’altra del fronte, in modo tale che sia chiaro che non siamo lì a sostegno dell’una o dell’altra fazione, ma a sostegno della popolazione. Nel 2004, quando la situazione era diventata diversa, abbiamo costruito un ospedale anche nel sud, nella zona Pashtun. Tre ospedali in situazioni molto diverse storicamente, come etnie, etc. e abbiamo sempre potuto girare dappertutto perché non sono gli eserciti o i servizi a difendere Emergency, ma questa sua fama di neutralità.

– Qualcuno sui giornali ha paragonato la neutralità e le funzioni di intermediazione svolte da Emergency in Afghanistan a quelle che storicamente sono state proprie della Croce Rossa internazionale nei vari teatri di guerra nel secolo scorso. Ti sembra giusto questo paragone? Sembra che l’obiettivo, da sempre dichiarato da Gino Strada, di curare talebani ed anti – talebani, vale a dire le vittime della guerra a prescindere dal loro colore, rischia di essere messo seriamente in discussione a causa dell’ottusità di qualcuno…

Riguardo al paragone con la Croce Rossa noi, negli anni passati, abbiamo praticato frequentemente scambi fra i prigionieri; in epoca talebana abbiamo effettuato molti scambi tra prigionieri mujiahedin e prigionieri talebani. Qualche anno fa abbiamo fatto liberare 1.200 prigionieri dal famigerato carcere di Shebergan per questioni di salute – c’era un’epidemia di tubercolosi. Il ruolo di Emergency è ampiamente riconosciuto in Afghanistan, salvo il fatto che Emergency dice anche, e questo si sa, che è nettamente schierata contro la guerra: questa è la differenza marcata con altre organizzazioni internazionali. Il pronunciamento del capo dei servizi segreti afgani, che è molto più potente di Karzai, ha cominciato a significare un grave rischio per tutti noi; è per questo che avevamo ritirato il nostro personale internazionale in attesa di vedere come sarebbero andate le cose, chiedendo a Karzai di fare una smentita pubblica ufficiale di queste infamie, che mettevano a rischio la credibilità di Emergency e che rendevano Emergency un bersaglio. L’ultimo episodio di qualche giorno fa, con la richiesta di consegnare i passaporti a tre italiani, un belga ed uno svizzero, ha dato corpo e fondatezza ai nostri timori.

– Dietro tutto ciò, però, c’è qualcos’altro: non è tutto partito dalla triste ed assurda vicenda che ha coinvolto il vostro Rahmatullah Hanefi? Come sono andate realmente le cose?

Infatti, andando a ritroso, dietro tutto ciò vi è la questione del ruolo di Rahmatullah Hanefi nella liberazione di Daniele Mastrogiacomo, dove Hanefi non ha fatto niente altro che esaudire le richieste di fare qualcosa – tra l’altro pregato pressantemente poichè Gino era a Karton – pervenute da parte del Ministero degli Esteri e da parte del direttore di Repubblica. Per di più, Mastrogiacomo è stato sequestrato in una provincia afgana in cui non c’è nessuna presenza occidentale non armata, se non Emergency. Gino ha chiesto a Rahmatullah, con una telefonata durata un’ora, di mettersi a disposizione per questa cosa e alla fine Rahmatullah ha accettato e non ha fatto altro che cer care i canali giusti – visto che lui è nato lì ed è sempre vissuto lì – e passare a coloro che detenevano Mastrogiacomo le richieste che venivano fatte da parte del governo italiano ed anche da parte del governo Karzai. La trattativa, ovviamente, è stata condotta dalla Farnesina e da Karzai; Rahmatullah traduceva questo a chi deteneva Mastrogiacomo. Fino al momento in cui il giornalista italiano è stato libero, era un cittadino libero anche Hanefi, stimato, conosciuto, con un lavoro importante presso un’organizzazione italiana prestigiosa. Qualche ora dopo la liberazione di Mastrogiacomo, Rahmatullah è stato prelevato dalla sua casa alle cinque del mattino, portato in un carcere dei servizi segreti afgani e da allora – ormai è passato più di un mese, perché è stato messo dentro il 20 marzo – nessuno ha avuto più possibilità di incontrarlo. Non c’è un mandato d’arresto, non c’è un capo d’imputazione, non ha potuto vedere un avvocato, non ha potuto vedere un famigliare, non ha potuto vedere nessuno di Emergency, che pure ha una clinica all’interno di questo carcere. Siamo tenuti a vedere tutti i detenuti del carcere, tranne Rahmatullah.

– Considerando tutte queste cose, qual è il tuo giudizio in merito al ruolo svolto dal ministro degli Esteri D’Alema e dal governo italiano?

