La rivincita di una “particolare terza forza”

Si può in parte concordare con Zbigniew Brzezinski, quando afferma che in Russia ci troviamo di fronte a un originale rivolgimento politico, organizzato da un limitato gruppo di oligarchi e dirigenti dei poteri forti (Foreign Affairs, n. 1 – 2000). In effetti questo rivolgimento altro non è che la rivincita delle forze antipopolari, che hanno saputo recuperare le posizioni perdute precedentemente, rafforzandole e compiendo una rivoluzione criminale. Alla base di tale rivincita c’è la realizzazione di una solida unione tra l’oligarchia finanziaria criminale e la burocrazia statale corrotta, ovvero, per usare un termine a me caro, una “particolare terza forza” PTF (1). La PTF è una nuova, estremamente pericolosa formazione politico-sociale, che agendo con l’appoggio della reazione internazionale, della borghesia compradora nazionale e facendo leva sulle illusioni piccolo-borghesi di alcuni strati della popolazione, nel corso di alcuni anni ha devastato e annientato il nostro paese. Senza un’accurata analisi che disveli il ruolo e le azioni concrete di questa originale forza non saremo in grado di scoprire la radice e le cause di quanto è successo e neppure individuare la strategia e la tattica adeguate ad affrontare la campagna per le presidenziali e attrezzarci per il futuro. Occorre notare che il lavoro ideologico, teorico e soprattutto di indagine politica del partito su queste questioni appare del tutto inadeguato. Molti avvenimenti ci hanno colto di sorpresa. Siamo stati incapaci di prevedere la veloce formazione del nuovo partito di potere, con una composizione in parte vecchia e in parte rinnovata, e persino la sua partecipazione alla campagna elettorale. Dobbiamo ammettere con franchezza che è stata una doccia fredda. E ciò si è ripetuto anche di fronte alle dimissioni anticipate del presidente. L’attuale rivincita appare, in tal modo, come la seconda operazione politica su scala nazionale, perfezionata con successo dalla PTF. La prima fu la campagna elettorale presidenziale del 1996, iniziata con l’intesa tra gli oligarchi e la burocrazia criminale, raggiunta segretamente a Davos nella primavera ’96 e perseguita con cinismo e determinazione, che ha avuto come esito la riconferma alla carica di presidente di Eltsin.

A quali aspetti della “rivincita” in corso occorre prestare maggiore attenzione?

È necessario esaminare gli attuali avvenimenti nella loro essenza di operazione omogenea, frutto di una nuova intesa delle forze reazionarie e di una modifica della loro strategia, che si è resa necessaria dopo il crollo finanziario del 17 agosto 1998, la rovina della politica economica del regime e il fallimento delle macchinazioni politiche delle componenti che lo sostenevano.

La necessità di un mutamento nella strategia è andata crescendo al tempo della efficace attività del governo Primakov, sostenuta vigorosamente anche dall’opposizione.

Il governo Primakov iniziò a organizzare la lotta per bloccare gli effetti dell’attività della PTF, cioè la corruzione e la criminalità organizzata, e nello stesso tempo varò importanti programmi sociali. A quel punto era chiaro al regime del presidente, agli oligarchi e alla burocrazia corrotta che si stava profilando la reale minaccia non solo di una parziale ma di una completa perdita delle loro posizioni economiche e politiche.

Di nuovo si ricompattarono Chubais e Nemtsov, Berezovskij e Abramovich, Chernomyrdin e Stepashin, Kirienko e Chakamada, avvertendo la improrogabile esigenza di mettere insieme le forze per sostenere un contrattacco. I contenuti dell’intesa che raggiunsero sono semplicissimi. Gli oligarchi e i registi-sceneggiatori della PTF dovevano investire, al fine di ottenere la vittoria comune, il proprio arsenale intellettuale e finanziario, la loro esperienza; mentre il presidente, la sua cerchia, i professionisti della corruzione e gli specialisti dello sciacallaggio intellettuale mettevano a disposizione le leve del potere, i propri quadri e le conoscenze, la tecnologia al servizio della manipolazione politica. Noi non sappiamo esattamente quando concretamente e in che forma nella primavera ’99 si sia realizzata l’intesa segreta delle forze antipopolari e chi vi abbia personalmente partecipato. La storia un giorno ce lo rivelerà. Ma i fatti testimoniano che proprio in quel periodo a capo dell’amministrazione presidenziale si trovava A. Voloshin; che attorno al presidente tramava la famigerata “famiglia”, che rappresentava il centro di elaborazione semilegale e di direzione delle fasi di perfezionamento di un nuovo attacco delle forze revansciste; che cominciavano a brillare le nuove “stelle”: Abramovich, Mamut, Pavlovskij ecc. La nuova strategia, messa in atto tempestivamente, abbondava di inattese svolte, di colpi bassi, di un’insolenza che non aveva precedenti. Ne indichiamo sinteticamente alcuni tratti:

