La sinistra italiana è ad un bivio. Per la prima volta si pone in termini reali la possibilità di un suo declino storico. E’ in gioco il ruolo e la funzione della sinistra nella società italiana. L’esito delle elezioni del 13 maggio può essere più drammatico del dato scaturito dalle urne.
Quella sconfitta pesa sul futuro.
Penso che queste parole non siano esagerate semmai mi sembrano insopportabili atteggiamenti superficiali che guardano a ciò che è successo come ad un incidente da archiviare senza una analisi rigorosa di ciò che è successo senza interrogare il passato sulle cause di questa situazione.
Senza pretendere di avere in tasca la verità rivelata penso che nella crisi di oggi ci siano i nodi irrisolti della storia del decennio novanta e dell’esperienza di governo.
La sinistra italiana ha affrontato il post 89 con il massimo di divisione. Essa si è frantumata, dispersa si è teorizzato che questo non solo fosse inevitabile, ma che fosse anche un bene.
Non vi è dubbio che questa sorta di diaspora a cui abbiamo assistito e di cui siamo stati protagonisti avesse ragioni forti nelle diverse analisi che si venivano facendo della realtà internazionale e italiana, del momento storico, della concezione della democrazia, sulla diversa funzione da attribuire alla sinistra.
Si è detto che vi erano e vi sono più sinistre in competizione, ma questa competizione oggi ha portato la sinistra italiana al suo minimo storico ed è stata la causa principale del ritorno di Berlusconi e dei fascisti al governo del paese.
Nel partito dei Democratici di sinistra si è consumato il fallimento di una sinistra di governo che ha fatto della rincorsa del pensiero moderato il suo asse principale di azione e di pratica politica. Ha perso una linea fondata sull’idea della competizione acritica con la destra sul governo della modernizzazione.
Questa linea ha prodotto un riformismo debole che alla prova del fuoco del governo del paese non ha retto, si è allontanato dal sentimento e dagli interessi di tanto popolo della sinistra che ha preferito ritirarsi nell’astensione. Si è prodotto un vuoto in cui la destra ha potuto costruire la sua vittoria politica e culturale.
Si è così evidenziata plasticamente la crisi dell’autosufficienza di una sinistra moderata che ha fatto della postazione di governo l’unico luogo dell’azione politica.
E il soggetto politico, il partito si è ridotto ad un vuoto contenitore che ha perso i contatti con molti gangli vitali del paese.
Al contempo si è ridotta la forza e la funzione della stessa sinistra antagonista che vive anch’essa una grave crisi di prospettiva strategica, che paga l’errore di un ricercato isolamento in termini fondamentalmente di credibilità in tanta parte dell’opinione pubblica della sinistra più vasta.
In queste settimane si è aperta la stagione congressuale di tutte le formazioni della sinistra.
E questi temi dovranno essere discussi apertamente evitando di trincerarsi dietro parole consolatorie.
Le sfide del prossimo futuro saranno durissime e inedite. I fatti americani impongono anche un aggiornamento di tutte le nostre categorie politiche e un analisi più attenta della realtà.
L’opposizione al centrodestra deve esprimere una capacità di svolgere una grande iniziativa di massa a difesa dei diritti del lavoro, dei diritti sociali, civili. politici.
C’è a partire da Genova un grande movimento di giovani e non solo che esprime una “generosità” nuova verso i grandi problemi del mondo, che ha squarciato il velo della globalizzazione felice e neutra di cui anche a sinistra ci si è beati.
C’è l’esigenza di una moderna critica del capitalismo, delle sue potenzialità ma anche dei suoi caratteri distruttivi e su questo deve ricostruirsi una nuova stagione vincente della sinistra.
Da questi temi occorre un nuovo e inedito dialogo tra tutte le componenti della sinistra.
Insieme alla necessità di aggiornare le linee culturali e politiche della sinistra occorre lavorare alla ricomposizione possibile della sinistra. Dobbiamo operare una soluzione di continuità con il decennio ’90 del secolo scorso.
C’è una richiesta nella società, nella nostra gente di superare le divisioni di questi anni, di provare a far nascere una nuova stagione di unità di una sinistra riconoscibile e chiara.
Non mi nascondo le difficoltà di una tale impresa e so quanto è difficile la situazione odierna.
Anche il Congresso del mio partito mostra le inquietudini e le asprezze di un difficile dibattito. Ma so che la possibilità di superare una crisi così grave può stare solo in un processo unitario che ridia fiducia a tanti cittadini e riempia un vuoto che si è fatto insostenibile.