Le relazioni tra i servizi italiani, la CIA e gli apparati NATO

UNA LUNGA STORIA DI SUDDITANZA E DI VIOLAZIONE DELLA SOVRANITÀ NAZIONALE IN FUNZIONE LIBERTICIDA E ANTICOMUNISTA. E MAI FINITA.

La “rinascita” dei Servizi segreti nel dopoguerra coincide con la nascita in seno al Patto Atlantico dell’Ufficio USPA, Ufficio che schedò migliaia di italiani. Si tratta di una nascita non priva di gravi conseguenze, specie per via delle trasformazioni subite dalla sigla e soprattutto dei compiti affidati, trasformazioni che hanno portato dall’USPA all’USI e poi all’UCSI (Ufficio Centrale di Sicurezza Interna).
Tra le prime attività richieste dagli USA ai nostri Servizi si può considerare anche la nascita della base sarda di Poglina, presso Alghero, dove verrà svolto l’addestramento dei gladiatori. Questa base doveva anche accogliere i cosiddetti “enucleandi” nel caso della messa in atto del Piano Solo (detto “Piano Solo” perché affidato “solo” all’Arma dei Carabinieri), il piano progettato dal generale De Lorenzo. Si trattava delle circa 600 persone di sinistra da emarginare in caso di golpe.
Ma torniamo all’USPA. Questo organismo nacque da accordi segreti (mai ratificati in Parlamento) della Nato nel 1949, contestualmente alla firma del Patto Atlantico. Il generale De Lorenzo, che è stato a capo dei Ser vizi Segreti e a capo dell’Arma dei Carabinieri, deponendo di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta per i fatti del 1964 – fatti che, tra l’altro, si riferivano alla compilazione di fascicoli con schedature di cittadini italiani oltreché al citato Piano Solo – affermò che: “Esiste presso lo Stato maggiore della Difesa, a latere del SIFAR, l’Ufficio Sicurezza del Patto Atlantico che garantisce la sicurezza e la segretezza dei funzionari, cioè di tutti coloro che vogliono svolgere un certo lavoro. Questo ufficio è incaricato nel dettaglio di raccogliere le informazioni che poi danno vita a questi fascicoli. Questi elementi, che sono al di fuori della struttura del SIFAR (il SIFAR è la sigla del Servizio Segreto Militare, che poi si trasformò in SID e poi in SISMI) attingono le notizie direttamente dall’arma dei Carabinieri. Questo numero enorme di fascicoli è istituito e sviluppato da questi uffici con il concorso dell’Arma (…) La questione dei fascicoli quindi è una questione di sicurezza del Patto Atlantico”.
L’USPA aveva sopra di sé l’Autorità Nazionale di Sicurezza (ANS), un incarico non stabilito dal Parlamento. L’incarico fu ricoperto da vari capi del Servizio, tra cui Miceli, Santovito (per inciso risultati iscritti alla P2), fino a Martini, poi passò all’ambasciatore Fulci, che divenne anche capo del CESIS (l’Ufficio che coordina il SISMI, l’apparato di Sicurezza Militare, e il SISDE, l’apparato di Sicurezza Civile). L’USPA, come si è detto sopra, è poi diventato USI e quindi UCSI.
La raccolta delle informazioni implica stretti rapporti tra il Ministero della Difesa, a cui faceva capo l’USPA, e il Ministero dell’Interno, di cui faceva parte la Divisione Affari Riservati.
La divisione Affari Riservati coordinava le attività informative del Ministero dell’Interno. La divisione, a seguito degli scandali dei Servizi di cui all’inchiesta parlamentare sopraccitata sui fatti del ’64, venne sostituita dall’Ufficio Centrale di sicurezza interna. Un decreto ministeriale del 6 ottobre 1965, antecedente al decreto del Presidente della Repubblica 1477 del 1965, restituiva vita alla divisione Affari Riservati. Le attribuzioni della divisione vennero in parte a sovrapporsi a quelle del SID. Le informazioni acquisite dal SID, per quanto attiene la sovversione nella sua accezione globale e a carattere internazionale, dovevano confluire al Ministero dell’Interno.