1. la serie di colpi inferti dal regime a personalità di rilievo considerate sgradite e potenzialmente pericolose, la sostituzione dei loro più fedeli collaboratori;

2. la collocazione dei massimi esponenti della PTF in partiti e blocchi politici diversi, a volte in competizione tra loro, con lo scopo di creare nuove teste di ponte in campo politico; la politica di apertura e di blandizie nei confronti di concorrenti, al fine di creare acute contraddizioni nello schieramento avversario e disorientamento nell’opinione pubblica; lo scambio dei ruoli nella campagna elettorale;

3. il lancio di appelli ipocriti diretti allo svolgimento di “elezioni oneste” insieme all’intensificarsi dell’utilizzo di metodi elettorali sporchi, all’uso delle più sofisticate tecnologie, ai tentativi di compromissione e ai ricatti; la divulgazione di ideali molto sentiti del tipo ripristiniamo la grandezza e l’onore umiliati della Russia, la strumentalizzazione del patriottismo in occasione della guerra in Jugoslavia, della campagna antiterrorista in Cecenia, della conclusione dell’accordo con la Bielorussia; l’esaltazione di eroi-idoli “senza macchia” (Putin, Shoigu, ed altri);

4. l’innovazione strategica fondamentale della PTF è stata senza dubbio la scelta della direzione verso cui sferrare il colpo decisivo: non verso il proprio nemico strategico e tradizionale, cioè i comunisti, come era avvenuto nelle precedenti elezioni per la Duma, ma bensì contro il blocco Patria – tutta la Russia. I comunisti sono appunto il principale nemico sul piano strategico, ma su quello tattico il più grande pericolo di perdita immediata del potere era rappresentato, in quel momento, dall’unione di Primakov con Luzhkov. Per molti aspetti ciò rappresenta una contraddizione tra la borghesia cosmopolita, corrotta e criminale da una parte e quella nazional-patriottica, dall’altra. È noto che tale contraddizione può anche sfociare nella lotta per il potere, in particolare quando si scontrano gli interessi del capitale nazionale e quelli dei monopoli internazionali. Sferrando colpi su Patria – tutta la Russia, cercando di screditare Primakov e Luzhkov, la PTF rimuove in un primo tempo questo concorrente, per rafforzare il proprio monopolio sul potere, per poi infliggere, in un secondo momento, il colpo definitivo al nemico strategico, l’opposizione di sinistra, in occasione delle elezioni presidenziali.

Facendo leva sul potere, sul denaro e sui “media” l’area della PTF, nel 1999, ha realizzato una serie di efficaci azioni politiche, mirate a sconfiggere le opposizioni di sinistra e di centro:

• la destituzione del governo di E. Primakov;

• il fallimento della campagna per richiedere le dimissioni di Eltsin;

• la paralisi del lavoro della procura generale;

• i potenti attacchi politici e del sistema di informazione a Patria – tutta la Russia e ai suoi dirigenti;

• il coinvolgimento nei giochi politici dei governatori e la formazione di un loro blocco;

• la creazione di uno schieramento di riserva l’Unione delle forze di destra;

• l’indebolimento dell’Unione Popolare Patriottica di Russia e delle posizioni dei comunisti sull’onda delle accuse strumentali di antisemitismo e di estremismo di sinistra;

• l’improvvisa nomina da parte del presidente del suo successore nella persona di V. Putin, lo scatenamento della campagna contro il terrorismo ceceno e la crescita a vista d’occhio della popolarità di Putin, quale interprete dei sentimenti patriottici;

• il recupero di Zhirinovskij, quale alleato utile alla PTF;

• le dimissioni anticipate del presidente.

Tali attacchi hanno portato, alla Duma, al rafforzamento delle formazioni vicine al regime. Oggi la PTF ha fretta non solo di consolidare la vittoria, ma anche di assicurarsi, in armonia con gli obiettivi prefigurati dall’intesa, la garanzia del successo del suo rappresentante alle elezioni presidenziali. E a tal fine, ne sono convinto, verranno profusi ancora molti sforzi e trovati nuovi espedienti. Vorrei aggiungere alcune considerazioni a questo proposito, affrontando fondamentalmente alcune questioni della politica del partito. Per la strategia e la tattica mi riferisco alla risoluzioni del nostro ultimo congresso ordinario.

Il PCFR, il suo gruppo dirigente, i nostri analisti e il quadro militante hanno sicuramente sviluppato un enorme lavoro.

Formalmente non abbiamo certo subito una sconfitta. Ma certamente anche un’avanzata del 2% rispetto alle precedenti elezioni per la Duma, non può venire considerata una vittoria. Il successo poteva essere ben più consistente se non avessimo commesso vecchi e nuovi errori.

