lettere dai compagni

Salve, sono un ragazzo di 22 anni e sono profondamente deluso da questa
Italia!
Ho votato Sinistra Arcobaleno perchè credevo in quel progetto e anche io
mi aspettavo un risultato decisamente migliore.
Ieri sera sentivo i primi commenti di qualche politologo. Tutti
sembravano fieri del fatto che la situazione politica italiana si sia
semplificata e, quando veniva posto loro il problema della
rappresentanza di quel popolo che ha votato sinistra arcobaleno più
tutti i movimenti, questi intellettuali rispondevano che si delinea una
situazione in cui tutti i “massimalisti” dovranno entrare nel Pd e
formarne una corrente al suo interno. Ho 22 anni appunto, ma posso
affermare con certezza che nella mia vita non voterò mai un partito che
si fonda suigli stessi presupposti del Partito Democratico. Dobbiamo
ricostruire una nostra formazione, abbiamo bisogno di autonomia perchè
sarebbe impossibile fare parte di un partito che ha visioni opposte alle
nostre su molti temi, dall’economia all’etica.
Come fare?
La mia analisi del voto è semplice. Tantissime persone che votarono i
partiti che compongono la sinistra arcobaleno nel 2006 hanno deciso che
preferivano dare il proprio contributo a Veltroni, sperando che
riuscisse a superare il Popolo delle Libertà. Questo lo dico perchè
anche tante persone che conosco personalmente lo hanno fatto.
Ma cosa si nasconde dietro al così detto “voto utile”? Io credo che se
in molti non sono andati a votare per una sinistra vera è perchè non
capiscono più cosa significhi essere di sinistra. A molti non sono
chiari quegli elementi di fondo che contraddistinguono il programma
della sinistra arcobaleno dal quello del Pd. E da qui bisogna ripartire.
Tutti noi d’ora in poi dovremmo iniziare a fare un po’ di politica
attiva, per me diventa un dovere morale, bisogna ripartire dai cancelli
delle fabbriche, dalle piazze dei paesi che sono stati divorati dalla
globalizzazione feroce. Certe idee non possono scomparire da un giorno
all’altro.
La cosa fondamentale è spiegare le differenze tra quello in cui noi
crediamo e quello in cui credono tutti i parlamentari italiani oggi.
Due sono le leve sulle quali punterei. La prima è l’egualitarismo.
Dobbiamo tornare a spiegare il perchè il figlio di un poveraccio deve
avere una reale possibilità di avere una vita degna di questo nome, ed
il perchè lo Stato di deve fare carico di andare ad aiutarlo fino a che
questo non è soddisfatto della sua esistenza. Ormai i problemi sociali,
se presi a livello individuale, sono considerati da molti conseguenza di
sfortune personali o di mancanza di forza di volontà. Parliamone.
Discutiamone. Sono convinto che se questo principio venisse spiegato con
le parole giuste in molti non darebbero più per scontato che certe
disuguaglianze sono “normali”. E sarebbero in molti a capire che gli
attuali partiti non spingono per attuare nei fatti questo ideale.
La seconda leva è la critica alla globalizzazione. L’argomento non è
facile da spiegare alle masse e vi dirò di più, non proverei nemmeno a
farlo capire da un punto di vista strettamente economico. L’argomento
che in questo caso può attrarre forse è il localismo, ma non il
localismo delle grandi aziende proposto dalla Lega Nord. Il principio
che i beni che consumiamo devono essere stati prodotti il più possibile
vicino a casa nostra è talmente logico che molte persone ne saranno
convinte e capiranno che il Pd non punta di certo a politiche che vanno
in questo senso.
Ognuno di noi singolarmente, o come associazione, come sindacato, come
giornalista credo debba puntare dalla base del pensiero in cui
crediamo, puntare quindi sull’insegnamento di quei principi di cui da
oggi si parlerà sempre meno.
…quei principi sono nelle nostre mani ed è compito nostro rimboccarci
le maniche per diffonderli!

Marco Pedrazzini

Car* compagn*

A bocce ferme e con più serenità – quella che si può avere in ore come queste – vorrei contribuire, al pari di tanti altri ben più autorevoli del sottoscritto che già lo hanno fatto, a farvi notare che è arrivato il momento del “che fare”. Un “che fare” che venga responsabilmente rimesso nelle mani degli unici che veramente possono decidere cosa fare del loro Parito: gli iscritti e i militanti, nell’unica sede appropriata del VII Congresso, e non più nelle sedi – palesemente e drammaticamente avulse dalla realtà – delle aule e corridoi parlamentari, dei giornali di area e di “tendenza” o, peggio, dei media dominanti e dei salottini televisivi. Dopo tante uscite pubbliche più che infelici davanti a ex-amici e ad avversari sogghignanti e ora ammantati di pietismo peloso verso le disgrazie della “sinistra”, i nostri dirigenti saranno ben più capaci di affrontare, apertamente e democraticamente, la discussione sul presente e sul futuro del Partito della Rifondazione Comunista con gli iscritti e i militanti, che ben ne hanno diritto, finalmente.