Noi abbiamo chiesto subito al governo italiano di fare una dichiarazione pubblica ufficiale rivolta al governo Karzai, in cui chiaramente si dicesse che Hanefi ha fatto tutto e soltanto ciò che gli è stato chiesto da noi e che non si possono permettere di detenerlo in condizioni di sequestro, senza nessuna garanzia. Teniamo presente che il governo italiano ha speso cinquanta milioni di euro per aiutare il governo di Kabul a mettere in piedi il sistema giudiziario afgano, per cui, anche sulla base di questa cosa, D’Alema avrebbe potuto fare una richiesta forte al governo Karzai. Ci dicono che fanno le cose in silenzio, senza raccontarcele, però nei giorni del sequestro Mastrogiacomo ci chiamavano una volta ogni due ore, per cui se qualcuno fosse stato così gentile da farci sapere qualcosa, a noi che siamo così angosciati per Rahmatullah e per i nostri ospedali, non sarebbe stato male. A questo punto, scusami, devo aprire una parentesi polemica. Mercoledì 25 aprile a Milano c’è stata la manifestazione nazionale per l’anniversario della Liberazione; lo spezzone fittissimo di Emergency è stato accompagnato da continui applausi ai lati della strada e molti venivano sotto i nostri striscioni ed i nostri striscioni – con la richiesta di liberazione di Rahmatullah – erano evidentissimi davanti al palco dove si teneva il comizio. Un attimo prima dell’intervento conclusivo del Presidente della Camera Fausto Bertinotti è stato letto il comunicato di Emergency su questa vicenda, in un’attenzione ed in un silenzio che veramente faceva impressione. Un attimo dopo è intervenuto Bertinotti e non ha detto una parola sulla questione. Sarebbe bastata la parola solidarietà, ci bastava questo, ma non a noi di Emergency, a tutta la gente intorno ai nostri striscioni che si aspettava che il Presidente della Camera dicesse qualcosa. Sarebbe stato importante che il Presidente della Camera pronunciasse la parola Solidarietà.

– I senatori del Prc Russo Spena e Giannini stanno faticosamente lavorando per mettere in piedi una delegazione parlamentare italiana che vada ad incontrare il capo del governo afgano Karzai, per affrontare proprio la vicenda di Hanefi, che sembra rischiare addirittura la condanna a morte. A parte questo, vi siete sentiti sostenuti dalle forze politiche italiane e dalle reti di movimento italiane? Vi aspettavate di più? La solidarietà è stata forte?

Per quanto riguarda i Movimenti, ho sentito una grande solidarietà, noi abbiamo sentito una grande solidarietà. Non da parte di tutti, ma da parte di molte Ong, da parte di Arci, di Libera, di Un Ponte per…Ho sentito grande affetto, comprensione e solidarietà nei confronti di Emergency. Io credo che chi vuole uscire bene da questa vicenda, purtroppo soltanto politicamente, dovrebbe fare questa riflessione: c’è stato un tentativo di cosiddetta di – plomazia dal basso, cioè un tentativo di ottenere qualcosa grazie soltanto al fatto che tu pratichi la pace e non la guerra; ecco è importante una riflessione sul fatto che invece la guerra è questo ed io immagino che non ci sia soltanto Hanefi in carcere in Afghanistan in queste condizioni, ma ce ne siano molti altri. A parte quelli che sono finiti a Guantanamo, in altre parti ce ne sono moltissimi, come anche nelle carceri afgane: non possiamo assistere indifferenti a questa cosa! Ammesso e non concesso che valesse la pena fare una bella guerra, che dura da sei anni, per portare la democrazia – ed ovviamente Emergency non ritiene che valga la pena fare una guerra per portare la democrazia – è questa la democrazia? Che, fra le altre cose, stiamo sostenendo con un miliardo di euro all’anno tolti dalle tasche dei cittadini italiani. Dell’Afghanistan non si è occupato mai nessuno e tutti se ne sono fregati. Non è un caso che il rifinanziamento della missione di guerra procede alla grande, praticamente all’unanimità. Io credo che anche quelli che non sono così coinvolti drammaticamente – come lo siamo noi – su questa vicenda, debbano riflettere su questa cosa. Abbiamo fatto un incontro con Arci, Libera, Un ponte p e r …, siamo stati ricevuti dall’ambasciatore afgano a Roma: quest’uomo ha finito il discorso che ci ha fatto, guardandomi fisso e dicendo “voi, anziché stare qui per una situazione emotiva legata ad un criminale, dovreste fare pressione sul vostro governo, affinché mandi più truppe”. Questa è stata la provocazione finale! Se i parlamentari del Prc si muovessero per sollecitare il governo italiano a fare passi pubblici ed ufficiali, incalzando il governo afgano, questo sarebbe un fatto molto importante.