Figura preminente dell’Ufficio Affari Riservati fu Federico Umberto D’Amato, nato a Marsiglia nel 1920 da famiglia napoletana. Figlio di un questore, entrò in polizia durante la guerra. Dal 1945 al 1957 prestò servizio presso la Questura di Roma. Nel 1957 entrò nell’Ufficio Affari Riservati. Nel 1969 ne divenne vice capo e nel 1972 capo. Nel 1974 D’Amato lasciò l’incarico al vice questore Antonio Carlino (D’Amato risultò iscritto negli elenchi della P2). Dopo il 1974 D’Amato comunque continuò ad operare per i Servizi (sua dichiarazione in sede Commissione P2). D’Amato era stato trasferito all’indomani della strage di Brescia. L’Ufficio Affari Riservati venne sciolto, ma l’USPA restò. Parte dell’Ufficio Affari Riservati confluì nell’Ispettorato per la lotta al terrorismo.
L’UCSI (Ufficio Centrale di Sicurezza) rilascia i NOS, i nullaosta di sicurezza, una specie di certificato antimafia. Per gli ufficiali delle Forze Armate, per i Funzionari di Polizia e molti altri Funzionari dello Stato, il NOS è un lasciapassare indispensabile, senza il quale non è possibile accedere a posti di rilievo nella carriera. Il NOS stabilisce anche quali ditte e industrie possono operare nell’ambito della Difesa. Ma, cosa incredibile, non esiste una legge che autorizza la concessione/negazione del NOS (e quindi, in caso di negazione non si può fare neppure ricorso); e inoltre neppure esiste una legge che stabilisca chi abbia il titolo per raccogliere le informazioni che stanno alla base della concessione/negazione del NOS e che stabilisca quali informazioni possano essere raccolte (anche tenendo conto della normativa sulla privacy).
La situazione in cui ci troviamo è assurda: esiste una “Autorità nazionale di Sicurezza” (ANS), derivante da accordi NATO, che non figura tra gli enti della Presidenza del Consiglio da cui dipendono tutti i servizi di informazione e i cui compiti e le cui responsabilità sono ignote, come quelle dell’organo di cui si avvale: l’Ufficio Centrale di Sicurezza (UCSI) che impiega un centinaio di persone a Roma e molte all’estero nelle Ambasciate ed anche con funzioni di controllo presso le ditte che operano nell’ambito della difesa. Fra l’altro l’USPA doveva occuparsi di questioni relative all’ambito Nato e non all’ambito nazionale, mentre invece, attraverso le schedature, ha assunto compiti di grande rilievo in campo nazionale. Comunque questo organo è stato dichiarato dal COPACO (il Comitato di Controllo Parlamentare sui servizi di sicurezza e sul segreto di Stato), nella sua relazione al Parlamento del 6 aprile 1995, “come operante fuori della legge e contro la legge”. Eppure è dalle disposizioni interne di questo organo che dipende la materia del “riservato” e la sua introduzione nel circuito penale. La relazione del COPACO, per inciso, non è mai stata discussa in Parlamento, fatto anche questo assai grave.
Possiamo dire che l’UCSI, per la mole enorme di informazioni che tratta, può considerarsi a pieno titolo come un Servizio Informazioni, un terzo Servizio Informazioni oltre al SISMI e al SISDE, a cui peraltro dobbiamo aggiungere anche i Servizi Operativi e Informazioni di singola Forza Armata, SIOS, ora unificati in un unico Servizio Interforze.