Questa necessità e, se permettete, questo obbligo riguarda l’intera dirigenza e l’organizzazione del Partito, a tutti i livelli, così come i suoi organi di comunicazione, cominciando da “Liberazione” e terminando con il sito web. Senza dover necessariamente ritornare in dettaglio sull’impressionante quantità di errori e di orrori di questa dirigenza politica, organizzativa e mediatica specialmente negli ultimi tempi – le forzature dell’annullamento della consultazione interna e del congresso, l’imposizione dall’alto di alleanze, lista, simbolo e candidature, le dichiarazioni improvvide ai quattro venti su idee “irreversibili” ma mai discusse nè decise dal Partito in quanto tale, i disastri organizzativi che in molti casi hanno letteralmente lasciato a se stesse le strutture territoriali in termini di informazione e comunicazione, attenzione, sostegno, presenza, materiali e addirittura tesseramento per dedicarsi a rincorrere delle realtà virtuali di presunte “case arcobaleno” o di caffè alla moda, l’autonomia irresponsabile di un giornale con una “linea” autocratica, intollerante e censoria, l’inefficienza e inefficacia comunicativa in un uso delle risorse informatiche e telematiche pieno di ritardi e di buchi… -, l’unica e necessaria cosa che può fare questa dirigenza è convocare immediatamente il VII Congresso del Partito, da svolgersi quanto prima e comunque entro l’estate – non possiamo perdere altro tempo con una dirigenza ormai non più legittima nè statutariamente, nè politicamente ed elettoralmente – per far sì che, davvero, ci sia un nuovo inizio, non a parole ma con i fatti e fino in fondo, per il rafforzamento e il rilancio della Rifondazione Comunista per quelle compagne e quei compagni che ancora credono in questo Partito e nel suo progetto fondante. Lasciando via libera, pacatamente e serenamente, a quelli che a questo progetto non credono più, e che possano quindi svilupparne altri in altre sedi.

In questo momento tristemente storico nel quale, per la prima volta nella Repubblica, i Comunisti e la sinistra in generale non sono rappresentati in Parlamento, abbiamo toccato il fondo: cerchiamo allora di non intestardirci in errori ed orrori che solo ci porterebbero a scavare, e lavoriamo invece per risalire, come si deve.

Fraterni saluti orgogliosamente comunisti,

__________

Mario Gabrielli Cossellu
Segretario Circolo PRC/SE “Enrico Berlinguer” Bruxelles

Una lettera per ricominciare

«… ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.»
(Pier Paolo Pasolini, Alla bandiera rossa)

Potrei cominciare con il dire che avevamo bisogno di una Sinistra ROSSA
– e non di un Arcobaleno.
Una Sinistra di lotta e speranza, intelligenza e passione, voce del
nuovo Popolo degli ultimi, sfruttati e precari, call-centeristi e operai
interinali, e anche una Sinistra di studenti, universitari o ricercatori
senza futuro.
Una Sinistra umanista, capace di raccogliere le eredità intellettuali e
sentimentali di Gramsci e Pasolini, una Sinistra capace cioè di
intraprendere una lotta culturale, di popolo, contro l’egemonia
ideologica della Società dello spettacolo globale e delle sue
conseguenze pratiche quotidiane, nella vita individuale d’ogni giorno:
nelle nostre esistenze separate dalle esistenze dei nostri fratelli e
compagni, nella nebbia di indifferenza e demenza televisiva nella quale
si è compiuta questa catastrofe.
Una Sinistra che il suo «straccio rosso», pur senza falce e martello,
facesse di nuovo sventolare al vento della Nuova Storia, sopra i detriti
del nuovo sfruttamento industriale e della paranoia esistenziale, come
simbolo di rinnovata passione e speranza, come simbolo di una ritrovata,
e battesimale, Unità di individui e cittadini liberi.
Abbiamo sbagliato tutto.
A partire dal simbolo, e dal nome, ostaggi entrambi di un gusto ipocrita
e buonista, da “società civile americana”, imposto dalla corrente dei
Verdi all’intera coalizione.
La Sinistra europea sventola la bandiera rossa, e dalla bandiera rossa,
comunista e socialista, dei nostri nonni partigiani e padri operai,
dovremo ricominciare.
Abbiamo svolto una campagna elettorale fallimentare, tra banalità
demagogiche, televisive, e comunicazione stantia, tra sloganismo
sindacale novecentesco e buonismo ipocrita.
C’è bisogno di passione e di verità.
C’è bisogno di una nuova generazione che incarni nel cuore, nell’anima e
nell’intelletto l’esigenza fisiologica di una Nuova Sinistra, che parli
il linguaggio della realtà e della nuova Storia, che traduca Marx,
Gramsci e Pasolini, nella lingua dei ragazzi di oggi e dei loro problemi
politici, economici ed esistenziali.
C’è bisogno di ricostruire una grande famiglia, una vera Comune, che
condivida ansie e speranze, sentimento e intelletto, poesia e
responsabilità: cioè la necessità di una lotta seria, realistica, che
costruisca e non solo venda, il sogno di un nuovo modello di esistenza
comune.
Ricominciamo dalla nostra tradizione più estesa e condivisa, dalle
nostre radici e non dallo spettacolo: riprendiamo in mano il nostro
“straccio rosso”.
A partire dal 25 aprile e dal primo maggio: tutti in piazza con le
nostre bandiere.
Non c’è molto tempo, ma in questi pochi giorni cerchiamo di organizzare
qualcosa, oppure partiamo per la manifestazione più vicina, oppure (se
sarà indetta) per quella nazionale.
Socialisti, comunisti della Costituente e Comunisti della Sinistra
unita, pacifisti, no-global, intellettuali critici: la prima reazione
dovrà essere unitaria e di massa, contro il processo in atto di
abolizione del termine “Sinistra” dal vocabolario della politica
parlamentare e culturale italiana.
Cuciamole in casa, le nostre bandiere: sventoliamole in strada,
appendiamole alle finestre.
Al di là dei simboli e dei partiti: dobbiamo ricominciare dal POPOLO
della Sinistra.
La settimana che va dal 25 aprile al primo maggio, sia la nostra
settimana di reazione e rinascita. Riempiamo le strade, le piazze:
ricominciamo dalla realtà. Coraggio!

