L’economia criminale e la NATO

*responsabile esteri PdCI

Ogni volta che si è di fronte ad un fallimento evidente ma di cui nessuno vuole trarre le conseguenze è il caso di chiedersi se i parametri rispetto ai quali misuriamo il successo di una iniziativa siano davvero quelli applicati da chi l’ha intrapresa. Applicando questo principio ai casi del Kosovo e dell’Afghanistan è sotto gli occhi di tutti il fatto che queste due “missioni” non hanno raggiunto nessuno degli obiettivi che si erano proposte. La stabilità dei Balcani è precaria come, e forse più, di quanto lo fosse prima della guerra del 1999. La democrazia in Afghanistan non ha fatto un passo avanti al punto che è possibile minacciare ed espellere una deputata dal Parlamento per il solo fatto che essa ha osato “parlare” e “criticare” quel governo che la comunità internazionale ritiene il proprio interlocutore legittimo. I diritti umani sono stati calpestati al punto che la vera pulizia etnica è avvenuta, in Kosovo, non prima ma dopo l’arrivo dei militari della NATO con l’espulsione forzata di tutta la comunità serba da luoghi in cui viveva da mille anni almeno. Anche la favola della guerra per liberare le donne si è presto disvelata nella cruda realtà di un Afghanistan dove oggi, sotto gli occhi delle truppe occidentali, le donne continuano a subire la più brutale repressione sino alla comune pratica di far sposare bambine di 10 anni e di un Kosovo dove ha sede un grande mercato di smistamento di quelle schiave che poi verranno messe in vendita sulle strade delle nostre città o consegnate a domicilio in Medio Oriente. Il terrorismo ed il fanatismo religioso hanno trovato alimento nella lotta contro truppe straniere che, invece di catturare e colpire gli eventuali responsabili di azioni criminali, hanno scatenato azioni belliche di larga scala che hanno provocato un numero enorme di vittime civili e messo in ginocchio ed umiliato intere popolazioni. Molti, non solo pacifisti, non solo di sinistra, hanno ormai portato in evidenza una tale massa di argomenti, di prove, di statistiche da rendere palese a tutti che in questo modo, con questi metodi, non è possibile raggiungere nessuno degli obiettivi proclamati. Questa azione di denuncia ha ormai valicato il terreno della società civile per divenire consapevolezza diffusa tra i politici ed anche dentro i governi. Il vincolo oscuro che impedisce ogni “ravvedimento” anche di fronte all’evidenza è talmente forte che costringe ad incredibili equilibrismi come quello di Prodi che è riuscito a dire insieme un generico: “la missione va ripensata” ed un chiarissimo: “resteremo in Afghanistan per molti anni ancora”. A questo punto la mia convinzione è che perderemmo tempo ad insistere ancora sulla evidente ed indiscussa contraddizione tra obiettivi e risultati. Se vogliamo essere efficaci e colpire duro dobbiamo concentrarci nella denuncia degli obiettivi veri che sostengono queste guerre della NATO. Dobbiamo quindi tornare a smascherare la strategia di proiezione globale con cui gli USA danno corpo al loro imperialismo; dobbiamo insistere sugli interessi del complesso militar-industriale USA e sull’azione delle multinazionali energetiche; dobbiamo però anche indagare in altre direzioni che forse, sino ad ora, sono state poco evidenziate dalla sinistra e dal mondo della pace. La NATO oggi ha due aree di intervento principali: l’Afghanistan ed il Kosovo. Queste due aree sembrano distanti ma in realtà sono strettissimamente collegate. La NATO in entrambi è intervenuta militarmente a sostegno di una guerra voluta dagli USA che si è conclusa con due “invasioni” il cui scopo reale era quello di realizzare un cambio di regime. E’ interessante analizzare chi sono coloro che la NATO ha scelto per costituire le nuove autorità “legittime” dei territori da essa controllati. Karzai è un uomo delle multinazionali ma i signori della guerra che siedono nel suo governo ( veri e propri macellai che continuano a praticare la più brutale repressione di ogni forma di democrazia e di diritto) sono grandi produttori di oppio e trafficanti di droga. L’Afghanistan di oggi è, nella piena ma inane consapevolezza di tutti, un vero e proprio narco-stato dove viene prodotto il 90% dell’oppio mondiale. Allo stesso modo i leader kosovari, diretta espressione delle bande fanatiche dell’UCK, sono direttamente collegati ai grandi trafficanti di droga. Se quindi l’Afghanistan è un narco-stato il Kosovo, (che si prepara, con la spinta USA e la connivenza dell’UE, a proclamare unilateralmente l’indipendenza) è la sua porta per l’Europa ed il Mediterraneo. Nascerà infatti una “nazione” dove i traffici criminali costituiscono l’unica vera industria producendo, secondo le stesse fonti Kfor, oltre l’80% della ricchezza. L’intreccio tre le due economie criminali è tale che sono gli stessi ispettori delle Nazioni Unite a denunciare come spesso i capi dei clan kosovari regalano in spose le proprie figlie ai rampolli dei trafficanti afgani. Sia in Afghanistan che in Kosovo quindi gli interventi della NATO e degli USA non hanno quindi prodotto solo morte e distruzione, non hanno unicamente alimentato il terrorismo e l’estremismo politico e religioso, ma sono stati funzionali all’instaurarsi di regimi criminali diretta espressione dei narcotrafficanti che oggi ottengono una piena legittimazione internazionale. Nel momento in cui ci avviciniamo a discutere in Parlamento delle “vecchie” e delle “nuove” missioni militari e civili dobbiamo attrezzarci a fare le domande giuste. Vogliamo quindi sapere perché i nostri eserciti sono usati per stabilizzare il potere di trafficanti di droga, perché nessuno agisce per abbattere il costo della droga ma anzi per moltiplicarne i profitti, perché l’Europa accetta la nascita di uno “stato” che costituisce un buco nero da cui l’infezione rischia di propagarsi all’intero continente. Queste sono le domande che faremo agli altri. C’è però una domanda che dobbiamo fare anche a noi. Non è che invece di lottare solo contro l’imperialismo ci siamo dimenticati di lottare contro la mafia? Io credo che aprire gli occhi su Afghanistan e Kosovo ci aiuta a vedere che abbiamo di fronte una piovra con molti bracci alcuni dei quali evidenti ed altri, quelli più importanti, nascosti. Lottare contro l’imperialismo oggi significa mettere in luce la connivenza tra alcuni stati ed i poteri criminali, tra il narcotraffico e la finanza internazionale, tra i mercanti di armi e di uomini e le multinazionali dell’energia. Il nostro nemico è molto, molto più potente di quello che pensiamo.