Ma per 50 anni è stata tenuta nascosta l’esistenza in Italia di quel servizio, che infatti non compare tra quelli fissati dalla legge istitutiva dei Servizi stessi (la legge 801/77), e cioè il SISMI e il SISDE. Il SISMI può contare su circa 5.000 uomini, il SISDE su circa 2.000. Per la raccolta di queste informazioni, l’UCSI può contare su almeno 30.000 carabinieri dell’apparato territoriale dell’Arma. Le informazioni raccolte – la cui natura non è stabilita da alcuna legge, come sopra accennato – concernono cittadini italiani, e non solo militari. Le informazioni – in spregio a quanto stabilito dalla legge 675 sulla privacy, come si è potuto sapere da un documento del Ministero Difesa in data 21 aprile 1998 pubblicato dal quotidiano ligure Il secolo XIX – includono, tra l’altro, opinioni politiche, stato di salute e vita sessuale, origini razziali od etniche, convinzioni religiose, adesioni a sindacati. È sorprendente che l’autorità per la privacy, da quando è stata istituita, non sia già intervenuta in merito, nonostante che la questione sia stata posta attraverso numerose interrogazioni parlamentari e denunce scritte. Recentemente, con la legge che trasforma l’Arma dei Carabinieri in Quarta Forza Armata, nell’art. 8 si ripropone, pur non facendone il nome, la costituzione dell’UCSI.
La raccolta delle informazioni viene affidata alla Polizia Militare, in pratica all’Arma dei Carabinieri, che opera appunto come Polizia Militare. Tra l’altro nessuna legge italiana definisce in che cosa consistano i compiti della Polizia Militare, salvo un accenno, del resto molto limitativo, contenuto nella legge 801/77, ed in merito al quale un’interrogazione è stata presentata in Parlamento fin dal 14.9.81 (senza peraltro ottenere mai risposta). Il Consiglio Superiore delle Forze Armate ha espresso in merito al termine “polizia militare” non poche riserve, proprio perché “non trova esplicitazioni in alcuna norma di legge”, e quindi il decreto governativo non può avere alcuna delega per definire le funzioni di Polizia Militare e in particolare per estenderle.
La storia dell’USPA che diventa poi USI e quindi UCSI si intreccia con la nascita nei primi anni ’50 del Piano Demagnetize (smagnetizzare i comunisti). La vicenda del Piano Demagnetize – che porta, appunto, alla costituzione di un apposito organo di raccolta informazioni – è descritta nel libro di Roberto Faenza Il malaffare. Dall’America all’Italia al Vietnam (Mondatori editore, pag. 313 e segg.), a cui facciamo ampio riferimento in quanto segue.
Il Piano Demagnetize è collegato a quanto stabilito in un memorandum Top Secret del Comando Generale di Stato Maggiore (ICS) del governo americano (indicato nel libro di Faenza), dove ad esempio viene rivelato che il primo ordine impartito al capo del SIFAR è stato quello di impegnarsi a rispet-tare gli obiettivi di un piano permanente di offensiva anti-comunista chiamato in codice “Demagnetize”.
Il piano consisteva in una serie di “operazioni politiche, paramilitari e psicologiche, atte a ridurre la presenza del partito comunista in Italia”. Una versione analoga entrò in vigore in Francia, sottolinea il memorandum, “al fine di ridurre il potere del partito comunista francese”.
Al generale De Lorenzo, allora a capo dell’apparato dei Servizi , venne fatto sottoscrivere dalla CIA l’obbligo di aderire alle finalità del Piano Demagnetize senza informare i suoi superiori al governo. Questa può considerarsi come la prima vera deviazione dei servizi segreti italiani. “ L’obiettivo ultimo del piano è quello di ridurre le forze dei partiti comunisti, le loro risorse materiali, la loro influenza nei governi italiano e francese e in particolare nei sindacati, di modo da ridurre al massimo il pericolo che il comunismo possa trapiantarsi in Italia e in Francia, danneggiando gli interessi degli Stati Uniti nei due paesi. (…) La limitazione del potere dei comunisti in Italia e Francia è un obiettivo prioritario: esso deve essere raggiunto con qualsiasi mezzo (…) del piano “Demagnetize”. I governi italiano e francese non devono essere a conoscenza, essendo evidente che esso può interferire con la loro rispettiva sovranità nazionale”.