Davide Nota

Car* compagn*,
se non fossimo dei seri e leali comunisti, che fino all’ultimo hanno
tenuto la posizione e combattuto per la sopravvivenza di questo partito
(subendo umiliazioni e scherno), staremmo gioiendo per questo disastro
annunciato. Sarebbe fin troppo facile ricordarvi che “ve lo avevamo
detto” e che in tempi non sospetti vi avevamo invitati ad evitare questo
“suicidio politico, storico e morale”, ma non lo faremo perchè adesso è
prioritario ricostruire un partito comunista in Italia. Adesso occorre
rimboccarci le maniche ed andare subito al congresso. Tutti i
responsabili di questa disfatta, tutti quelli che direttamente o
indirettamente (con il loro dialogo cieco ed ambiguo ed il loro appoggio
sostanziale alle scelte scellerate di questo gruppo dirigente) hanno
portato a questa disfatta, dovranno fare non uno ma dieci passi
indietro. Ci sono tanti compagni che non si rassegnano a diventare una
tendenza culturale ma vogliono essere progetto politico alternativo. A
loro ci rivolgiamo: non mollate!!

Franco Romano – responsabile organizzativo circolo San Sebastiano al
Vesuvio

Questo risultato elettorale è sconcertante quanto sconfortante. Questa disfatta, però, ha nomi e cognomi: quelli che, al Congresso di Venezia, sostenevano che il centro-sinistra fosse cambiato; quelli che ci hanno infilato in una coalizione di governo “a prescindere”; quelli che hanno cavalcato i movimenti, in primis quello pacifista, e poi non hanno saputo dire no al rifinanziamento della missione afghana; quelli che vogliono la liquidazione del nostro Partito in favore di un nuovo “soggetto unitario e plurale”; quelli che hanno liquidato il comunismo come una tendenza culturale.
Adesso dobbiamo correre il più rapidamente possibile verso il congresso e su di esso concentrare tutte le nostre energie se vogliamo evitare che l’esperienza del Partito della Rifondazione Comunista – e con esso di tutta la sinistra italiana – si esaurisca con questa disfatta elettorale.
Giacomo Piergentili
Segretario del Circolo PRC -SE di Fermo

E’ troppo facile andarsene dopo aver giocato d’azzardo, alle tre carte, tutto il patrimonio del Partito.

Patrimonio giocato con 5 abili biscazzieri, prodi, d’alema, di pietro, dini e mastella.

Dopo aver distrutto il Partito, con due scissioni e la crescita di aree all’interno, dove tutta la responsabilità non siano solo di bertinotti e della dirigenza, ma anche e soprattutto di quei compagni, duri e puri, che alla battaglia interna al partito hanno preferito andare al mare con le scissioni.

Ora aspettiamo il congresso anche per chiarire che le case non si costruiscono dal tetto ma dalle fondamenta altrimenti si rischiano tragici crolli. Non possono decidere cosa va bene al popolo della sinistra soltanto i dirigenti politici; se veri dirigenti sono, dovevano sintetizzare tutta la discussione, che tra l’altro, non c’è stata sul chi siamo e cosa vogliamo fare.

Al Nostro Popolo dobbiamo dare delle risposte politiche non chiacchiere da salotto, e chiacchiere da salotto sono stati i mesi sprecati in parlamento senza dare risposte concrete alla gente (ricordiamo il tanto sbandierato programma della coalizione dell’ulivo). Chiacchiere da salotto è stato la pagliacciata del simbolo; chiacchiere perché la coalizione della sinistra arcobaleno è nata soltanto molto dopo la caduta del governo e soltanto per calcoli elettorali peraltro tutti sbagliati.

Sarà dura, ma la voglia di lottare per mantenere viva l’idea e la speranza di cambiamento fortunatamente è sempre viva.

saluti comunisti

renzo scorzoni