La sfida coraggiosa del presidente Chavez

Ai primi di agosto 2000 il presidente venezuelano Hugo Chavez ha effettuato un viaggio di dieci giorni in una decina di Paesi membri dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec): l’Arabia saudita, gli Emirati arabi (Eau), l’Irak, l’Iran, il Qatar, il Kuwait, la Libia, l’Algeria, la Nigeria e l’Indonesia. Ha personalmente invitato i capi di Stato di questi Paesi a prendere parte al vertice di Caracas, la capitale del Venezuela, del 27 settembre per celebrare il 40° anniversario della fondazione dell’Opec. Dato che il viaggio di Chavez ha incluso l’Irak il fatto non poteva passare inosservato.
Il Venezuela è uno dei Paesi fondatori dell’Opec ed esercita attualmente la presidenza dell’organizzazione. Quando il prezzo del petrolio, nel 1998 e 1999, era sceso a livelli mai raggiunti prima, il Venezuela è stato il primo a chiedere ai membri dell’Opec di ridurre la produzione e di aumentare i prezzi. Di sua propria iniziativa ridusse la produzione quotidiana di greggio. Con il progressivo aumento dei corsi del greggio di quest’anno, il ruolo del Venezuela è stato apprezzato e giustamente valorizzato da molti membri dell’Opec. Tuttavia il continuo rialzo dei prezzi ha favorito, fra i Paesi dell’organizzazione, il timore che la bolla speculativa prima o poi possa anche scoppiare. Ed è per questa ragione che Chavez sostiene con energia la proposta dell’Opec di stabilizzare i prezzi e di adottare una politica che consenta di mantenere i prezzi fra i 22 ed i 28 dollari al barile. Nel caso in cui i prezzi scendessero sotto i 22 o salissero oltre i 28 dollari al barile, automaticamente i Paesi membri aumenterebbero o diminuirebbero la produzione quotidiana di greggio. Questa proposta non ha ricevuto la totalità dei consensi. L’Irak, per esempio, non sembrava favorevole. Ed uno degli obiettivi della tournée di Chavez era proprio quello di consultare i Paesi membri su questa fondamentale questione del controllo dei prezzi.

Indignazione americana

Lo scopo della visita di Chavez era anche quello di promuovere l’unità dell’Opec. Ma dato che il viaggio includeva anche una sosta in Irak non è mancata la particolare indignazione da parte degli Stati Uniti. Il portavoce del segretario di Stato, Richard Boucher, ha dichiarato l’8 agosto che noi pensiamo che il fatto di essere il primo capo di Stato democraticamente eletto a recarsi in Irak per incontrarsi con quel dittatore non sembra il maggiore vanto possibile. Per di più la visita è stata fatta senza il preventivo accordo con il Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite. Il ministro degli Affari esteri venezuelano, José Vicente Rangel, ha respinto le critiche affermando che l’Irak è membro dell’Opec e deve essere trattato con equità. L’intervento americano nelle scelte di un dirigente di un altro Paese è assurdo – ha aggiunto Rangel – e ci si ricordi che il presidente venezuelano non cambierà nulla dei propri programmi nonostante il malcontento americano. Lo stesso Chavez ha precisato che il suo viaggio è dipeso da una decisione sovrana di un Paese sovrano e che non c’era alcun bisogno di accordi preventivi con chicchessia. E che se non poteva arrivare a Baghdad con un volo diretto, ci sarebbe arrivato comunque, anche in groppa ad un cammello. Da parte sua il governo irakeno ha approvato la visita di Chavez ed ha definito “imbecilli” le rimostranze americane.
È più importante notare la reazione del Kuwait. Un economista indipendente di questo Paese ha dichiarato di considerare la missione di Chavez una visita di cortesia e che il presidente venezuelano non poteva fare a meno di andare a Baghdad in quanto l’Irak è membro dell’Opec, aggiungendo che la visita di Chavez in Irak potrebbe avere delle ricadute economiche positive. Per esempio, se Chavez potesse persuadere l’Irak ad accettare la proposta di controllo comune dei prezzi del greggio, questo consentirebbe di trasformare l’Opec, organizzazione fino ad ora passiva, in una organizzazione attiva. Le fonti ufficiali kuwaitiane non hanno espresso alcun commento a tale proposito. Il che può essere anche interpretato come tacito consenso.

Calorosa accoglienza

Il presidente Chavez è arrivato in Irak, proveniente dall’Iran, il 10 agosto ed ha subito cominciato la sua visita ufficiale, la prima di un capo di Stato straniero dopo la guerra del Golfo del 1991. È arrivato in automobile per evitare di dover violare la zona di non volo nel cielo irakeno. Il vice presidente irakeno, Taha Yassin Ramadan, ed il ministro delle Risorse petrolifere, Amir Muhammad Rashd, l’anno atteso ore e ore alla frontiera. Nel corso della breve visita Chavez ha avuto incontri con il presidente Saddam Hussein con il quale ha discusso i problemi relativi alla stabilizzazione dei prezzi del greggio, al prossimo vertice dell’Opec ed al coordinamento ed all’equilibrio fra gli interessi dei Paesi produttori e dei Paesi consumatori di petrolio. Chavez ha invitato Saddam Hussein a prendere parte al vertice. Infine, le due parti hanno sottoscritto due accordi di cooperazione.
Il principale obiettivo del vertice dell’Opec è quello di garantire dei prezzi ragionevoli per il petrolio e nello stesso tempo quello di offrire la possibilità agli undici Paesi membri di rafforzare la cooperazione e di proteggere gli interessi economici del gruppo. Il Venezuela è il terzo produttore di petrolio nel mondo, subito dopo l’Araba Saudita e l’Iran.
Gli analisti hanno sottolineato che la visita di Chavez a Baghdad è stato un buon esempio di salvaguardia di una politica estera indipendente e di unità dell’Opec. E rappresenta anche una sfida coraggiosa alle sanzioni che gli Stati Uniti mantengono contro l’Irak.