Secondo quanto riferisce Roberto Faenza, il generale De Lorenzo sottoscrisse questa direttiva e così, da quel momento in poi, il SIFAR fu legato mani e piedi agli interessi del governo USA. Un primo esempio della collaborazione SIFAR-CIA è il servizio richiesto a De Lorenzo da William Colby, esponente della CIA in Italia, di piazzare una serie di microfoni nelle stanze del Quirinale e nella biblioteca del Pontefice in Vaticano, al fine di registrare i colloqui personali del Presidente della Repubblica e del Papa. Per quanto concerne i microfoni installati al Quirinale, essi vi rimasero durante le presidenze Gronchi, Segni, Saragat e Leone, a volte a insaputa del presidente in carica a volte grazie al suo stesso consenso. Nel caso delle registrazioni in Vaticano, il SIFAR e la CIA si trovarono a fare i conti con i collaboratori di Giovanni XXIII che, scoperti i microfoni, li fecero smantellare. Lo stesso Kennedy, avvisato a Washington da un emissario cattolico vicino alla famiglia Kennedy dell’ira dei vertici della Chiesa, si lamentò con il direttore della CIA, il quale a sua volte rimproverò William Colby per la trascuratezza dell’operazioni affidata a De Lorenzo. Colby, in seguito, non perdonò a Kennedy l’ammonizione subita.
Il piano comune SIFAR-CIA è riassunto in un memorandum Top Secret dell’agenzia americana del giugno 1962, compilato all’indomani delle elezioni amministrative che registrarono un’ulteriore avanzata del Partito comunista e un indebolimento delle forze di centro. In sintesi, sempre secondo Faenza, queste furono le linee di intervento: “Punto 1. Programmare azioni diversificate per eventuali situazioni di emergenza.
Punto 2. Intensificare i finanziamenti alle forze che si oppongono alla svolta politica. Punto 3. Sostenere all’interno della Democrazia cristiana singoli leader e correnti disponibili a fare quadrato attorno alla figura del nuovo presidente della Repubblica Antonio Segni (Segni, come prima Gronchi, ripone la massima fiducia nel generale De Lorenzo), che non vedeva di buon occhio l’apertura a sinistra. Punto 4. Appoggiare qualsiasi azione idonea a indebolire la compattezza del Partito socialista e a favorire eventuali scissioni interne. Punto 5. Rafforzare nell’area delle fonti di informazione le voci capaci di influenzare l’opinione pubblica nei campi economico e politico”.
Il Generale De Lorenzo, nominato capo dell’Arma dei carabinieri, si apprestò a soddisfare le richieste americane, mettendo a disposizione del progetto non solo l’organizzazione del SIFAR ma anche il potere derivantegli dalla nuova carica.
Sempre secondo Faenza, la prima misura di sicurezza adottata dagli uomini di De Lorenzo in ossequio al mandato americano, consistette nell’intensificare un’ampia schedatura di tutti i leader politici, sia di destra che di centro che di sinistra, ai fini di eventuali ritorsioni e ricatti. La schedatura, iniziata dal SIFAR nel 1959 sotto l’allora ministro della difesa Antonio Segni, era stata istituzionalizzata con una circolare interna del generale De Lorenzo, che ne aveva affidato il compito alla prima sezione dell’ufficio “D” (Difesa). “Con detta circolare – rivela un rapporto sul SIFAR – si richiedono a tutti i capi degli uffici periferici note biografiche e dettagliate notizie sulle attività “comunque svolte” da deputati e senatori”.
Ogni centro di spionaggio periferico del SIFAR venne incaricato di raccogliere informazioni riservate sulla vita dei parlamentari compresi nella propria giurisdizione. Per ognuno di essi venne formato un fascicolo. Nel 1960 una nuova circolare del generale De Lorenzo invitava a estendere la raccolta dei fascicoli anche a “prelati, vescovi e sacerdoti delle varie diocesi”. Capo dell’ufficio “D” in questo periodo era il colonnello Viggiani; nel momento in cui De Lorenzo lo fece nominare al suo posto capo del SIFAR, all’ufficio “D” venne nominato il colonnello Giovanni Allavena.