1) C’è stata una certa sottovalutazione delle “liste di disturbo” (2). E sebbene ognuna di queste liste, da sola, sia stata sonoramente battuta esse, nell’insieme hanno ottenuto il risultato di permettere alla PTF di introdurre elementi di divisione profonda nelle file della sinistra: bisogna riconoscere che l’aumento dei nostri voti non ha evitato una certa sensazione di sconfitta. In compenso, settori di massa di nostri potenziali elettori, che potevano confluire nell’unione di sinistra delle forze patriottiche, non hanno preferito votare per ridicole formazioni del tipo Eredità spirituale, Unione popolare russa o anche per il Movimento a sostegno dell’esercito, o a maggior ragione per i gruppetti di Anpilov e della Umalatova, ma si sono orientati direttamente verso il blocco di Putin e Shoigu, che appariva non meno patriottico. L’impossibilità di raggiungere l’unità con una serie di partiti e movimenti che si definiscono di sinistra sarebbe dovuta apparire un’ovvietà già molto prima. È venuto il momento di non ignorare più i loro attacchi al PCFR. È necessario convincere le organizzazione del partito e i suoi militanti a dissociarsi da tali blocchi e ad appoggiare un unico candidato dell’opposizione.

2) Dobbiamo rilevare autocriticamente che sbandierare con sicurezza il fatto che il blocco Per la vittoria! avrebbe ottenuto addirittura 300 seggi, è stato estremamente controproducente. Creare le condizioni per la vittoria e ottenerla non sono esattamente la stessa cosa. Dovremo tenerlo ben presente in occasione delle elezioni presidenziali.

3) Una buona piattaforma elettorale e un dettagliato programma economico non hanno svolto il ruolo, che ci si attendeva. La maggior parte dell’opinione pubblica non ha avuto modo di conoscerli. Il nostro avversario ha fatto leva più che sui programmi su slogan originali e attraenti, e su figure politiche che non apparivano sgradevoli esteriormente. È evidente che anche di questo dovrà tener conto il nostro candidato al ruolo di presidente, nella preparazione della sua campagna.

4) Tra le nostre organizzazioni si è presentato il vizio della “boria di partito” che si è manifestata nell’ingiustificata pretesa a posizioni di direzione, a un posto nelle liste elettorali. Col risultato di favorire spesso, nelle circoscrizioni, altre forze politiche. Un danno rilevante hanno arrecato anche coloro che per colpa della propria miopia politica o a causa di interessi egoistici si sono accodati a raggruppamenti come Donne di Russia, Blocco stalinista per l’URSS ecc. Ciò testimonia di un’insufficiente disciplina tra le file del partito e della difficoltà di molte nostre organizzazioni a far valere per tutti le decisioni prese collettivamente.

5) Pur sostenendo, in linea di principio, la nobile idea di rivolgerci ai popoli di Russia, a tutti i gruppi, i partiti, le tendenze religiose ed ideologiche perché sottoscrivano un Patto per la Nazione sulla base di determinati principi, esprimo qualche dubbio sulla sua possibile traduzione in pratica nella situazione attuale: per ottenere ciò, a mio avviso, occorrono la volontà; e soprattutto l’azione sociale di almeno metà dei nostri connazionali. Oggi tali condizioni non esistono.

In conclusione: oggi nella scena politica russa si sono verificati due fondamentali cambiamenti: il primo nel quadro nazionale, con il passaggio di importanti pezzi di potere al settore di destra dello spettro politico; il secondo all’interno del potere, con la concentrazione delle funzioni decisionali nelle mani della PTF. La scelta dell’elettorato russo è per molti versi imperscrutabile. Esso può votare in modo razionale e in virtù di una coscienza di classe, ma sovente prevalgono componenti emotive, inerzia, istinti di sopravvivenza come pure forti richiami patriottici, senso del dovere, della dignità e dell’onore. Il compito del nostro partito è di favorire il processo di abbandono delle illusioni e delle reazioni istintive, perché tutti ritrovino il senso di dignità e assumano la posizione attiva di patrioti, costruttori e padroni del proprio destino. In altre parole occorre operare perché si riesca a trasformare i russi da popolazione “in sé” in popolo “per sé”. Ma, a tal fine, può solo servire un Partito comunista forte, ben organizzato, unito, rafforzato nella teoria e nella prassi. Il nostro compito principale, anche in vista delle elezioni presidenziali, è quello del rafforzamento organizzativo e ideologico del PCFR, la formazione politico-teorica dei quadri e la costruzione di una coscienza avanzata degli elettori.

Note del traduttore

1) Nella lingua russa è frequente l’uso di abbreviazioni e sigle.

2) Una quindicina di liste di partiti che si definiscono comunisti e di sinistra, la cui campagna elettorale è stata sorretta da massicci finanziamenti di dubbia provenienza, ha disperso circa l’8% dei voti (4 milioni) in larghissima parte sottratti al PCFR.

(Traduzione a cura di M. G.)