William Colby, che in Italia diresse la stazione CIA per vari anni (vi rimase sino al 1958, e negli anni ‘70 e venne promosso da Nixon direttore dell’agenzia), strinse con De Lorenzo un rapporto di completa egemonia. Colby, dimessosi da direttore della CIA a seguito dello scandalo Watergate, nel 1978 pubblicò un libro di memorie, Uomini d’onore, dedicando lunghe pagine alla sua esperienza a Roma.
Si è fatto cenno alla raccolta di informazioni su un gran numero di persone in Italia, un fatto certamente molto grave in quanto laCostituzione prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini. In effetti, all’epoca della presidenza Gronchi erano stati formati 157.000 fascicoli con evidenti discriminazioni. Sempre nell’epoca della Presidenza Gronchi emerse lo scandalo di questa raccolta segreta di informazioni, e fu ordinata la distruzione dei fascicoli. Ma non sappiamo se in realtà questa distruzione avvenne, e in particolare se furono fatte fotocopie degli stessi fascicoli. Fatto sta che questi fascicoli custoditi dall’UCSI sono attualmente oltre 300.000: questo hanno potuto constatare, qualche anno fa, alcuni componenti del COPACO, il Comitato Parlamentare per il Controllo sui Servizi Segreti.
L’influenza di normative NATO su tutta la materia concernente il segreto in Italia verte anche su un problema molto delicato, quello delle classifiche di segretezza che in base alla legge 1161 del 1941 (il segreto in Italia è regolato ancora da una legge dell’epoca della II Guerra Mondiale e del regime fascista, che porta la firma di Vittorio Emanuele III e di Benito Mussolini!) sono di due tipi: segreto e “vietata divulgazione”; così figurano nei codici. Ma queste classifiche sono ora soggette all’introduzione di altre classifiche ( Top Secret e Confidential), che però non trovano una corrispondenza nella nostra normativa di legge. Per rendersi conto di quanto sia necessario superare questa legge sul segreto, basti pensare che in essa è segreto anche l’orario ferroviario e ciò perché in epoca di guerra, quando la legge fu scritta, conoscendo l’orario ferroviario il nemico aveva più possibilità di bombardare i convogli. La legge è invece tranquillamente in vigore ancora oggi. In 60 anni il Parlamento non l’ha ancora modificata.
Un’altra problematica che è sorta in relazione a ciò che la Nato temeva, e cioè che potesse esserci un pericolo di forte influenza comunista nelle istituzioni, riguarda le leggi sulla “difesa civile” (poi chiamata “protezione civile”), la legge Scelba/ Pacciardi dei primi anni ‘50 e le normative che nacquero e che fecero capo a pubblicazioni come la “DC2, Cooperazione Civile Militare”, il cui motto abbastanza inquietante era “Pro Patria contra omnia”. C’è da chiedersi: “Chi sono questi omnia presi di mira?” Forse avremo occasione di parlarne in altra occasione.
Una riflessione finale di natura politica: di fronte ad una situazione che definire di illegalità è dire poco, e riguardante una materia così delicata in un paese dove si sono verificate stragi e tentativi di golpe e quant’altro, dove si dice che addirittura esista una branca dei “Servizi deviati”, ci saremmo aspettati, almeno nello scorso Governo di centro-sinistra, l’adozione di provvedimenti correttivi. Ma niente è stato fatto in questo senso; anzi, una disposizione di legge del governo (DPCM), a firma D’Alema – e precisamente il Regolamento n. 294 del 10 maggio 1999 sulle materie da coprire col segreto trattate dai Servizi – porta in molti casi ad allargare addirittura a 50 anni la copertura del segreto. Esattamente l’opposto di quanto occorreva fare.
Purtroppo questo non è l’unico provvedimento in senso profondamente negativo che si è registrato nella scorsa legislatura. Ad esso, infatti, dobbiamo aggiungere il provvedimento della trasformazione dell’Arma dei Carabinieri (un’Arma di Polizia Militare) in Quarta Forza Armata, ed anche il provvedimento della trasformazione dell’Esercito, che aveva un’amplissima componente relativa al servizio di leva, in un esercito cosiddetto “professionale”, quello che un tempo, a sinistra, veniva bollato come un “Esercito di mercenari”.